AUTRICE

 

GIUSEPPINA CATTANEO

 

 

http://giusicopioni.altervista.org/

 

POSIZIONE S.I.A.E. N° 193077

 

Codice opera Siae 935978A

 

TITOLO

 

DELITTO AL CASALE

CAPECCHI

 

PER CENA CON DELITTO

 

 

Personaggi

 

PENELOPE CAPECCHI titolare del Casale Capecchi SOLO VOCE

GIUSEPPE LUCCHESI custode e tuttofare

ROSANNA LUCCHESI cuoca

MATILDE LUCCHESI cameriera

LUCILLA CONTE attrice

DOTTOR ADOLFO ROMANO

AUGUSTA CAPECCHI sorella di Penelope

MATTEO BOTTARLINI giardiniere e notaio

MARESCIALLO NICOLA DI NATALE

 

TRAMA

 

 

Al Casale Capecchi si verifica un misterioso fatto. La padrona di casa, la signora Penelope, viene trovata morta sotto il terrazzino della sua stanza. Il Maresciallo Nicola Di Natale indaga alla ricerca di indizi e prove che lo portino all’autore dell’efferato gesto. Fra i primi sospettati compaiono i dipendenti del Casale: il custode tuttofare, la cuoca e la cameriera. I sospetti cadono anche sugli ospiti presenti al Casale. Il Maresciallo scopre che tutti avevano un buon motivo per volere la morte della signora Penelope. Ma forse qualcuno più di altri. Cosa ha spinto l’assassino ad uccidere? La gelosia, l’amore, il denaro ...?

PENELOPE. Buonasera. Mi presento. Sono Penelope Capecchi e sono la proprietaria del Casale Capecchi. E sono anche ... la persona che verrà assassinata. Ebbene si, qualcuno nel mio Casale mi ucciderà. Io ne farei volentieri a meno. Avevo proposto di far uccidere qualcun altro, ma non sono stata ascoltata. Però sono stata scelta per presentarvi i miei probabili assassini.

(Ogni qualvolta che Penelope parla gli attori rimangono immobili).

GIUSEPPE. (Entra in scena).

ROSANNA. (Entra in scena).

GIUSEPPE. Non capisco come puoi continuare a fingere. Lei sta soffrendo per questo amore e tu non fai nulla per impedirlo.

ROSANNA. Giuseppe, Matilde ormai è adulta ed è giusto che faccia le sue scelte. Sbagliate o giuste che siano.

 

PENELOPE. Ecco i primi. Giuseppe e sua sorella Matilde. Giuseppe è il custode e il tutto fare del mio Casale. Rosanna, sua sorella gemella, è la mia cuoca.

 

GIUSEPPE. Scelte sbagliate. Matteo non fa per lei.

ROSANNA. Per te nessuno andrà mai bene per Matilde.

GIUSEPPE. Non è vero! Solo che lui non mi piace. Non sa tenere un giardino, pensi che sappia star vicino ad una donna?

ROSANNA. Giuseppe, Giuseppe, quando si è innamorati certe cose non si vedono.

GIUSEPPE. Matilde è cieca allora.

 

MATILDE. (Entra in scena).

 

PENELOPE. Lei è Matilde. La cieca innamorata. È la mia cameriera di sala e si occupa anche di rigovernare le stanze.

 

MATILDE. Mamma, non hai ancora usato l’insetticida. Le formiche stanno prolificando.

ROSANNA. Lo faccio subito. (Ironica, guardandolo) Giuseppe, lui non ci mette piede in cucina. Lui usa l’insetticida solo per gli insetti del suo orto. (Mentre sta uscendo) ah, Matilde, zio Giuseppe ti deve parlare.

GIUSEPPE. Io?

ROSANNA. Si, tu.

GIUSEPPE. Rosanna, queste cose le dovresti dire tu.

ROSANNA. Matilde, zio Giuseppe ti deve parlare. (Esce).

MATILDE. Non voglio. Ogni volta che mi devi parlare, finisce che litighiamo.

GIUSEPPE. Sei tu che litighi con me.

MATILDE. Sei tu che mi costringi.

GIUSEPPE. E come ti costringerei, sentiamo.

MATILDE. Tu vuoi che faccia sempre e solo quello che tu vuoi.

GIUSEPPE. Esatto. Se tu lo facessi non ci sarebbe motivo per litigare.

MATILDE. Zio, io non sono te! Io ho una testa.

GIUSEPPE. Si, ma dovrebbe stare sulle spalle.

MATILDE. Tu ce l’hai con me perché sto con Matteo?

GIUSEPPE. Matilde, tu lo sai quanto io ti voglia bene. E vedere che Matteo ...

MATILDE. ... Matteo cosa? Matteo mi ama e non mi tradisce se stai pensando a questo.

GIUSEPPE. Ti ama talmente tanto che dopo una giornata di lavoro, se così si chiama quello che fa, invece di stare con te la sera, se ne va e torna a notte tarda.

MATILDE. Matteo dice che un giorno mi spiegherà tutto. E io gli credo.

GIUSEPPE. Tu gli credi? Apri gli occhi Matilde, Matteo ti tradisce.

MATILDE. Abbiamo finito per litigare di nuovo.

GIUSEPPE. A mio parere abbiamo appena cominciato.

MATILDE. No. Abbiamo finito perché me ne vado. Con te non voglio più parlare. (Esce).

GIUSEPPE. È con Matteo che non dovresti parlare, non con me! I giovani d’oggi! Si lasciano abbindolare con troppa facilità! Ai miei tempi ... (ricordando e calando di tono) ai miei tempi ...

 

MATTEO. (Entra sbadigliando e stirandosi).

 

PENELOPE. Chi sarà mai questo giovanotto se non ... il giardiniere Matteo, l’amore di Matilde?

 

MATTEO. Giuseppe, non trovo Matilde, lei sa dove la posso trovare?

GIUSEPPE. Se tu dormissi la notte invece di andare ... chissà dove, terresti gli occhi aperti.

MATTEO. La risposta sottintendeva che non sa dove sia Matilde?

GIUSEPPE. Sottintendeva anche un disappunto sulla siepe che ieri hai “torturato”.

MATTEO. (Al pubblico) devo proprio essere assonnato, tutti questi sottintendimenti io non li avevo capiti. (A Giuseppe) e quale sarebbe il disappunto alla siepe?

GIUSEPPE. Tutti sanno che le siepi vanno spuntate e tagliate orizzontalmente. Perché tu l’hai tagliata perpendicolarmente? (Mimando).

MATTEO. A me non sembra perpendicolare.

GIUSEPPE. Parte da un’altezza di due metri e termina con poco più di un metro e mezzo. (Mimando).

MATTEO. Qualcosa deve essermi sfuggito durante il taglio.

GIUSEPPE. Più di un semplice qualcosa a quanto pare. E i pini marittimi? Quando pensi di spuntarli? Spuntano ovunque! E ... vogliamo parlare delle rose?

MATTEO. Se le fa piacere, parliamo anche delle rose.

GIUSEPPE. Metti al corrente i nostri commensali di quello che ne hai fatto delle rose di Penelope? Anzi, le rose preferite della signora Penelope.

MATTEO. (Contento) le ho recise, le ho messe in vasi che ora sono sparsi in tutto il Casale.

GIUSEPPE. (Parlare di Penelope gli riempie il cuore) quelle erano le rose preferite di Penelope e non andavano tagliate ma coltivate con amore. Le ha coltivate lei personalmente tanti anni fa. (Risentito) e tu ... e tu ... le hai ... le hai ... meglio che me ne vada! (Esce).

MATTEO.  Quante storie per delle rose che ricresceranno!

 

DOTTOR ROMANO.  (Entra) non ho mai visto Giuseppe così nero. Solitamente è grigio scuro tendente al nero.

 

PENELOPE. Ed ecco il dottor Adolfo Romano, ospite del Casale. Cardiochirurgo e appassionato di Astronomia.

 

MATTEO. Gli uomini senza mogli dopo un po’ diventano come Giuseppe. Esclusi i presenti ovviamente.

DOTTOR ROMANO. Io non ho moglie ma di donne però me ne intendo. E parecchio. E qui al Casale ve ne sono assai.

MATTEO. E si è notato. Ehm ... ho saputo che lei è un appassionato di Astronomia.

DOTTOR ROMANO. Un hobby che coltivo da alcuni anni. Qui al Casale la vista è uno spettacolo.

MATTEO. (Al dottor Romano) finalmente qualcuno che non pensa solo alle rose. (Al pubblico) per il dottore è uno spettacolo anche guardare nelle scollature delle donne.

DOTTOR ROMANO. Immagino che tu stia parlando delle rose di Penelope. (Con gioia) nessuno adora le rose come Penelope. È uno spettacolo vedere con quanta dedizione ne prende cura.

MATTEO. Dubito che la vedrà ancora in giardino.

DOTTOR ROMANO. E perché mai?

MATTEO. Perché ... ho reciso le rose e sparse per il Casale.

DOTTOR ROMANO.  Ecco perché il Casale è tutto una rosa! (Risentito) perché fare una cosa così disumana alla signora Penelope? Penelope sarà affranta dal dolore. (In modo sentito) lei, così gentile, così a modo e con un cuore grande. E tu ... le tu ... le hai strappate! Sei un ... irresponsabile! (Esce).  

MATTEO. “Tutti pazze per le rose”. Sembra il titolo di un film. (Al pubblico) io non li capisco. Quando la signora Penelope ha visto le rose nei vasi è rimasta colpita perché avevo portato un po’ di colore nel grigiore del Casale.

 

ROSANNA. (Entra di nuovo in scena) ancora qui?

MATTEO. Lo so, il giardino mi chiama. (Esce).

 

LUCILLA. (Entra con in mano un libretto. Recita) o tu Giove santissimo, o Tèrmide veranda, le mie sofferenze vedete, da poi che lo sposo maledetto, con gran giuramento me strinsi!

ROSANNA. Io ... Giove? Signora Lucilla ... si sente bene?

LUCILLA. Oh, scusi! Pensavo di esser sola. Sto provando la mia parte per entrare nella compagnia teatrale locale “Città di Lucca”.

 

PENELOPE. E in ogni luogo che si rispetti non può mancare l’artista.

 

ROSANNA. Lei recita? Alla sua età?

LUCILLA. Il teatro è la mia vita e non ha età.

ROSANNA. Pensi invece che “la mia vita è tutto un teatro”. E cosa stava interpretando?

LUCILLA. Una tragedia greca: “Medea” di Euripide.

ROSANNA. Voi professionisti sempre ad interpretare autori stranieri.

LUCILLA. Non è sempre così. Io ho iniziato con Dante.

ROSANNA. Dante? Dante il titolare del bar “Arancia Blu?”

LUCILLA. No, Dante Alighieri il famoso poeta e scrittore nato nel 1265 a Firenze.

ROSANNA. (Pensando) Dante ... c’è un libro di Dante nella stanza della signora Penelope. (Al pubblico) stava in compagnia con un libretto “I sette contro Tebe” con impresso il nome del marito. Che strani libri.

LUCILLA. Allora le piace come interpreto Medea?

ROSANNA. Medea ... chi? Ah si, quella tipa dell’autore straniero ... Europiede.

LUCILLA. Euripide.

ROSANNA. Euri, Euro, neuro, Piede e Pide ... quello insomma.

LUCILLA. (Al pubblico) il teatro non è per tutti ... (Esce recitando) o tu Giove santissimo, o Tèrmide veranda ...

ROSANNA. Nella mia veranda, nessuna termite. (Imita l’insetticida).

 

MATILDE. (Entra con alcune lenzuola in mano e con un foulard al collo) ti piace mamma? Me lo ha appena regalato la signora Penelope.

 

ROSANNA. Bello. Ne ha uno uguale anche sua sorella. E a proposito di questo, aggiungi un coperto al tavolo della signora Penelope, perché arriverà Augusta, sua sorella. Ha telefonato questa mattina.

MATILDE. Va bene mamma. (Sta per uscire ma si ferma).

ROSANNA. Poi, quando sistemi la stanza della signora Lucilla Conte, non ti mettere a giocare con quel marchingegno che lei usa per recitare. Si è lamentata con me.

MATILDE. Si chiama registratore mamma.

ROSANNA. Ecco, dimenticatelo. Poi ricordati di riempire i contenitori di sale di tutti i tavoli tranne quello della signora.

MATILDE. Va bene mamma. (Sta per uscire ma si ferma).

ROSANNA. E poi riempi tutti i contenitori di olio e di aceto.

MATILDE. Va bene mamma. (Sta per uscire ma si ferma).

ROSANNA. Il tempo si fa minaccioso, chiudi tutte le finestre della sala pranzo.

MATILDE. Va bene mamma. (Sta per uscire, si ferma un attimo con la paura che venga fermata di nuovo e poi esce velocemente).

ROSANNA. Ognuno ha i propri gusti. Chi vuole questo, chi non lo vuole. Ma noi sempre pronti a soddisfare tutte le richieste.

MATILDE. (Rientra) mamma, Augusta non sarà con noi. Me lo ha appena comunicato la signora Penelope.

ROSANNA. Matilde, togli il coperto al tavola della signora Penelope. (Escono).

 

PENELOPE. Queste sono le persone che vivono sotto il mio stesso tetto. Non mi resta che andare a prepararmi per accogliere nella mia stanza il mio assassino, o la mia assassina ... che sia servito ...

 

PAUSA

 

Sala da pranzo del casale. Tutti gli ospiti e i dipendenti sono riuniti. Stanno aspettando il Maresciallo. Sono tutti sconvolti. Matilde, Rosanna e Lucilla sono sedute. Giuseppe e il dottore passeggiano ansiosi.

 

MATILDE. Ma come è possibile?

ROSANNA. Solo poche ore fa parlavamo con lei e ora ...

LUCILLA. Non ci posso credere.

GIUSEPPE. È assurdo.

DOTTOR ROMANO. Non riesco a farmene una ragione. Come è elegante Lucilla.

LUCILLA. La smetta. Non son cosa da dire in questo momento.

MATILDE. Che cosa sarà successo?! Zio, hai visto qualcosa ... non so ... un qualcosa di particolare quando l’hai trovata?

GIUSEPPE. (Ha lo sguardo cupo e ombroso. I suoi occhi sono inquieti. È sconvolto dopo aver trovato lui stesso il cadavere) era morta. Come volevi che fosse?

ROSANNA. Potresti rispondere un po’ meglio a tua nipote. È sconvolta. Come tutti noi d’altronde!

GIUSEPPE. Non ho notato niente.

LUCILLA. Non capisco perché il maresciallo tardi così tanto.

DOTTOR ROMANO.  Manca il giardiniere se non sbaglio.

GIUSEPPE. (Sarcastico ma allo stesso tempo triste per la morte di Penelope) chiediamo a Matilde dov’è il suo fidanzatino.

MATILDE. (Cerca di trovare una buona scusa per giustificare l’ennesima assenza notturna del fidanzato) è andato in paese a ... credo dovesse salutare un suo amico che partiva per un lungo viaggio. Si sarà trattenuto a dormire ... queste cose succedono spesso fra amici. Oh mio Dio! Chissà quando saprà della morte della signora Penelope! Le era così affezionato.

ROSANNA. (Cercando di mettere pace fra i due) Matteo sarà di ritorno appena l’amico sarà partito. Ne sono sicura.

GIUSEPPE. Si, come no. (Ironico).

LUCILLA. (Alzandosi e come se stesse recitando) ma insomma! Che ci facciamo chiusi qui dentro! Quanto dobbiamo aspettare ancora! Io ho bisogno di riposo. Gli artisti devono dormire almeno dieci ore a notte!

DOTTOR ROMANO.  Percepisco il suo sconforto signora Lucilla ... (Avvicinandosi e guardando con avidità la scollatura di Lucilla).

LUCILLA. Signorina, prego.

DOTTOR ROMANO.  Si, certo. Mi scusi signorina Lucilla. Siamo tutti stanchi e assonnati e tesi per i fatti accaduti. Sono certo che presto ci faranno sapere che ne sarà di noi. Ha bisogno di qualcosa?

LUCILLA. (Non interessata alle attenzioni del dottore, si copre il decolté) no, grazie. 

 

MARESCIALLO. (Entra con un bloc-notes. TUTTI SONO IMMOBILI) buonasera. Io sono il Maresciallo Nicola di Natale del comando dei Carabinieri di Lucca e sono qui per indagare sulla morte della signora Penelope. La signora è stata trovata sotto il terrazzino della sua stanza da letto in camicia da notte. La pioggia scesa ha cancellato purtroppo ogni traccia. Se ve n’era. Nella stanza ho trovato una sedia rovesciata a terra, un bicchiere usato e una bottiglia di vino. Cosa molto importante, anche una breve lettera scritta a mano:” Nella vita ho fatto soffrire tante persone”.

 

MARESCIALLO. (Agli ospiti e dipendenti del Casale. TUTTI SI MUOVONO) buongiorno. O meglio buonanotte vista l’ora. Sono il Maresciallo Nicola di Natale del comando dei Carabinieri di Lucca e sono qui per indagare sulla morte della signora Penelope e perciò sarete interrogati tutti uno ad uno. Potrebbe essere caduta dal balcone come invece ...

LUCILLA. Non possiamo rimandare a domani mattina? Abbiamo tutti sonno.

MARESCIALLO. Signori, il tempismo è fondamentale nelle indagini. Ora i vostri ricordi sono freschi, domani mattina potrebbero invece essere opachi.

ROSANNA. Maresciallo, non è presente Matteo, il giardiniere.

MARESCIALLO. Avrò modo di sentire anche Matteo. Ah, vi ricordo che a nessuno è permesso di lasciare il Casale fino a mio ordine. Ora vi interrogherò chiedendovi informazioni personali e soprattutto dove vi trovavate all’ora della morte della signora Penelope. Iniziamo con lei signor ... (indica Giuseppe).

GIUSEPPE. Giuseppe Lucchesi. GLI ALTRI TUTTI IMMOBILI.

MARESCIALLO. (Leggendo) signor Giuseppe Lucchesi lei è il custode e tuttofare del Casale. Da quanti anni lavora al Casale?

GIUSEPPE. Lavoro qui da vent’anni. Da quando Penelope ... ehm ... la signora Penelope lo ha acquistato dopo la morte del marito.

MARESCIALLO. E prima di lavorare qui, di cosa si occupava?

GIUSEPPE. Ero un muratore.

MARESCIALLO. E conosceva già la signora Penelope?

GIUSEPPE. No. Un amico mi ha detto che qui cercavano un custode e così ... mi sono presentato e sono stato assunto.

MARESCIALLO. Così? Senza esperienza, né referenze? Strano che lei abbia lasciato il suo lavoro sicuro per uno senza esperienza.

GIUSEPPE. Non so cosa dirle maresciallo ... è andata proprio così.

MARESCIALLO. Va bene, va bene. Lei ha trovato il corpo della signora Penelope. Che ora erano?

GIUSEPPE. Poco dopo le 23.00. Punto sempre la sveglia la sveglia alle 22.45, per essere sicuro di fare il giro del casale.

MARESCIALLO. L’ha vista qualcuno durante il suo giro?

GIUSEPPE. No, nessuno.

MARESCIALLO. E lei ha visto qualcuno?

GIUSEPPE. No, nessuno.

MARESCIALLO. Sappia che in questo momento stanno perquisendo la sua stanza.

GIUSEPPE. (Preoccupato) e perché? Cosa cercano? Pen ... la signora Penelope si è suicidata, la lettera che ha lasciato lo confermava!

MARESCIALLO. Questo è ciò che sembra. La perquisizione è un atto dovuto e sarà fatta con tutti. Signor Giuseppe, perché pensa che la signora Penelope si possa essere suicidata? Nella lettera che lei ha citato, diceva di aver procurato dolore a molte persone. A chi si riferiva secondo lei?

GIUSEPPE. Non saprei con me è sempre stata corretta. Ciò che ha fatto da giovane, cioè prima di acquistare il Casale, io ... non lo so.

MARESCIALLO. Va bene, può andare.

GIUSEPPE. (Esce di scena con l’aria nervosa, ansiosa e preoccupata).

MARESCIALLO. Rosanna Lucchesi. GLI ALTRI SEMPRE IMMOBILI.

ROSANNA. Si.

MARESCIALLO. Lei è parente di Giuseppe Lucchesi, esatto?

ROSANNA. Si. È mio fratello ... gemello. Anche se non ci somigliamo molto. Mia madre non capiva come ci avesse partorito assieme. (Ride nervosamente).

MARESCIALLO. Lei è la cuoca qui, giusto?

ROSANNA. Si, sono la cuoca, ma non solo. Mi occupo anche dei rifornimenti, dello smaltimento dei rifiuti e dell’organizzazione dei pasti. Al servizio ai tavoli ci pensa mia figlia Matilde.

MARESCIALLO. Lei è sposata?

ROSANNA. No.

MARESCIALLO. Vedova?

ROSANNA. No.

MARESCIALLO. Divorziata o separata?

ROSANNA. No.

MARESCIALLO. Quindi ... sua figlia ...

ROSANNA. (Nervosa) mia figlia non ha un padre. Non sarà un crimine! Cioè, ce l’ha, ma ... chissà dov’è ora. Si sarà rifatto la vita da qualche parte del mondo. Ma alla bambina non ho mai fatto mancare nulla, glielo giuro maresciallo. Quando è arrivata ventitré anni fa ... io l’ho accolta a braccia aperte e spero di essere stata la madre migliore che potesse avere.

MARESCIALLO. Ne sono sicuro. Uhm ... potrebbe essere che la signora Penelope si sia suicidata. Lei cosa ne pensa?

ROSANNA. Penso che sia impossibile. Tutto ora stava andando bene, stavamo anche cominciando a pagare i debiti ai fornitori e quindi ... (viene interrotta).

MARESCIALLO. Quali debiti?

ROSANNA. (Capisce di aver detto qualcosa che forse non doveva) beh ... sa, mantenere un Casale costa e ... i clienti non sono mai abbastanza. (Affrettandosi) ma da circa quattro mesi la signora Penelope era riuscita a pagare tutti gli stipendi arretrati.

MARESCIALLO. Lei sa da dove provenissero i soldi?

ROSANNA. No. Della parte economica se ne occupava lei.

MARESCIALLO. Che mi dice della lettera?

ROSANNA. Quale lettera?!

MARESCIALLO. Quella scritta della signora Penelope in cui si pentiva del male procurato a tante persone.

ROSANNA. Io non so nulla di questa lettera.

MARESCIALLO. Capisco. Conosce persone alle quali la signora abbia procurato dolore di qualunque genere?

ROSANNA. Non saprei ... la signora Penelope era una donna buona ma forte. Forse avrà ferito qualcuno in vita in gioventù, ma io non saprei dirle chi possa essere. Con me è sempre stata ... corretta.

MARESCIALLO. Corretta ... la stessa risposta di suo fratello. Va bene. La informo che stiamo perquisendo la sua stanza.

ROSANNA. La mia cucina? E perché?

MARESCIALLO. Non la cucina, ma camera sua.

ROSANNA. (Molto preoccupata) voi non potete ... io ho delle cose ... preziose che potrebbero rompersi. 

MARESCIALLO. Siamo tenuti a farlo per raccogliere indizi a sostegno dell’indagine. Staremo attenti, non si preoccupi. Può andare signora Rosanna.

ROSANNA. (Sta per uscire).

MARESCIALLO. Aspetti. Un’ultima domanda. Lei dov’era intorno alle undici, all’ora della morte della signora Penelope?

ROSANNA. Ero in camera mia a dormire. Alle 22,45 mi ha svegliata la sveglia di mio fratello che non la smetteva più di suonare. Suonava e suonava. Tanto che mi sono pure alzata e sono andata a bussare alla sua porta perché pensavo si fosse addormentato così profondamente da non sentirla. Ma dopo una bussata la sveglia ha smesso di suonare. E poi me ne sono tornata a letto.

MARESCIALLO. Va bene. Grazie. Ora può andare.

ROSANNA. (Con preoccupazione e dolore) ora che la signora Penelope non c’è più, che ne sarà di noi? (Esce tristemente)

MARESCIALLO. Gli interrogatori proseguiranno dopo la portata ...

 

PAUSA

 

MARESCIALLO. Matilde Lucchesi. GLI ALTRI SEMPRE IMMOBILI.

MATILDE. Dica maresciallo. (Con molta ansia).

MARESCIALLO. (Decide di prendere tempo per aumentare la sua ansia ed avere risposte certe grazie alla sua spontaneità) lei sa dove si trovi il giardiniere Matteo?

MATILDE. (Non si aspettava questa domanda. Sempre con più ansia) perché vuole saperlo? Lui non c’entra in questa storia! Non era al Casale quando la signora è morta.

MARESCIALLO. Fare domande è il mio mestiere signorina e lei è tenuta a rispondere. Mi dica, dove si trovava intorno alle 23.00?

MATILDE. Ero in camera mia e leggevo un libro.

MARESCIALLO. Sola?

MATILDE. Ovvio, il mio fidanzato Matteo non ... (affrettandosi) si sola!

MARESCIALLO. Qualcuno può confermarlo?

MATILDE. No. Ma perché avrei bisogno che qualcuno confermi che ero in camera mia?

MARESCIALLO.  Le mie sono solo domande signorina. La sua stanza si trova vicino a quella di suo zio Giuseppe. Sarà infastidita la sera quando suona la sveglia dello zio che gli ricorda la ronda del Casale.

MATILDE. In effetti ... ma per fortuna lo zio la spegne sempre subito e, così, posso riprendere il sonno velocemente.

MARESCIALLO. Ma lei non dormiva ieri sera perché leggeva, giusto?

MATILDE. Si. Proprio così.

MARESCIALLO. Quindi non è stata svegliata dalla sveglia dello zio.

MATILDE. No, infatti. L’ho sentita come sempre e ho proseguito a leggere.

MARESCIALLO. Capisco. Un’altra domanda. Sembra che la signora Penelope si sia suicidata. Lei cosa ne pensa?

MATILDE. Penso che sia impossibile. La signora Penelope era una donna sicura di sé e non aveva paura di niente e di nessuno. Era una donna generosa. Pensi che da quando io e mia madre ci siamo trasferite qui, lei si è sempre interessata a me. Avrebbe voluto addirittura pagarmi gli studi universitari solo se avessi voluto proseguire dopo il diploma. Ma io ho deciso di aiutare mia madre quando lo zio le ha proposto il posto vacante di cuoca, qui al Casale tre anni fa. (Commossa) sono molto triste per la sua scomparsa.

MARESCIALLO. Quindi lei non si spiega il suicidio della signora?

MATILDE. No. Potrebbe aver avuto un malore e cadere accidentalmente dal terrazzo. Probabilmente frequentava il dottor Romano per i suoi motivi di salute. Lui è un cardiologo.

MARESCIALLO. Lei ha visto la signora Penelope trascorrere molto tempo con il dottor Romano?

MATILDE. Oh si, parecchio. Ho persino pensato che fossero innamorati. Ma mia madre mi ha ricordato che non erano affari miei e non dovevo interessarmene.

MARESCIALLO. Capisco. Qualche ospite se ne è andato ieri o qualche ospite doveva arrivare?

MATILDE. Nessuno maresciallo. Effettivamente doveva arrivare la sorella della signora Penelope a farle visita ma ha telefonato che non sarebbe più arrivata.

MARESCIALLO. Può andare signorina. Informo anche lei della perquisizione che i miei uomini stanno effettuando in camera sua. Ah, mi auguro di avere il piacere di conoscere presto il suo fidanzato, al suo ritorno.

MATILDE. (Esce arrossendo).

MARESCIALLO. Dottor Adolfo Romano. LUCILLA SEMPRE IMMOBILE.

DOTTOR ROMANO. (Stringendo la mano al maresciallo) dottor Adolfo Romano, medico specialista in cardiochirurgia. Sono stato Primario dell’Unità di Terapia Intensiva presso l’ospedale della nostra città. Ora sono Direttore Sanitario del Polo Territoriale dell’ATS. È un piacere conoscerla maresciallo. Sono a sua completa disposizione. In cosa posso esserle utile?

MARESCIALLO. Bene, allora partiamo dalla domanda di rito. Dove si trovava fra le dieci e le undici?

DOTTOR. ROMANO. Stavo aspettando 21/P.

MARESCIALLO. Chi?!

DOTTOR ROMANO. Mi scusi maresciallo. Mi spiego meglio. Ero affacciato col mio potente telescopio ad attendere il passaggio della cometa 21/P Giacobini-Zimmer che secondo gli astronomi doveva essere visibile fra le 22.00 e le 23.00. Io sono un appassionato di astronomia e ho scelto questo posto proprio perché non c’è inquinamento luminoso.

MARESCIALLO. Capisco. Lei l’ha vista?

DOTTOR ROMANO. Penelope? No.

MARESCIALLO. Non la signora Penelope ma la cometa 21 ... ecc. ecc. 

DOTTOR ROMANO. Si, certo! Era bellissima! Un fenomeno della natura indescrivibile.

MARESCIALLO. A che ora è passata? E non sto parlando della signora Penelope

DOTTOR ROMANO. Erano esattamente le 22.45. Ed è rimasta visibile per 59 secondi. Ora mi toccherà vivere altri 77 anni per poterla rivedere! (Ridendo).

MARESCIALLO. L’ha vista qualcuno mentre osservava il cielo?

DOTTOR ROMANO. Non saprei. Quando sono concentrato col telescopio, non mi lascio distrarre da nulla. Però, ora che ci penso ... mentre mi sgranchivo un po’ i muscoli del collo, ho visto il signor Giuseppe attraversare il giardino al di sotto della mia finestra. Però francamente non saprei dirle se lui mi ha visto.

MARESCIALLO. Si ricorda l’orario in cui lo ha visto?

DOTTOR ROMANO. Saranno state le 23.00 circa.

MARESCIALLO. È sicuro che fosse lui?

DOTTOR ROMANO. Si, direi ... abbastanza. Ho intravisto la barba e la solita tuta verde che indossa sempre.

MARESCIALLO. E poi non ha visto più nessuno?

DOTTOR ROMANO. Visto no, ma sentito si. Non potevo sfuggire agli esercizi di recitazione della signora Lucilla. Le due camere confinano e le nostre finestre erano aperte.

MARESCIALLO. E la signora Lucilla Conte si esercita nella recitazione sempre a quell’ora?

DOTTOR ROMANO. A volte anche prima, a volte anche dopo.

MARESCIALLO. Bene. In che rapporti era con la signora Penelope? Da quanto tempo la conoscevate?

DOTTOR ROMANO. La conosco da quattro mesi circa. Venne da me per un banale controllo e diventammo ... come dire ... amici.

MARESCIALLO. Avevate una relazione amorosa, dunque?

DOTTOR ROMANO. Beh ... diciamo che Penelope era una donna piacente, molto piacente e io avrei voluto ma ... (viene interrotto).

MARESCIALLO. Lei non ricambiava, giusto? E lei è venuto qui sperando di conquistarla?

DOTTOR ROMANO. Ebbene si. Lo confesso maresciallo, io ... amavo Penelope. Senza di lei non riuscivo a vivere.

MARESCIALLO. Secondo lei perché si è suicidata?

DOTTOR ROMANO. Non me lo spiego, non le mancava proprio nulla. Io non capisco davvero! Sono sconvolto! Sconvolto, mi creda.

MARESCIALLO. Forse era malata?

DOTTOR ROMANO. Malata? Neanche per sogno. Penelope era in perfetta forma fisica e mentale.

MARESCIALLO. Però era stata da lei ha farsi visitare.

DOTTOR ROMANO. Si, è vero. Ma dalla visita ... non è emerso nulla. Non capisco ... non capisco cosa sia successo ... povera Penelope ...

MARESCIALLO. Lei dottore può andare per ora. La sua stanza è stata perquisita per motivi di indagine. E se per caso avessi bisogno di lei ...

DOTTOR ROMANO. Sono a sua completa disposizione. (Esce).

MARESCIALLO. Lucilla Conte.

 

LUCILLA. (Recita) o tosco che per la città del foco, vivo ten vai, così parlando onesto, piacciati di restare in questo loco. La tua loquela ti fa manifesto di quella patria alla quale io, fui troppo molesto.

 

MARESCIALLO. Se non sbaglio ... Dante Alighieri.

LUCILLA. Complimenti maresciallo. Dante. Inferno, sesto girone, decimo canto. Dialogo fra Dante e l’eretico Farinata degli Uberti. Fu il mio primo provino quando entrai nella Compagnia Città di Genova. Mi presero subito anche lì.

MARESCIALLO. Complimenti per le sue doti recitative signora Conte, ma ... (v.i.).

LUCILLA. Signorina, prego.

MARESCIALLO. Signorina, certo. Qui non siamo a teatro però. La invito a contenersi.

LUCILLA. Ha ragione maresciallo. Mi scusi. Sa, il teatro mi scorre nelle vene al posto del sangue. Dopo tanti anni ... (Viene interrotta.).

MARESCIALLO. Capisco. Ma ora veniamo a noi. Dove si trovava fra le 22.00 e le 23.00?

LUCILLA. In camera mia. Mi esercitavo nella parte di Medea che interpreterò nella Compagnia cittadina il prossimo autunno.

MARESCIALLO. Lei recita nella Compagnia Città di Lucca?

LUCILLA. In realtà, ancora no. Ma è solo un dettaglio. Il provino che ho sostenuto due giorni fa è andato benissimo. Non ho dubbi che sarò io ad interpretare Medea.

MARESCIALLO. Capisco. Quindi, il motivo della sua presenza al Casale è il provino sostenuto con la Compagnia?

LUCILLA. Esatto maresciallo. Mi serviva un luogo tranquillo dove esercitarmi e vicino alla sede della Compagnia.

MARESCIALLO. Il suo vicino di stanza, il dottor Romano, l’ha sentita mentre si esercitava. Lei per caso ha visto lui alla finestra del suo terrazzino?

LUCILLA. No maresciallo. Impossibile direi. Io tengo le finestre chiuse per evitare che gli insetti mi aggrediscano. Presentandomi al pubblico ogni sera, non posso permettermi segni sulla pelle. Come avrà notato la mia pelle è estremamente delicata.

MARESCIALLO. Sembra che la signora Penelope si sia suicidata. Lei cosa ne pensa?

LUCILLA. Io non conoscevo la signora Penelope fino a quattro giorni fa, quando sono arrivata. Era una persona gentile, educata, rispettosa, elegante, una perfetta padrona di casa. Altro non so.

MARESCIALLO. Ha avuto modo di notare qualcosa di strano nella signora, durante il suo soggiorno al Casale?

LUCILLA. Oggi pomeriggio l’ho sentita alzare la voce con sua sorella. Stavano litigavano animatamente. Però non mi chieda di cosa stessero discutendo perché non lo so. Ho preferito allontanarmi per non essere discreta.

MARESCIALLO. Con sua ... sorella, ha detto? Conosceva sua sorella?

LUCILLA. Sorella? Ho detto sorella?

MARESCIALLO. Si, ha detto proprio così. Come può sostenere che la donna con cui discuteva la signora Penelope fosse sua sorella? La conosceva forse?

LUCILLA. No. Ho capito che quella donna era sua sorella ... perché ... l’ho sentito dire proprio dalla signora Penelope. Ho sentito che la signora ha detto:” Tu sei mia sorella ...” o qualcosa di simile.

MARESCIALLO. Bene signorina Conte, per ora è tutto. Anche a lei comunico che si sta perquisendo la sua stanza. Le chiedo inoltre di non lasciare il Casale fino a mia comunicazione.

LUCILLA. Non ne ho nessuna intenzione, attendo la comunicazione ufficiale della Compagnia. (Esce).

MARESCIALLO. (Solo, passeggia) tante contraddizioni, coincidenze, lapsus, incongruenze e assenze. Tutto fa sospettare che il suicidio della signora Penelope copra una morte di ben altra natura. (Ai commensali) ve la sentite di dare già un nome all’assassino di Penelope? Ma solo dopo la portata di ...

 

PAUSA

I COMMENSALI SCRIVONO IL LORO ASSASSINO

 

PENELOPE.  Eccomi di nuovo. Ora sono nelle vesti di ... fantasma. Ho letto il referto dell’autopsia e dice che sono morta per arresto cardiaco. Il mio corpo non presentava segni di colluttazione. Le fratture ossee di tibia e perone destro e dell’osso parietale sono verosimilmente attribuiti alla caduta dell’altezza di quattro metri. Nel sangue mi è stata trovata una sostanza velenosa comunemente utilizzata come insetticida. Il tasso alcolemico è risultato lievemente superiore alla norma. Mi è stato riscontrato un cuore ischemico. Posso dire di essere stata fortunata, mi poteva capitare di peggio. È in arrivo il maresciallo ...  

 

ENTRANO IN SCENA MARESCIALLO (con una valigetta), LUCILLA, ROSANNA, MATILDE, GIUSEPPE, DOTTOR ROMANO, MATTEO. Si siedono tutti tranne il maresciallo.

 

MARESCIALLO. Buongiorno signori e signore. Sono qui per informarvi dell’esito dell’autopsia eseguito sul corpo della signora Penelope, nonché come procedono le indagini relative al suo “omicidio” di due sere fa.

 

Tutti hanno un sussulto e poi si sente un brusio generale. Nessuno dice nulla come se qualcuno avesse già sospettato qualcosa e attendeva la notizia. Tranne Rosanna.

 

ROSANNA. Omicidio? Signor maresciallo, noi tutti avevamo capito che la povera signora Penelope si fosse suicidata.

MARESCIALLO. Dall’autopsia risulta un’altra versione dei fatti, purtroppo. Sembra che la signora Penelope sia stata colta da malore che le ha procurato un arresto cardiaco. In seguito avrebbe perso conoscenza e sarebbe caduta accidentalmente dal terrazzino della sua stanza.

GIUSEPPE. Io non capisco. È morta per arresto cardiaco o per la caduta? Lei ha parlato di omicidio! Ma se ha avuto un arresto cardiaco o per la caduta, come può esserci un assassino!

MARESCIALLO. La caduta dal terrazzino fu accidentale, mentre il malore è stato causato ... dall’assunzione di una sostanza velenosa ed esattamente, di un insetticida agricolo. L’assassino ha messo nel bicchiere il veleno nel bicchiere della signora Penelope, la quale si è prima sentita male, poi, probabilmente pensando che un po’ d’aria le avrebbe fatto bene, ha raggiunto il terrazzino della sua stanza e ... nel perdere conoscenza è caduta di sotto.

 

Tutti i presenti fissano attoniti il maresciallo, poi cominciano a guardarsi fra loro sospettosi e intimoriti.

 

DOTTOR ROMANO. Lei ha idea che può essere stato a compiere questo gesto crudele?

MARESCIALLO. Si. Ne ho una. Anzi, più di una. E vorrei esporvele. Partiamo da lei, Giuseppe.

GIUSEPPE. (Preoccupato) da me? Perché da me? Che c’entro io? Io non ho ucciso di certo la signora Penelope, nonostante l’abbia trovata morta durante la mia ronda. Non avevo motivo di ucciderla. Era la mia padrona e le ero affezionato.

MARESCIALLO. Certo, lei l’ha trovata poco dopo le undici, ma non durante la sua ronda notturna, perché lei Giuseppe, non si è mai coricato quella notte. Lo dimostra il fatto che la sua sveglia ha suonato più del dovuto e ha smesso di suonare da sola, senza che lei la fermasse, dato che a un quarto alle undici non si trovava in camera sua. Altrimenti perché sua sorella avrebbe dovuto bussare alla sua porta per la sveglia che non smetteva di suonare? Vogliamo parlare del veleno? Un insetticida agricolo che lei utilizza tutti i giorni per le sue coltivazioni. Sarebbe stato facile per lei introdursi in camera di Penelope, mettere il veleno nel bicchiere e attendere che lo bevesse ...

GIUSEPPE. Lei sta dicendo un sacco di fesserie! Io non sono entrato nella stanza di Penelope!

MARESCIALLO. Perché ha volte la chiama “signora Penelope” e a volte solo “Penelope”? Eravate forse in confidenza?

GIUSEPPE. (Arrossendo) ecco io ...

MARESCIALLO. Lei è stato l’unico ad avermi parlato della lettera d’addio e questa è la conferma che lei è entrato nella stanza della signora Penelope. E a proposito, i bicchieri nella stanza erano due, lo hanno rilevato i segni sul comò ed erano accanto alla bottiglia. Questo mi fa pensare che la signora era in confidenza con la persona con cui ha bevuto. E in uno dei bicchieri, l’assassino ha versato il veleno che poi l’ha uccisa.

 

GIUSEPPE. (Affrettandosi) va bene! Va bene! Non ero nella mia stanza, è vero! Ci sono andato per parlare ma poi me ne sono andato lasciando Penelope viva! Era viva quando sono uscito, signor maresciallo. Glielo giuro. E per quanto riguarda il veleno, l’insetticida insomma, tutti potevano accedere al capanno degli attrezzi, non è mai chiuso a chiave. Per esempio mia sorella lo usa per le formiche.

ROSANNA. Giuseppe, ma che vai a dire al maresciallo che poi chissà cosa si mette in testa?

GIUSEPPE. Non volevo dire nulla, solo che ... (viene interrotto).

ROSANNA. Io l’ho usato solo per le formiche. Io non ho ucciso la signora Penelope. Io volevo bene alla signora, non avevo motivo per ucciderla. Senza di lei Matilde ed io non abbiamo più un lavoro ora!

MARESCIALLO. E invece ne aveva uno, di motivo per ucciderla. Uno di nome Matilde. Ma torniamo a Giuseppe. Ha detto di essere stato nella stanza della signora Penelope per parlare. Di cosa? Cosa c’era di così urgente di cui parlare la sera tardi?

 

PENELOPE. Signori, è lui il mio assassino. Ne sono sicura.

 

GIUSEPPE. Io ... io ... volevo un aumento di stipendio.

MARESCIALLO. Non credo proprio. A quell’ora non si va in casa della propria datrice di lavoro per un aumento di stipendio. A meno che ... ci sia una forte confidenza. Lei, sua sorella e sua nipote, eravate e lo siete tuttora, legati da un segreto. (Prende un foglio dalla sua valigetta e legge) Matilde Lucchesi, nata a ecc. ecc., il ecc. ecc. da Penelope Capecchi e da Giuseppe Lucchesi. Ecc. ecc. questo è il certificato di nascita di Matilde. L’ho trovato nella stanza di Penelope.

MATILDE. Io non sapevo ... io ...

MARESCIALLO. Giuseppe non è suo zio ma suo padre e la signora Penelope era la sua vera madre, Matilde.

UN SILENZIO AGGHIACCIANTE SCENDE FRA I PRESENTI.

ROSANNA. (Di botto) lei me la voleva portare via! Ventitré anni fa, Giuseppe arrivò da me con una bambina. Mi disse che la madre, Penelope, voleva darla in adozione perché le avrebbe ostacolato la vita, voleva essere libera di cercare un uomo ricco, un buon partito insomma. Non potevo non aiutare mio fratello e così la presi con me. Penelope poi aveva assunto mio fratello per farsi perdonare, io non volevo, ma lui accettò. Nonostante tutto le voleva ancora bene. Tre anni fa, Penelope mi pregò di venire a vivere e a lavorare qui. Disse che voleva riavvicinarsi a sua figlia. Acconsentii solo dopo la promessa che non le avrebbe detto la verità. Come potevo privare ad una madre vedere la propria figlia? Avevo poi la certezza che se avesse detto qualcosa a Matilde, lei, dopo aver saputo che l’aveva abbondata, l’avrebbe odiata. Ma quattro mesi fa, non so cosa le era preso, mi disse che voleva raccontare la verità a Matilde. Da quando aveva trovato i soldi per pagare i debiti, era diventata più sicura di sé e determinata. Io dovevo fermarla. Io dovevo fermarla in tutti i modi. Non avrei mai permesso che mi portasse via la mia Matilde. (Piange disperata).

 

PENELOPE. È lei! Scusate per l’abbaglio di prima. Rosanna è l’esecutrice del mio assassinio!

 

MATILDE. Mamma ... allora ... allora ... hai ucciso tu mia ... la signora Penelope?

ROSANNA. Oh no! Non l’ho uccisa! Avrei trovato il modo di fermarla, ma non l’avrei mai uccisa. Non ne sono capace.

MARESCIALLO. Giuseppe, ora può dirci il motivo della sua visita in camera della signora Penelope?

GIUSEPPE. Ero andato da lei a convincerla a non rilevare la verità a Matilde. Penelope però non voleva ascoltarmi. Voleva parlarle proprio in quel momento. Mi disse di stare tranquillo che tutto si sarebbe sistemato e che nessuno avrebbe sofferto. Vidi la lettera e capii che era per Matilde. Poi ... mi fece capire che anche lei provava ancora qualcosa per me. Io l’amavo ancora signor Maresciallo, come avrei potuto ucciderla! Io e mia sorella non l’abbiamo uccisa signor Maresciallo.

MATILDE. (Guarda Giuseppe con le lacrime agli occhi e con tenerezza).

MARESCIALLO. E lei signorina Matilde, come mai non si trovava nella sua stanza la sera dell’omicidio?

MATILDE. Come? Veramente io ... non capisco. Io leggevo ...

MARESCIALLO. Per favore signorina! Dopo questa grande verità emersa, non vorrà raccontarmi una bugia?!

MATILDE. (All’inizio titubante) e va bene! La signora Penelope mi aveva chiesto di andare in camera sua dopo il lavoro perché aveva una cosa da dirmi. Ora capisco di cosa voleva parlarmi.

MARESCIALLO. Anche lei nella stanza di Penelope ... chi mi dice che la signora le abbia detto tutto e lei per vendicarsi ...

 

PENELOPE. A chiunque può capitare di confondersi. È stata Matilde. Diffidate dalle persone che appaiono deboli! Assassina!

 

GIUSEPPE. No! Matilde non c’entra niente con la morte di Penelope. Ho incontrato ... mia figlia Matilde dal ritorno di Penelope in giardino e mi disse che Penelope le voleva parlare. Io sapevo ciò che avrebbe voluto dirle e così le ho raccontato una frottola per farla tornare in camera sua. Le ho detto di aver visto la luce spenta nella camera della signora e di averle sentito dire che era stanca e che aveva sonno. Così Matilde se n’è ritornata nella sua stanza. Poi io ho finito il mio giro e ho trovato Penelope sotto il terrazzino della sua stanza. Morta.

MATILDE. Le ho detto che ero in camera a leggere e di aver sentito la solita sveglia di mio zio quando non era vero solo perché volevo avere un alibi per me e per mio zio ... cioè mio padre. Quando mi interrogò due giorno fa, ho avuto paura e ho mentito. Non ho ucciso mia madre, non ne avevo motivo. Ho saputo solo ora che fosse mia madre.

DOTTOR ROMANO. Una bella famiglia, non crede Maresciallo?

MARESCIALLO. Signora Lucilla, mi dica perché mi ha raccontato di aver conosciuto la signora Penelope solo all’inizio del suo soggiorno al Casale.

LUCILLA. Perché è la verità signor Maresciallo!

MARESCIALLO. Non dica falsità o l’accuso di ostacolo alle indagini. Lei conosceva molto bene la signora Penelope perché dieci anni fa frequentavate la stessa compagnia teatrale.

LUCILLA. Non è vero!

MARESCIALLO. Lei, signora Lucilla, recitava e la signora Penelope faceva parte del direttivo. Ma siccome lei e la signora eravate rivali in amore perché innamorate entrambe del regista, Penelope fece di tutto per allontanarla dalla compagnia. Non voleva perdere l’uomo che poi sposò. Da allora la sua stella cominciò a spegnersi e i suoi ruoli sono diventati secondari.

LUCILLA. Come sa tutte queste cose?

MARESCIALLO. Nella stanza della signora Penelope ho trovato questo libretto “I sette contro Tebe”. Risulta il nome del regista in questione e il suo risulta fra le attrici, signorina Lucilla Conte. E poi ho avuto la conferma ... (Viene interrotto).

AUGUSTA. (Entra in scena) da me.

LUCILLA. Augusta! Cosa ci fai tu qui! Non dovresti essere in Francia?

AUGUSTA. Sono tornata alla notizia della morte della mia cara sorella e ho avuto una lunga conversazione stamane col Maresciallo in cui mi ha chiesto se ti conoscevo e gli ho raccontato tutto. Tutto, compreso come quando Penelope mi ha raccontò che nei giorni scorsi, tu l’avevi implorata di sostenere la tua candidatura per la parte della protagonista nella compagnia “Città di Lucca” e lei mai, e poi mai lo avrebbe fatto.

LUCILLA. E allora? Tutto questo non vuole dire niente.

MARESCIALLO. Forse. A meno che lei non abbia sentito Penelope dire alla sorella Augusta che non avrebbe mai appoggiato la sua candidatura, in quanto membro della compagnia, ritenendola non idonea al ruolo di Medea.

AUGUSTA. Non idonea? Maresciallo mia sorella disse che Lucilla era una totale imbranata. Un cane parlante. Un’... (Viene interrotta).

LUCILLA. (Rossa di rabbia) basta! Quella stupida! Chi si credeva di essere? L’ho scongiurata, implorata, pregata ma lei faceva la preziosa.

MARESCIALLO. E così la notte scorsa andò da lei, giusto?

 

PENELOPE. Ecco ... ecco ... è facile confondersi a volte. Chissà quante volte sarà successo anche a voi. Ma ora non ho dubbi: Lucilla mia ha avvelenata!  

 

LUCILLA. No signor Maresciallo, io restai in camera mia a recitare. Ricorda?

MARESCIALLO. Con la finestra chiusa a causa delle zanzare.

LUCILLA. Esatto. Proprio così.

MARESCIALLO. Signorina, nella sua stanza abbiamo trovato un registratore che conteneva proprio la parte che stava recitando. Lei ha fatto partire il registratore e ha aperto bene le finestre in modo che il dottor Romano la sentisse e le fornisse un alibi. In realtà si trovava in camera di Penelope. A convincerla.

LUCILLA. Io mi registro sempre per poi ascoltarmi e correggermi. E poi, le ripeto, le mie finestre sono sempre chiuse per evitare gli insetti. E se posso permettermi, Penelope non mi avrebbe mai fatto entrare nella sua stanza. Tantomeno a brindare.

DOTTOR ROMANO. Io non posso intervenire, ma se potessi le direi che quella donna mente. La finestra della sua stanza era aperta!

MARESCIALLO. Dottor Romano! Un’altra interferenza e la faccio accompagnare in caserma. Comunque, fra poco sarò da lei.

DOTTOR ROMANO. Da me? Io non c’entro nulla in questa storia. Io ero in camera mia a ...

MARESCIALLO. ... ad aspettare la cometa 21/P. Me l’ha detto. Torniamo a lei signora Augusta. Dica ciò che ha raccontato a me.

AUGUSTA. Mia sorella Penelope mi disse che avrebbe steso un testamento e che avrebbe lasciato il Casale a ... sua figlia Matilde. Con l’impegno di gestirlo col padre Giuseppe e sua sorella Rosanna. Ed io ne fui felice perché era il volere di mia sorella.

LUCILLA. Non è vero! Ho sentito che tu urlavi parole irrepetibili contro tua sorella. Le hai detto che avresti impugnato il testamento e che l’avresti fatta interdire e che l’avresti ... uccisa! Lo volevi tu il Casale!  

AUGUSTA. Sei una gran bugiarda! Ti stai vendicando per ciò che ho riferito su di te. Maresciallo, non deve credere alle parole di questa fallita. Io volevo bene a mia sorella.

GIUSEPPE. Ora che è morta però il Casale resta a lei signora Augusta e non a Matilde. Forse la lettera che ho visto in camera di Penelope non era un addio ma proprio il testamento che stava scrivendo.

 

PENELOPE. Lucilla, Augusta ... ho confuso i nomi. I due nomi sono pressoché identici e quindi ... Augusta. Mia sorella Augusta è la mia carnefice! 

 

MARESCIALLO. Sbagliato Giuseppe. Il testamento esiste già. E qui ci fermiamo un attimo, il tempo che i commensali assaggino la portata di ......

PAUSA

MARESCIALLO. Stavamo dicendo Giuseppe, il testamento esiste già. Un testamento edito da Matteo Bottarlini. Il not ... (viene interrotto).

MATILDE. Matteo? Che cosa ha a che fare Matteo col testamento della signora Penelope? Pensavo che fosse un giar ... (viene interrotta).

GIUSEPPE. ... fosse fuggito con qualcuna delle tue amanti. Maresciallo, quello è un disgraziato! Ha preso in giro Matilde ed ora sta prendendo in giro anche lei. È tornato perché ha saputo che Matilde potrebbe ereditare il Casale. Ma io gli impedirò di prendere in giro mia figlia fino in fondo!

MATILDE. Zio ... papà, smettila!

MARESCIALLO. Giuseppe si calmi, faccia un bel respiro e si sieda. Il dottor Matteo Bottarlini è un notaio. Ho verificato personalmente, è iscritto all’albo.

MATILDE. Matteo ... un notaio?

GIUSEPPE. Ecco perché era un cane come giardiniere!

MARESCIALLO. Ed è stato incaricato dalla signora Penelope di stendere il suo testamento.

TUTTI MORMORANO

MARESCIALLO. Matteo non può essere presente a causa di un altro importante incarico.

GIUSEPPE. L’avrei giurato.

MARESCIALLO. Ho trascritto la sua testimonianza che ora vi leggerò: “La signora Penelope mi contattò tre mesi fa per affidarmi l’incarico. Mi disse che le sue condizioni di salute erano pessime e che temeva un peggioramento così mi incaricò di sistemare tutte le sue cose, tra le quali, la questione di sua figlia”.

GIUSEPPE. Matilde! Fammi indovinare. Quando Penelope gli ha rivelato che mia figlia avrebbe ereditato il Casale, ha cominciato a corteggiarla, giusto maresciallo? Mascalzone che non è altro!

MARESCIALLO. “Mi sono finto giardiniere dietro richiesta della signora Penelope. La signora voleva sapere se Giuseppe la disprezzava per ciò che le aveva fatto, oppure ...”

GIUSEPPE. Oppure?

MARESCIALLO. “Oppure ... se le voleva ancora bene. E dalle mie indagini ho potuto riferire alla signora Penelope che Giuseppe, non aveva mai smesso di amarla”. (Guardando Giuseppe) o vuole affermare il contrario?

GIUSEPPE. (All’inizio tace, poi annuisce) come le ho già detto maresciallo, si l’amavo ancora. E … mia figlia Matilde? Anche corteggiarla è stata una richiesta di Penelope, maresciallo?

MARESCIALLO. “Io amo Matilde. Di lei mi sono innamorato davvero. E non mi importa della sua eredità, sto già bene economicamente di mio. Quando mi assentavo, era solo per tornare al mio studio notarile a lavorare. Non ho mai tradito Matilde”. E questo è tutto quello che può interessare a noi. (Consegnando una lettera a Matilde) questa è invece per lei Matilde, da parte di Matteo. Mi ha pregato di fargliela avere.

MATILDE. Per me? (La apre e legge. Dopo aver letto, ha gli occhi sognanti).

MARESCIALLO. Torniamo a lei, signora Augusta, uccidere Penelope non le avrebbe dato nessun vantaggio. Perché al momento della morte, sua sorella, aveva già steso il testamento. Ma durante la conversazione non glielo disse, nella paura di perdere il suo affetto. E così lei avrebbe potuto ... (Viene interrotta).

AUGUSTA. Io non posso averla uccisa, poiché mi trovavo in viaggio verso la Francia. Ho i biglietti del treno che lo affermano. Ho un alibi grande come una casa.

MARESCIALLO. Sbagliato. I treni dell’altro ieri, ebbero uno sciopero e lei avrebbe potuto ripartire solo la mattina seguente, così avendo tutto il tempo di tornare al Casale, prendere il veleno e metterlo nel bicchiere di sua sorella e aspettare che lo bevesse.

AUGUSTA. Si. Ma non l’ho fatto. E’ vero non sono ripartita per la Francia quella mattina. Ho comunque un alibi per la sera in cui è morta Penelope. Ero a cena con un noto avvocato che avrebbe dovuto occuparsi della mia eredità. Cioè, di quella che avrei dovuto ereditare da Penelope. Le posso fornire nomi, luoghi, orari …

MARESCIALLO. Veniamo a lei, dottor Romano.

DOTTOR ROMANO. Io? Io sono proprio l’ultima persona che avrebbe potuto ucciderla. Io, in realtà, la stavo curando. Non ho potuto dire nulla sulle sue condizioni di salute durante il nostro colloquio per tutelare l’immagine di quella povera donna, e perché me lo vietava il segreto professionale”

MARESCIALLO. Esatto. Lei era l’unico a conoscere le condizioni di salute della signora Penelope. L’unico. E come medico … lei conosce benissimo gli effetti di uno shock causato dall’ingestione di una sostanza velenosa nell’organismo di una persona affetta da una grave cardiopatia. La morte per arresto cardiaco.

DOTTOR ROMANO. Le sue sono solo illazioni. Io non avevo nessun motivo di uccidere Penelope, come invece lo avevano tutti loro.

MARESCIALLO. Lei dice? Partiamo dal denaro. Rosanna mi raccontò che da quattro mesi, la signora Penelope, aveva iniziato a saldare i conti in sospeso. Quattro mesi. Esattamente il tempo a cui risale, non solo la prima visita eseguita sulla signora, ma un passaggio di denaro dal suo conto corrente, a quello della signora Penelope.

DOTTOR ROMANO. Non è assolutamente vero.

MARESCIALLO. Ho svolto delle indagini in proposito. Proveniva da lei il generoso aiuto. Ma perché? Perché un uomo benestante, un cardiologo affermato e conosciuto, si era offerto di pagare i debiti di una sua paziente? Per amore. O comunque, per ciò che lei era giunto a chiedere alla signora Penelope, in cambio di denaro. Lei ricattava sessualmente la povera signora Penelope, che nel tentativo di sistemare tutto, come disse al notaio, desiderava lasciare il Casale alla figlia Matilde, coi conti in regola, senza debiti.

DOTTOR ROMANO. Io ricattavo sessualmente Penelope! Mi fa ridere.

MARESCIALLO. E qui, compare la gelosia. La signora Penelope, stanca dei suoi ricatti, le disse che era finita, che non avrebbe più accettato di sottostare alle sue perverse richieste. Probabilmente le rivelò di amare un altro uomo, Giuseppe e fu lì che la gelosia si trasformò in vendetta. Non era più sua, non sarebbe stata di nessun altro. Quella sera, con la scusa di voler mettere pace tra voi, chiese a Penelope un ultimo incontro. Per un semplice addio o per riconquistarla. Mise il veleno nel bicchiere e aspettò lì, in camera, che facesse effetto. Lei, la vide cominciare a soffrire e poi ad agonizzare. La signora cercò di uscire dalla camera per cercare aiuto, ma lei glielo impedì mettendosi sulla porta.

DOTTOR ROMANO. Sono solo assurdità!

MARESCIALLO. Sono rimasti dei segni sulla porta. Così, Penelope, poi, si diresse alla finestra e nel tragitto, fece cadere la sedia sulla quale si appoggiò per farsi forza. Giunta sul terrazzino, il cuore non resse allo shock e si fermò, facendole perdere conoscenza e cadere di sotto.

DOTTOR ROMANO. Complimenti, maresciallo! Complimenti davvero! Una storia degna dei gialli di Maigret. Peccato che non c’è nemmeno l’ombra di una verità. Io e la signora Penelope eravamo amanti, è vero. Ma non c’era proprio nessun ricatto. Io le avevo donato del denaro solo perché fosse felice prima di morire. Noi ci amavamo davvero e mai le avrei fatto del male. E se le mie parole non la convincono, maresciallo, le ricordo la Cometa 21/P. All’ora del suo passaggio in cielo, mi trovavo in camera mia.

 

PENELOPE. Ah, con tutte queste cose il maresciallo non ha fatto altro che confondermi! L’unica cosa certa è che qualcuno mi ha uccisa. Su questo siamo tutti concordi. Cari miei commensali, ci troviamo davanti ad un gruppo di individui sospetti. Chi per denaro, chi per vendetta, chi per amore, chi per gelosia. Tutti quanti avevano un buon motivo per uccidermi, ma solo uno si è tradito. Volete confermare il vostro assassino o lo volete cambiare? A voi la scelta.

I COMMENSALI SCRIVONO IL LORO ASSASSINO

MARESCIALLO. Dottor Romano, la sera in cui Penelope venne uccisa, però, un forte acquazzone estivo, oscurò completamente il cielo e, se la Cometa 21/P passò, dubito che si sia fatta vedere solo da lei. Giuseppe, che lei dice di aver visto nel giardino sotto la sua finestra, volendo che io sospettassi proprio di lui, è impossibile che lo abbia visto nel giardino sotto la sua finestra, dato che, proprio sotto la sua finestra, si trovano enormi pini marittimi che, dall’alto, impediscono di vedere attraverso.

DOTTOR ROMANO. Maresciallo, lei non ha nulla contro di me. Non ha più di ciò che ha, su ciascuno dei presenti. Sospetti, prove indiziarie, niente di più. Niente che un buon avvocato, ma anche uno mediocre, non saprebbe controbattere. E’ la sua parola contro la mia. Sono stato in camera di Penelope? Forse dato che eravamo amanti. Ma non l’ho uccisa. Le ripeto, io l’amavo. Noi, ci amavamo.

MARESCIALLO. L’assassino ha messo il veleno nel bicchiere, mentre la signora Penelope non guardava. Poi, ha atteso che versasse il vino in entrambi i bicchieri e ha brindato con lei. L’assassino è rimasto per accertarsi dell’effetto del veleno e prima di uscire dalla stanza, ha pensato di portare via l’unica prova inconfutabile della sua presenza lì. Il bicchiere con le sue impronte. Ma … si è sbagliato e, al posto del bicchiere da cui aveva bevuto lui, ha portato via quello da cui aveva bevuto la signora Penelope. Quello col veleno. Lo prova il fatto che nel bicchiere trovato sul comò della camera della signora, non ci sono tracce di veleno, … ci sono le impronte dell’assassino. Le sue, dottor Romano.

PENELOPE. Confermo. È lui il mio assassino. Io lo sapevo fin dall’inizio!

 

FINE