AUTRICE
GIUSEPPINA CATTANEO
http://giusicopioni.altervista.org/
POSIZIONE S.I.A.E.
N° 193077
Codice opera Siae
896334A
TITOLO
I NOVELLI LADRI
COMMEDIA IN DUE ATTI
Personaggi
ARSENICO ladro
PRISCILLA ladra
ADELAIDE sindaco
VENANZIO architetto
GERARDA amica Adelaide
SIBILLA sorella Priscilla
IGNAZIO assessore allo sport
CECILIA
ERNESTO
TRAMA
Due simpatici ladri, all’insaputa l’uno dell’altro, si introducono
nella casa del sindaco della città, dove, fra simpatiche gags, ruberanno, oltre
alla refurtiva anche le chiacchiere “vuote” e ridicole della padrona di casa
con alcuni cittadini.
ATTO PRIMO
La scena si svolge nello studio del sindaco. Due porte in fondo,
una a destra, una a sinistra e una laterale a destra. Finestra in fondo a
sinistra.
SCENA I
Arsenico, poi sindaco e
Venanzio
ARSENICO. Sta entrando dalla finestra. Indossa un
vestito, un cappello ed una maschera neri. Ha con se un sacco. È un ladro molto
impacciato. Mentre entra dalla finestra, di spalle, fatica a scendere per paura
dell’altezza. Quando sembra abbia preso coraggio, torna indietro. Dopo alcuni
tentativi, finalmente entra. Si sistema gli abiti. Si guarda in giro, inizia a
camminare ma inciampa. Si rialza, si risistema di nuovo e inizia ad ammucchiare
sulla scrivania alcuni oggetti da rubare. Quando sente fuori dalla porta di
destra alcune voci, sistemerà tutti gli oggetti al loro posto originale.
SINDACO. (Voce fuori scena da destra) caro
architetto, che piacere!
VENANZIO. (Voce fuori scena da destra) cara
sindaco, il piacere è tutto mio.
SINDACO. (Voce fuori scena da destra) è da parecchio
tempo che non ci si vede o sbaglio?
VENANZIO. (Voce fuori scena da destra) e si, è
proprio così… sai il lavoro…
ARSENICO. Riesce giusto in tempo a rientrare nella
porta a sinistra sul fondo.
SINDACO. … e le donne! Lo
so, lo so, caro Venanzio, me ne ricordo bene. Entriamo nel mio studio (entrano da destra).
VENANZIO. Grazie sindaco per
avermi ricevuto.
SINDACO. Sindaco! Sindaco! Chiamami
Adelaide, Venanzio.
VENANZIO. Grazie, ma mi
sembrerebbe di mancarti di rispetto.
SINDACO. Ma figurati! Per
così poco? E poi, non siamo forse amici di vecchia data? Ma dimmi, che fai da
queste parti?
VENANZIO. Abito di nuovo in
città.
SINDACO. Non dirmi che ti
sei finalmente accasato? Un rubacuori come te!
VENANZIO. (Preoccupato) ruba cuori? Io… io… io non
ho mai praticato… traffico di organi.
SINDACO. E che centra il
traffico di organi? Tu non sei stato forse un rubacuori? Io ne so qualcosa.
VENANZIO. No, sindaco! Non
ho mai rubato cuori in vita mia. Si, forse da giovane, così per scherzo
ovviamente, qualche furtarello in compagnia di amici dal salumiere, costine,
braciole, prosciutti, ma cuori assolutamente mai.
SINDACO. Venanzio, sei il solito
… (al pubblico) tonto. Con “rubacuori”,
volevo solo dire che sei stato un uomo a cui piacevano parecchio le ragazze. E
io ne so qualcosa.
VENANZIO. Ah beh, allora si,
è vero. Tutto questo però fa parte del mio passato perché ora, caro sindaco, ho
preso moglie.
SINDACO. Tu … ammogliato? Felicitazioni
e auguroni Venanzio. E così forse smetterai di fare lo sciupafemmine.
VENANZIO. Sciupa… che? No,
no sindaco, io le donne non le ho mai sciupate. E lei dovrebbe saperne
qualcosa.
SINDACO. Ma certo! Era solo
un modo di dire! Sei il solito … (al
pubblico) imbranato. Però Venanzio, non puoi negare qui, davanti al nostro
pubblico che per le donne hai sempre avuto il “sangue caldo”. Vero? Io ne so
qualcosa.
VENANZIO. (Preoccupato) davvero… e tu… pensi sia…
grave?
SINDACO. Grave? Cosa, è
grave?
VENANZIO. Avere quel…
sangue… lì.
SINDACO. Il sangue? Non
capisco. (Al pubblico) povera moglie!
VENANZIO. Tu mi hai detto
che ho il sangue caldo!
SINDACO. È sempre un modo di
dire Venanzio! (Al pubblico alza gli
occhi al cielo) Caro Venanzio, e così ora anche tu fai parte di noi poveri “accasati”.
Non che io mi lamenti di mio marito, ma sai, a volte… e diciamolo pure caro il
mio Venanzio, a volte certi uomini ci fanno rodere il fegato. Esclusi i
presenti ovviamente.
VENANZIO. (Meravigliato) come? Tuo marito… tuo
marito … ti rode il fegato?
SINDACO. Non è che lui mi
rode il fegato, sono “io che me lo rodo” a causa sua.
VENANZIO. (Schifato) tu… ti rodi il tuo fegato?
SINDACO. Si, ma non sempre
però. Sai, a volte succede a causa di qualche capriccio a cui non sa rinunciare.
VENANZIO. Ma… ma… come fai a
morderti… il fegato? (Muove la bocca).
SINDACO. (Al pubblico) con gli anni è peggiorato
in modo impressionante. E ora dimmi, amico mio qual è la ragione della tua
visita?
VENANZIO. Ho bisogno del tuo
aiuto sindaco. Ho difficoltà ad ottenere il permesso a alzare di un piano casa
mia e ad aggiungere un altro vano al piano terra.
SINDACO. È possibile che tu,
in qualità di architetto abbia presentato dei disegni sbagliati?
VENANZIO. I disegni sono
corretti ma il geometra del comune dice che mancano le “distanze per legge” e
che per questo motivo non mi rilascia il permesso.
SINDACO. Tutto qui? E per
questa sciocchezzuola il geometra Righelli non ti concede di avviare i lavori?
VENANZIO. Si, esatto.
SINDACO. Venanzio, stai
tranquillo, sistemerò tutto io. Dammi qualche giorno di tempo e avrai tutti i
permessi firmati e controfirmati.
VENANZIO. (Molto riconoscente) grazie sindaco.
Sapevo che potevo contare su di te.
SINDACO. So riconoscere molto
bene quando un problema è un ”caso umano”. Ed io mi sento sempre in dovere di
aiutare questi casi. Ora andiamo a berci qualcosa nella sala-bar qui a fianco
come ai bei tempi.
VENANZIO. Grazie. Ma io non so
come sdebitarmi con te, sindaco.
SINDACO. Chiamami Adelaide e
ti sarai sdebitato, Venanzio. (Escono).
VENANZIO. Ti ringrazio Adelaide.
SCENA II
Arsenico
ARSENICO. Dopo qualche secondo di scena vuota,
Arsenico spia dalla porta per controllare che non ci sia nessuno. Subito dopo
esce piano, piano. “Credevo non se ne andassero più”. (Ironico) L’umanità di questo sindaco è proprio infinita. Proprio “un
caso umano quello dell’architetto”! Ricomincia
a prendere gli oggetti di poco prima e
li riposiziona al centro della scrivania sempre in modo buffo e divertente. Ad
un certo punto si sente un rumore e Arsenico, per la seconda volta sistemerà
tutto come era prima e rientrerà nella porta del fondo a sinistra.
SCENA III
Priscilla, poi sindaco e
Gerarda
PRISCILLA. Vestita di nero come Arsenico. Ha con sé un
sacco. Entra dalla finestra anche lei con un po’ di fatica e lo farà in modo
divertente e strampalato. La
finestra rimarrà un po’ aperta per tutti e due gli atti. Si muoverà nello stesso modo impacciato
nello studio. Si guarda in giro e poi inizia ad accumulare al centro della
scrivania alcuni oggetti da rubare, quando all’improvviso sente delle voci
fuori dalla porta a destra. Sistemerà
la refurtiva.
GERARDA. (Voce fuori scena) Adelaide, ho bisogno del tuo aiuto.
SINDACO. (Voce fuori scena) ti vedo preoccupata.
Va tutto bene Gerarda?
GERARDA. (Voce fuori scena) Adelaide, ho tanto bisogno del tuo aiuto.
SINDACO. (Voce fuori scena) entriamo nel mio
studio e raccontami tutto.
PRISCILLA. Ha giusto il tempo di rientrare dalla porta
a destra sul fondo.
SINDACO. (Entrano da destra) prego, accomodati e
dimmi in cosa posso aiutarti. (Si
siedono).
GERARDA. Ecco Adelaide… io…
avrei bisogno… di un lavoro. Ultimamente mio marito non se la passa bene con la
sua attività ed io vorrei evitagli di dichiarare il fallimento. Così, pensavo
di aiutarlo guadagnando uno stipendio. Lo stipendio di un lavoro onesto,
ovviamente.
SINDACO. Gerarda, sei una
persona da ammirare. Davvero. Ti faccio i miei complimenti.
GERARDA. Grazie Adelaide.
Però… ecco… sono qui appunto da te per trovare questo lavoro.
SINDACO. Non avere timore,
cara. Io aiuto sempre le persone bisognose. Ma bisognose sul serio. Come non
potrebbe farlo in questo caso così … così … “umano”!
GERARDA. Grazie Adelaide,
sapevo che non mi avresti abbandonato.
SINDACO. Ora cerchiamo di
pensare ad un lavoro adatto te. Mi viene in mente proprio in questo momento che
in comune stanno cercano una donna della pulizie. Che ne pensi?
GERARDA. Pulizie? Ma … non saprei
se è un lavoro adatto a me. (Intanto si
guarda le unghie).
SINDACO. Come mai questi
dubbi?
GERARDA. Dico così perché …
con il tipo di lavoro che mi hai proposto… potrei magari rovinarmi le mie
unghie! Guarda, guarda Adelaide come sono belle e curate! (Gliele mostra).
SINDACO. Bellissime! Non ho
mai visto delle unghie così belle! Hai proprio ragione Gerarda, sarebbe un
peccato rovinarle. “Donna delle pulizie”, non fa assolutamente per te, devo
trovarti un altro tipo di occupazione. Fammi pensare… (pensa) ti andrebbe, sempre in comune ovviamente, di catalogare i
documenti che circolano negli uffici e poi di inserirli negli appositi faldoni?
GERARDA. (Poco convinta) i documenti di tutti gli
uffici?!
SINDACO. Si, i documenti degli
uffici di tutti e tre i piani.
GERARDA. In comune non c’è
ancora l’ascensore vero?
SINDACO. No, per il momento
no, ma è stato fatto un progetto e fra qualche mese lo impianteranno.
GERARDA. E no, allora. Non
credo che questo lavoro faccia per me Adelaide. Tu mi vedi a salire e scendere
le scale di tre piani con… queste scarpe? (Indossa
scarpe con tacchi a spillo).
SINDACO. (Guarda le scarpe) e no, hai proprio ragione.
Tutte quelle scale non vanno bene con queste scarpe strepitose. Sono davvero
una meraviglia. Correresti il rischio di prenderti una slogatura che potrebbe
condizionare la tua vita per sempre. E io, da amica, non posso assolutamente
permetterlo. Pensiamo a qualcosa di più tranquillo. Allora (Pensa) so che in biblioteca sono carenti di personale. Ti andrebbe
di lavorare in biblioteca? Sembra un lavoro tranquillo, o sbaglio?
GERARDA. In biblioteca?!
Guarda le mie braccia Adelaide. Ti sembrano adatte a sollevare e sistemare continuamente
libri? I miei muscoli ne risentirebbero troppo con l’andare del tempo.
SINDACO. (Guardando le braccia di Gerarda) sembrano
proprio un po’ deboli.
GERARDA. Per non parlare
della polvere che si deposita costantemente sopra i libri. Correrei anche il
rischio di starnutire continuamente e persino di scatenare delle possibili
allergie.
SINDACO. Non sai come sono
fastidiose le allergie? Niente. Questo lavoro in biblioteca non fa per te. Avresti
sempre il naso arrossato come un peperone. E io lascerei accadere questo alla
mia migliore amica? Non se ne parla nemmeno! Pensiamo a cosa altro posso
trovare adatto a te. (Pensa) fra tre
mesi, il Messo Comunale andrà in pensione, ti piacerebbe prendere il suo posto?
GERARDA. Beh, effettivamente
sembra un lavoro importante e adatto a me.
SINDACO. Bene! Finalmente
abbiamo trovato un lavoro su misura per te. È un ottimo lavoro e non è per
nulla pericoloso. (Ride) a meno che,
sia pericoloso andare in bici…
GERARDA. Andare in bici?
SINDACO. Ma si, andare in
bici! Ma non ti devi preoccupare, tanto tu hai la patente! Su, dai che forse lo
abbiamo trovato un lavoro da potere aiutare economicamente tuo marito.
GERARDA. Adelaide, io non ho
la patente. Cos’è questa storia della bici?
SINDACO. Ah. Beh, se tu non
hai l’auto, dovrai consegnare notifiche o altro in bici o a piedi. (Guarda le scarpe con il tacco) e no, a
piedi no, non si può. Andrai in bicicletta, niente di pericoloso, mi sembra.
Saprai andare in bici immagino.
GERARDA. Adelaide, guardami
bene. Non posso andare in bici.
SINDACO. E … perché?
GERARDA. Per via dei miei
capelli! Non vedi come sono perfettamente messi in piega? Sarebbe una tragedia
spettinarli in bici. Se poi dovesse piovere o ci fosse umidità? Mi si
arriccerebbero tutti!
SINDACO. I tuoi capelli spettinati
e ricci? Sarebbe una catastrofe! Non capisco come abbia potuto proporti un lavoro così. Gerarda,
ti chiedo scusa per la mia insensibilità.
GERARDA. Non preoccuparti,
Adelaide, può succedere a tutti.
SINDACO. Ora, però Gerarda,
non so più come aiutarti. (Pensa) in
questi giorni, ti prometto che penserò solo a te e al posto di lavoro che
meriti. Lo sai che di me ti puoi fidare.
GERARDA. Eccome se ho
fiducia in te. Ricorda sempre Adelaide, che sia un lavoro adatto a me. Ti
ricordi di tutti i miei problemi di salute, vero?
SINDACO. (Mentre escono da destra) so tutto di te
e di tutte le tue problematiche. Lascia che me ne occupi io.
SCENA IV
Arsenico e Priscilla
ARSENICO. PRISCILLA. Apre poco la porta e spia all‘interno. Poi apre
un po’ di più.
ARSENICO. PRISCILLA. Ha ormai aperto quasi tutta la porta, sente
lo scricchiolio della porta dell’altro, si spaventa e rientra subito, sbattendo
la sua.
ARSENICO. Si comporta come prima e questa volta esce e
comincia a rubare gli oggetti che si trovano alla sua destra, dando le spalle
al centro della stanza. Li mette nel sacco.
PRISCILLA. Nello stesso tempo anche Priscilla esce
dalla sua porta e si comporta come Arsenico, lei però ruba gli oggetti che si
trovano alla sua sinistra dando le spalle al centro della stanza e perciò ad
Arsenico. Li mette nel sacco. Quando
sentono voci fuori della porta a destra, i due risistemeranno di nuovo tutto e
rientreranno nelle rispettive porte. NESSUNO DEI DUE SI ACCORGE
DELL’ALTRO.
SCENA V
Sindaco e Priscilla
GERARDA. (Voce fuori scena) Ciao Adelaide.
SINDACO. (Voce fuori scena) Gerarda, hai
dimenticato qualcosa?
GERARDA. (Voce fuori scena) hai per caso trovato
il lavoro adatto a me?
SINDACO. (Voce fuori scena) ma come, pochi minuti
fa … ti ho chiesto di darmi qualche giorno …
GERARDA. (Entrano da destra) si, lo so, è solo
che … tutti sanno che il tempo … passa
talmente in fretta e io … pensavo fosse già trascorso … qualche giorno.
SINDACO. (Entrano da destra) è vero, il tempo
vola, ma non così in fretta.
GERARDA. Dipende dai punti
di vista. Se io non trovo in fretta un lavoro non vola solo il tempo ma vola
via anche l’attività di mio marito.
SINDACO. Scusa, a questo non
avevo pensato. Vediamo cosa posso fare per te …
GERARDA. Trovarmi un lavoro.
SINDACO. Si, è quello che
sto cercando di fare.
GERARDA. Lo hai trovato?
SINDACO. Cosa?
GERARDA. Il lavoro per me.
SINDACO. Dato che non mi hai
dato giorni per pensarci, puoi darmi almeno cinque minuti?
GERARDA. E se facessimo …
tre?
SINDACO. Tre, due o uno … ma
se non so che lavoro darti, non lo so e basta.
GERARDA. (Sembra pensare) e se tu mi assumessi
come centralista?
SINDACO. Come centralinista?
ADELAIDE. Ma si! In comune
non avete una segreteria telefonica che indirizza le telefonate ai vari uffici?
SINDACO. Si.
GERARDA. Ecco, quello
potrebbe essere il lavoro fatto per me.
SINDACO. Mi cogli alla
sprovvista anche perché la segreteria telefonica a noi non costa praticamente
nulla. (Pensando) ma capisco che non
posso esimermi a causa delle gravi difficoltà della tua famiglia e che quindi acconsento
pienamente.
GERARDA. Grazie amica,
sapevo di contare sul tuo buon cuore.
SINDACO. Inizia lunedì e presentati
all’ufficio anagrafe alle otto e mezza.
GERARDA. Scusa Adelaide, non
potrei presentarmi intorno alle undici? Alzandomi prima delle dieci, potrei
incorrere in gravi problemi di sonnolenza e capisci che dormire sul lavoro…
SINDACO. Certo, certo, non
avevo pensato a questo. Presentati pure a mezzogiorno così siamo sicuri di non
correre nessun rischio.
GERARDA. Ecco … il fatto è
che … a mezzogiorno non è l’ideale. Ho l’abitudine di pranzare a quell’ora per aiutare
il mio intestino pigro a funzionare al meglio.
SINDACO. Caspita, che caso
compassionevole sei Gerarda. Sai per caso a che ora il tuo intestino funziona
al meglio?
GERARDA. Di solito alle tre
funziona perfettamente.
SINDACO. Beh, per essere
sicuri e per non incorrere in qualche altro problema di salute, presentati alle
quattro.
GERARDA. E no, alle quattro
non va bene. A quell’ora devo obbligatoriamente fare merenda altrimenti ho un
calo di zuccheri.
SINDACO. Oddio che pena mi
fai!
GERARDA. Però potrei
iniziare alle cinque. Alle cinque sono sicura che non ci sarebbero problemi.
SINDACO. Perfetto allora. Presentati
alle cinque e ti mostrerò la tua mansione.
GERARDA. E per quante ore dovrei
lavorare?
SINDACO. Una. Alle sei il
comune chiude!
GERARDA. Proprio un orario
adatto a me. E … il mio stipendio? Preferisco saperlo in anticipo se non è un
problema per te.
SINDACO. Il tuo stipendio
sarà uguale a quello degli agli altri dipendenti. Ricorda bene una cosa, cara Gerarda,
io non faccio mai differenze nel mio comune.
GERARDA. Grazie Adelaide. Sapevo
di poter contare su di te. E … ecco … non vorrei chiederti troppo … ma …
sarebbe possibile avere … lo stipendio anticipato?
SINDACO. Di un mese?
GERARDA. No certo! Di una
anno.
SINDACO. Come … di un anno?
GERARDA. Se per te non va
bene, tranquilla, non mi offendo se mi volessi anticipare lo stipendio di due
anni. (Volendo intenerire l’amica)
così l’attività di mio marito rimarrebbe ben impiantata e non volerebbe via.
SINDACO. Come posso dire di
no a questa faccina così tenera? Sai che faccio? Stipendio anticipato di tre
anni e non ne parliamo più.
GERARDA. Grazie, grazie
Adelaide. Tu sei … tu sei … buona, brava… sei anche … (Non sa che dire).
SINDACO. Meravigliosa.
GERARDA. Si meravigliosa e
anche … (Non sa che dire).
SINDACO. Stupenda.
GERARDA. Si si,
stupendissima. Vado subito a comunicarlo a mio marito.
SINDACO. Si, meglio che tu
glielo comunichi subito, casomai, voli via anche lui.
GERARDA. Ciao Adelaide e
grazie ancora. (Esce a destra).
SINDACO. Come sono felice ad
aver l’opportunità di aiutare tante persone. E poi, cosa mi costa? Nulla. A me,
in fondo non costa nulla. (Esce a
destra).
SCENA VI
Arsenico e Priscilla
ARSENICO – PRISCILLA. In contemporanea, aprono poco la porta e spiano. Poi l’aprono un po’ di più. Escono e si posizionano,
di spalle, al centro della scena. Tutti e due fanno un passo indietro e si
toccano con la parte posteriore del corpo. I due si bloccano all’istante e con
le mani inizieranno a toccare l’altro, da dietro. Poi pensando di essere stati
colti in flagrante dal proprietario, alzano tutti e due le mani in alto. Dopo
qualche secondo, capiscono che non succede nulla e allora piano, piano si
girano e quando si vedono, scappano rientrando ognuno nella loro solita porta.
Si spiano di nuovo dalla porta, poi la richiudono di nuovo. Escono di qualche
passo dalla porta e quando si vedono, rientrano di nuovo. Poi, usciranno,
sempre timorosi e questa volta si fermeranno in mezzo la scena.
ARSENICO. Ma… ma… tu chi sei?
PRISCILLA. Io? Tu… tu… chi
sei!
ARSENICO. E no! L’ho chiesto
prima io!
PRISCILLA. Ma io sono una
donna e perciò sono io che ho la precedenza.
ARSENICO. E chi mi dice che
tu sei una donna?
PRISCILLA. Io!
ARSENICO. Bene. Anch’io sono una donna allora.
PRISCILLA. E come so io che è vero?
ARSENICO. Devi fidarti di me.
PRISCILLA. La tua voce è da uomo e non puoi essere donna.
ARSENICO. (Fa la voce da donna) non è vero, io ho
una voce femminile. A volte, diventa un po’ rauca a causa dello scompiglio
dell’ugola.
PRISCILLA. Lo scompiglio di
che?
ARSENICO. (Voce normale da uomo) dell’ugola. (Accorgendosi e facendo la voce da donna) vedi,
è successo ancora.
PRISCILLA. Se tu sei una
donna io sono … (sta pensando).
ARSENICO. Un uomo. Nella
commedia i ladri sono due: un uomo e una donna e se la donna sono io, tu non
puoi che essere l’uomo.
PRISCILLA. Ma smettila, si vede anche dalla fisionomia che io sono
una donna.
ARSENICO. (Con voce femminile) questo lo dici tu. (Si mette a camminare ondeggiando) che
dici della mia fisionomia, ora?
PRISCILLA. (Si mette anche lei a camminare
ondeggiando) e che dici adesso della mia di “fisionomia”?
ARSENICO. (La guarda ammirato. Fischia e poi con voce
normale) che fisionomia.
PRISCILLA. Senti uomo e
maschio che di più non si può, mi dici chi sei e che fai qui?
ARSENICO. Non te lo dico se
non lo dici tu per prima.
PRISCILLA. (Ironica) e se lo chiedessimo al signor
sindaco?
ARSENICO. Bene. Chiediamo al
signor sindaco allora. (Si avvicina alla
porta di destra e fingendo d aprirla).
PRISCILLA. Ma sei impazzito? Vuoi farci scoprire?
ARSENICO. Come … farci
scoprire … anche tu sei … (SUONO DI TELEFONO).
ARSENICO – PRISCILLA. Si spaventano e scappano nelle porte sul
fondo, ma questa volta si sbaglieranno: Priscilla entrerà in quella a sinistra
e Arsenico in quella a destra. Poi ne usciranno subito e rientreranno a gran
velocità nella loro solita: Priscilla a destra e Arsenico a sinistra.
SCENA VII
Sindaco e Sibilla al telefono
SINDACO. (Entra da destra) pronto, chi parla?
SIBILLA. (Solo voce). Buongiorno, mi chiamo
Sibilla.
SINDACO. In che posso
esserle utile?
SIBILLA. (Solo voce) pronto chi parla … in che
posso esserle utile … ma lei fa sempre
così tante domande? Si rende conto che mette a disagio chi vuol parlare con lei?
SINDACO. A me non sembra,
credevo di essere stata disponibile, ma se lei mi dice cosi … In che posso
esserle utile?
SIBILLA. (Solo voce) ecco un’altra! È impensabile
chiamare qualcuno e sentirsi rivolgere tutte queste domande! E a causa di
questo io non voglio più parlare con lei. Mi passi subito mia sorella.
SINDACO. Con chi vuole
parlare… lei?
SIBILLA. (Solo voce e perdendo la pazienza) ancora
domande! E basta però! Si sta comportando con villaneria, se lo lasci dire.
SINDACO. Senta signora, io
non so chi lei sia e non le permetto di insultarmi una volta di più. Lo ha già
fatto troppe volte in questa telefonata. E poi qui ci sono solo io e mio
marito.
SIBILLA. (Solo voce) va bene, va bene, le chiedo
scusa. Facciamo come se fino ad ora non ci fossimo parlate. Buongiorno signora,
potrei parlare con mia sorella? Vorrei solo assicurarmi che stia bene.
SINDACO. Qui non c’è nessuna
“sua sorella”. Le ripeto che qui non c’è nessuno tranne io e mio marito. Buongiorno!
SIBILLA. (Solo voce) impossibile! Casa sua è
quella del sindaco?
SINDACO. Si, esatto, io sono
il sindaco in persona.
SIBILLA. (Solo voce) e allora mia sorella si
trova lì.
SINDACO. Le ripeto per
l’ultima volta che qui non c’è nessuno. (Al
pubblico) questa è matta da legare! Cioè, da imbavagliare!
SIBILLA. (Solo voce) sono sicura che si sta
sbagliando, mia madre mi ha detto che mia sorella avrebbe dovuto farle “una
visitina” e a quest’ora dovrebbe già essere lì.
SINDACO. No so che dirle,
avrà cambiato idea oppure indirizzo. Scusi, ma io ora devo andare … (viene interrotta).
SIBILLA. (Solo voce) sento che nella sua voce
qualcosa che non mi convince, lei mi sta nascondendo qualcosa. Insisto per
parlare con mia sorella. Sa, devo sapere se mia sorella sta svolgendo bene il
compito che mia madre le ha insegnato. Per lei è la prima volta.
SINDACO. (Adirata) la prima volta … di cosa? Io
sono arcistufa di star qui a perdere tempo con lei che vaneggia. E non mi
telefoni più perché non mi interessa nulla di sua sorella, di sua madre, di sua
nonna e di sua … zia suora! Ha capito!!?? Buongiorno! (Chiude il telefono nervosa) una pazza! Stavo parlando con una
pazza! (esce a destra).
SCENA VIII
Arsenico e Priscilla
ARSENICO – PRISCILLA. Sbirciano dalla propria porta ed escono
piano, piano. Ognuno di loro pensa che l’altro se ne sia andato. Invece, si
vedono di nuovo.
ARSENICO. Ancora qui? Pensavo
che te ne fossi andato!
PRISCILLA. Andata! Ti ho già
detto che io sono una donna!
ARSENICO. Fa lo stesso, tanto
sei ancora qui!
PRISCILLA. Quindi anche tu …
sei un ladro?
ARSENICO. Come? Come osi
accusarmi?
PRISCILLA. Perché forse non
lo sei? Il vestito dice tutto sai?
ARSENICO. Anche il tuo
vestito dice tutto. Ladra?
PRISCILLA. Ladra a me? Al
giorno d’oggi alle donne che svolgono questo lavoro è stato attribuito un
termine più sofisticato e precisamente: rapinatrice.
ARSENICO. Sempre ladra
rimani cara. Ma tu sei una professionista del mestiere?
PRISCILLA. Non proprio una
professionista, purtroppo. Ecco… è la prima volta.
ARSENICO. Ah! Volevo ben
dire io! La professionalità è tutt’altra cosa.
PRISCILLA. Mentre tu … tu
sei un ladro professionista?
ARSENICO. Si certo! Cioè
volevo dire … ecco … insomma … anch’io come te … è la prima volta.
PRISCILLA. Lo avevo capito da
subito.
ARSENICO. Comunque, sappi
che due ladri in un solo pollaio non possono starci.
PRISCILLA. Ma il proverbio
dice che sono due polli che non possono stare in un pollaio, e non due ladri!
ARSENICO. Due polli o due
ladri fa lo stesso. Qualcuno qui è di troppo.
PRISCILLA. Io di qui non me
ne vado!
ARSENICO. Nemmeno io!
PRISCILLA. E no, qui
qualcuno se ne deve andare.
ARSENICO. È quello che penso anch’io.
PRISCILLA. E no, tesoro (al pubblico) tesoro… ma l’avete visto?
Io sono arrivata prima di te e questa casa è mia.
ARSENICO. E no, carina (al pubblico) carina… lasciamo perdere. Come
puoi dire che sei arrivata tu prima di me? Quando tu sei arrivata io ero già
nascosto dietro la porta.
PRISCILLA. Io non ti ho
visto e perciò non ti credo!
ARSENICO. Non è un problema
mio allora…(vengono interrotti dalle voci
fuori scena del sindaco e dell’Assessore allo Sport. Entreranno di corsa tutti
e due nella porta in fondo di destra. Poi Arsenico uscirà ed entrerà nella
porta di sinistra).
SINDACO. (Fuori scena a destra) Vieni pure
Ignazio. Entriamo nel mio studio e così ne parliamo con calma. Voglio conoscere
tutti i risultati delle nostre squadre locali.
SIPARIO
ATTO SECONDO
SCENA I
Sindaco e Ignazio
SINDACO. (Fuori scena a destra) vieni pure
Ignazio. Entriamo nel mio studio e così ne parliamo con calma. Voglio conoscere
tutti i risultati delle nostre squadre locali.
IGNAZIO. Grazie Adelaide,
disponibile come sempre.
SINDACO. Lo sono sempre con
tutti, ancora di più con uno dei miei assessori … preferiti. Su dimmi, come si
stanno comportando le nostre squadre di calcio?
IGNAZIO. Bene, molto bene
devo dire. Sono veramente fiero di loro. Si stanno distinguendo fra tutte le
altre per il fair play e questo è inequivocabile. (Con tono minore) anche se in classifica … sono tutte all’ultimo
posto. (Aggiungendo in fretta) tranne
ovviamente la nostra squadra di Pulcini che è il nostro fiore all’occhiello.
SINDACO. Una bella notizia
questa. Ed è prima in classifica?
IGNAZIO. No, penultima.
SINDACO. (Sconcertata) ah!
IGNAZIO. Capisci Adelaide?
Non ultimi! Comunque sono sempre molto fiducioso nella possibilità che anche
tutte le altre si possano riprendere. Intanto mi godo questi bei “Pulcini”.
SINDACO. (Al pubblico) se non c’è di meglio! E
che mi racconti dei ragazzi dell’atletica?
IGNAZIO. Tutto il bene del
mondo. I nostri cinque atleti sono in perfetta forma.
SINDACO. (Stupito) come… cinque… atleti? Abbiamo
solo cinque ragazzi che praticano atletica?
IGNAZIO. Si, cinque atleti
allenati da altrettanti allenatori. Solo un mese fa erano in tre.
SINDACO. (Sempre più stupita) tre allenatori?
IGNAZIO. No, no, tre
ragazzi.
SINDACO. E ora abbiamo
cinque allenatori per cinque ragazzi?!
IGNAZIO. Proprio così. Siamo
proprio una squadra molto fortunata ad avere a disposizione un allenatore per
ogni atleta.
SINDACO. (Ironico) Ah beh, in effetti ... e per
quanto riguarda il ciclismo?
IGNAZIO. Benissimo! Abbiamo
tantissimi tesserati.
SINDACO. Oh bene! E chissà
quanti risultati positivi otterremo allora?
IGNAZIO. Ecco… non proprio…
SINDACO. Ah! (Al pubblico sconsolata) avrei dovuto
immaginarlo. Sono ultimi anche loro… immagino.
IGNAZIO. Non proprio. Devi
sapere Adelaide che la nostra squadra ciclistica non può iscriversi a gare
agonistiche perché… i nostri ciclisti non vanno… sotto i 60.
SINDACO. (Contenta) davvero? I nostri ciclisti sono
così forti? Ma se le cose stanno così, è un’ingiustizia! Ma io dico, come è
possibile non accettare iscrizioni da ciclisti che corrono così veloci! Qui
bisogna fare subito un reclamo!
IGNAZIO. Adelaide …
SINDACO. E no Ignazio! Non è
possibile escludere una squadra perché è una potenziale vincitrice.
IGNAZIO. Scusa … non è
proprio così.
SINDACO. Come non è così?
Non mi hai appena detto che non possono iscriversi perché non vanno sotto i 60?
IGNAZIO. Si Adelaide, ma io
intendevo che i nostri ciclisti non vanno sotto i 60… di età.
SINDACO. Come? Come… hai
detto?
IGNAZIO. Si, i nostri
ciclisti hanno più di 60 anni.
SINDACO. Cioè, vuoi dire che
la nostra squadra ciclistica non comprende in squadra … un giovane? Uno che… è
uno?!
IGNAZIO. E si. Però sono
molto fiducioso che prima o poi qualche nipotino fra i nostri ciclisti si
faccia avanti… col tempo.
SINDACO. Io credo, Ignazio,
che tu abbia troppa fiducia nel nostro sport locale.
IGNAZIO. Mai perdere la
fiducia sindaco! E sono quì appunto da te per chiederti di gratificare i nostri
atleti e spingerli ad andare avanti fiduciosi. Ecco … vorrei che tu prendessi
in considerazione l’idea di elargire un contributo straordinario indirizzato ai
nostri singoli atleti.
SINDACO. Non capisco…
IGNAZIO. Ecco… io avevo
pensato, sempre per infondere in ciascuno di loro la fiducia necessaria per
portare in alto il nome della nostra città, ecco, avevo pensato che forse… poteva essere una buona idea portarli tutti …
in crociera!
SINDACO. (Pensierosa) e tu pensi che offrendo
loro una crociera, i risultati arriverebbero?
IGNAZIO. Arriverebbero!
Arriverebbero!
SINDACO. Beh, infondere
fiducia mi sembra sia proprio uno di “quei casi umani” di cui spetta ad un
sindaco occuparsi nel migliore dei modi. (Pensa)
i risultati poi arriveranno vero?
IGNAZIO. Altro che!
SINDACO. Fammi avere il
preventivo e fa già conto di essere in crociera con tutti gli atleti.
IGNAZIO. Grazie Adelaide.
Sapevo che avresti capito.
SINDACO. Ignazio, ricorda
sempre che io sono un sindaco molto attento alle esigenze di tutti i miei
cittadini, soprattutto dei più bisognosi.
IGNAZIO. Grazie, ancora, non
vedo l’ora di comunicarlo a tutti (Esce a
destra).
SINDACO. Non ringraziarmi. È
un mio preciso dovere da sindaco. (Esce a
destra).
SCENA II
Arsenico e Priscilla
ARSENICO – PRISCILLA. Sbirciano dalla propria porta ed escono
piano, piano. Ognuno di loro due pensa di nuovo che l’altro se ne sia andato.
Quando, invece, si rivedono.
ARSENICO. A quanto pare la
mia preghiera non è stata ascoltata.
PRISCILLA. Ciò vuol dire che
non hai pregato abbastanza. (Si toglie il
cappello e la maschera) che caldo con questa roba!
ARSENICO. Oh! Finalmente ti
posso vedere in viso.
PRISCILLA. Non metterti
strane idee in testa.
ARSENICO. Oh, stai sicura
che ora che ti ho vista non corri nessun rischio. (Si tocca i pantaloni) come tengono caldo questi pantaloni…
PRISCILLA. (Preoccupata) non te li vorrai togliere
vero?
ARSENICO. No, stai
tranquilla. E non lo faccio certo per te, ma per loro (indica il pubblico). Questi pantaloni mi tengono caldo perché
stringono in un modo esagerato. È da tanto tempo che non li indosso e sono
arrivato alla conclusione che gli abiti lasciati negli armadi per parecchio
tempo, si stringano.
PRISCILLA. Vero, anch’io
penso la stessa cosa. La scorsa settimana volevo indossare un abito che da
parecchi anni non indossavo e mi stringeva dappertutto.
ARSENICO. Bene, ora che so
che il tuo abito non ti va più bene, te ne vuoi andare e lasciare il campo a
me?
PRISCILLA. Non ci penso
nemmeno. Io di quì non mi muovo.
ARSENICO. (Al pubblico) non posso cacciarla questo
è sicuro. Si metterebbe ad urlare come una pazza e richiamerebbe l’attenzione
della padrona di casa.
PRISCILLA. Esatto!
ARSENICO. Sai che quando si
parla al pubblico non si deve ascoltare e si deve far altro in scena. (Al pubblico) non vale nulla come
attrice, figuriamoci come ladra. (La
guarda ma Priscilla fa altro) ora che volevo ascoltasse…
PRISCILLA. Dato che io non
me ne vado, ti conviene dividere il bottino con me.
ARSENICO. (Pensa) ad una condizione: il comando è
affidato a me.
PRISCILLA. (Ironica e sull’attenti) agli ordini
Grande Capo… non so il suo nome Grande Capo?
ARSENICO. Mi chiamo
Arsenico.
PRISCILLA. (Ride) come?
ARSENICO. Arsenico. Posso
sapere cosa c’è che non va nel mio nome?
PRISCILLA. Nulla. (Al pubblico) con un nome così è meglio
non avvicinarsi troppo, c’è “pericolo di morte”. (Ride).
ARSENICO. E perché ridi?
PRISCILLA. Ora è proibito
ridere nei luoghi pubblici?
ARSENICO. No, certo. Ma
ridere del mio nome si, però. E poi questo non è un luogo pubblico, comunque.
PRISCILLA. (Al pubblico) a me sembra di si, guarda in
quanti siamo! Gira più gente qui che in supermercato!
ARSENICO. E io… posso sapere
qual è il tuo nome?
PRISCILLA. Certamente. Mi
chiamo Priscilla.
ARSENICO. (Al
pubblico) e lei ha il coraggio di ridere del mio nome! Senti “Catacombe di Priscilla
in Roma” ora tu seguirai passo per passo ciò che ti dirò da fare. Va bene?
PRISCILLA. (Ironica) signor si, Grande Capo! (Segue Arsenico che cammina. Lui inciamperà
e lei farà lo stesso). Hai sentito Arsenico come il nostro sindaco usa i
nostri soldi?
ARSENICO. Certo. (Ironico) li usa per occuparsi dei “casi
umani più disperati”. È un uomo con un grande cuore.
PRISCILLA. Allora
sicuramente non avrà nulla in contrario se altri due “casi umani”, come noi,
gli ripuliscono la casa!
ARSENICO. Dipende. Quello
vede solo ciò che vuol vedere. Dai, affrettiamoci. (Apre un cassetto) guarda quel portafoglio.
PRISCILLA. (Lo guarda intensamente).
ARSENICO. (Si sposta un passo avanti e si accorge che
Priscilla non prende il portafoglio) allora?
PRISCILLA. Allora cosa? Devo
guardarlo ancora per molto invece?
ARSENICO. Ma che stai
facendo?!
PRISCILLA. Tu, mi hai detto:
“guarda quel portafoglio”. Ed io lo sto guardando.
ARSENICO. (Adirato) si, ma guardare “dentro” al
portafoglio! Controllare se ci sono dei soldi! (Fra se) proprio con una novellina dovevo imbattermi?!
PRISCILLA. Guarda che anche
tu sei un novellino (Guarda nel
portafoglio e non c’è nulla).
ARSENICO. Si, un novello ma
più dotato di te. Su, controlla se c’è altro nel cassetto.
PRISCILLA. (Guarda e trova un orologio) ho trovato
un orologio!
ARSENICO. Controllalo bene.
PRISCILLA. (Controlla se l’orario e la data dell’orologio
coincidano col suo. Al pubblico) questo orologio porta la data sbagliata. (Pensando, sempre al pubblico) per
forza, il mese scorso era solo di trenta giorni! (Sistema l’orologio e lo rimette nel cassetto e poi lo chiude).
ARSENICO. (Di spalle) hai controllato l’orologio?
PRISCILLA. Perfettamente!
ARSENICO. Era d’oro?
PRISCILLA. Ah, non lo so.
ARSENICO. Come non lo sai? Non
ti avevo detto di controllarlo? (Si gira
verso Priscilla).
PRISCILLA. Infatti, l’ho
controllato e dopo aver visto che la data era sbagliata, l’ho sistemata.
ARSENICO. (Al pubblico) ditemi voi, che devo fare io,
con una così! È mai possibile che tu… (Voci
fuori scena a destra e i due rientrano subito nella loro porta sul fondo).
SCENA III
Sindaco e Cecilia
SINDACO. (Solo voce fuori scena a destra) Cecilia,
per caso è stato annullato uno dei miei due appuntamenti da tua madre?
CECILIA. (Sta per parlare ma viene subito interrotta)
ecco…
SINDACO. Ricorda che io non
posso assolutamente rinunciare sia al primo che al secondo appuntamento. (Entrano in scena) a mezzogiorno ho
l’incontro con
CECILIA. Sono perfettamente
d’accordo signora Adelaide. Io però non sono qui per mia madre, perciò i suoi appuntamenti
sono salvi.
SINDACO. Ah, bene. Mi avevi
fatto seriamente preoccupare Cecilia.
CECILIA. Sono qui da lei…
perché ho bisogno di un favore.
SINDACO. Prego, dimmi pure. Se
posso fare qualcosa per te…
CECILIA. Ecco … volevo
chiederle se … sarebbe possibile concedere al mio gruppo culturale… un piccolo
contributo. Già mi ha concesso, gratuitamente, il locale dove svolgere gli
incontri.
SINDACO. Tutto qui? Ma certo
cara. Devi sapere che è molto più difficile trovare una parrucchiera libera il
sabato che avere un contributo da me.
CECILIA. Allora mi sento già
sollevata. Sa, però… deve sapere che è un gruppo un po’… particolare.
SINDACO. Ogni gruppo
culturale ha la propria particolarità. Di cosa tratta il tuo?
CECILIA. Ecco, il mio gruppo
si interessa di… carte
SINDACO. Di… carte?
CECILIA. Si, signora
Adelaide, io insegno al mio gruppo culturale a giocare a carte.
SINDACO. Molto interessante!
CECILIA. Grazie signora
Adelaide, sa, a volte le persone non riescono a capire l’importanza di un
gruppo culturale di questo tipo. Lei deve sapere che io insegno giochi di carte
tradizionali come: briscola, scala 40, scopa, briscoline, rubamazzetti. Ma anche
giochi ormai dimenticati come: perlina, busche e mambassa.
SINDACO. Molto interessante
Cecilia.
CECILIA. Lei capisce che,
come in tutte le cose, si hanno delle spese.
SINDACO. Si capisco. Le
carte… (pensa)… le carte (pensa)… le carte. No, no, qui ci vuole
assolutamente un contributo.
CECILIA. Grazie, grazie, non
so come ringraziarla.
SINDACO. Come non potrei? Chissà
quante paia di carte ti serviranno! Nella prossima delibera di Giunta , ci sarà
un contributo per il tuo gruppo, stanne certa.
CECILIA. Grazie signor
sindaco, sapevo che lei aveva un cuore d’oro.
SINDACO. Oh, “cuore d’oro”…
non esageriamo ora. Capisco perfettamente quando qualcuno si adopera in qualcosa
di prezioso e interessante per la comunità ed ha bisogno di un segno forte da
parte delle autorità locali.
CECILIA. Grazie ancora
signora Adelaide. Non so come ricambiare questo enorme favore.
SINDACO. (Mentre
escono) non ce n’è bisogno, stai tranquilla. L’importante che tu prosegua
in questa tua missione. E magari, un giorno o l’altro mi iscrivo pure io al tuo
gruppo culturale. A me è sempre piaciuto giocare a carte.
SCENA IV
Priscilla e Arsenico
PRISCILLA. (Rientrando in scena) è proprio un bel
sindaco il nostro! Da contributi a tutti lui!
ARSENICO. (Rientrando in scena) non credo sia il
caso di criticare il sindaco quando anche noi, vogliamo qualcosa da lui.
PRISCILLA. Io assolutamente
nulla!
ARSENICO. Non sei qui a
rubare in casa sua forse? (Inizia a
mettere qualcosa nel suo sacco).
PRISCILLA. Ah, beh… certo.
Hai ragione. (Pensa) non dovremmo
preoccuparci però, vedrai che lui troverà una soluzione anche a questo, o si
darà un contributo o si aumenterà lo stipendio da sindaco e così recupererà tutte
le perdite.
ARSENICO. Mettiamo qualcosa nel
sacco e andiamocene in fretta. (Si
allontana per prendere qualcosa e lascia incustodito il suo sacco).
PRISCILLA. (Guarda nel sacco di Arsenico e poi toglie
ciò che c’è dentro e lo mette nel suo di sacco).
ARSENICO. (Ritorna e vede tutto) che stai facendo?
PRISCILLA. Sto rubando, non
vedi?
ARSENICO. Ma è la mia
refurtiva! (Al pubblico) se non mi
beccano, giuro che la prossima volta ci penso due volte se rubare ancora.
ARSENICO – PRISCILLA. (Voci fuori scena a destra e i rientrano
subito nella loro porta sul fondo).
SCENA V
Sindaco ed Ernesto
SINDACO. (Fuori scena a destra) mi ha detto che
si chiama …?
ERNESTO. (Fuori scena a destra) Ernesto, signor
sindaco. Mi chiamo Ernesto.
SINDACO. (Entrando da destra) prego, signor
Ernesto si accomodi e mi dica in che posso esserle d’aiuto.
ERNESTO. Vede … io sono un
modesto operaio. Sono sposato con tre figli e nel tempo libero, con altri
amici, sto portando avanti un progetto di volontariato indirizzato alle persone
della terza età e ai bambini.
SINDACO. Bene.
ERNESTO. Il nostro
volontariato consiste nell’accompagnare persone anziane e bambini, nei vari
ospedali per le loro visite specialistiche. Svolgiamo questo impegno tutto a
nostre spese e perciò chiedevo a lei se forse …
SINDACO. Male! Molto male
non chiedere a queste persone di partecipare alle spese!
ERNESTO. Le ricordo che chi
ricorre a noi è quasi sempre in seria difficoltà economica. Non ci sembra giusto
che le nostre spese gravino su di loro.
SINDACO. (Ironica) si, capisco, ma su qualcuno
dovranno pur gravare, queste spese, a quanto pare.
ERNESTO. Vede signor
sindaco, noi impegniamo tutto il nostro tempo libero, a volte sacrificando
addirittura la famiglia, per aiutare e per dare una speranza a queste persone sofferenti.
SINDACO. (Dopo qualche secondo) allora?! Tutto
qui?
ERNESTO. A me non sembra
poco signor sindaco, tenga conto che è l’unico gruppo di volontariato di questo
tipo in città ed è per questo che io le chiedo, anche a nome dei miei amici, un
sostegno, un piccolo contributo, per proseguire nel nostro progetto già ben
avviato.
SINDACO. Signor Ernesto,
sono dispiaciuto, ma non conti su nessun contributo da parte
dell’amministrazione comunale per questo suo progetto (ride) “di volontariato”. Non abbiamo soldi. Finiti!
ERNESTO. Ma come, signor
sindaco? Mi è stato detto che lei è una persona molto sensibile nei confronti
dei progetti umanitari e con chi si prodiga in tal senso.
SINDACO. Si è così. Infatti
non ho mai negato un aiuto a chi ne avesse veramente manifestato il bisogno.
ERNESTO. Ma noi ne abbiamo
bisogno e se nessuno ci aiuta, dovremo rinunciare e sarebbe un peccato
diminuire il nostro impegno di volontariato solo perché non possiamo permetterci
ancora per molto di accollarci tutte le spese.
SINDACO. Io, come ho già
detto non posso aiutarvi. E se non le dispiace ora avrei parecchie cosa da fare
(gli indica l’uscita a destra).
ERNESTO. (Risentito) si, me ne vado, ma si
ricordi che non mi arrendo facilmente! (Esce
a destra).
SINDACO. Certe persone sono così
… così … “limitate” si inventano di tutto per spillare soldi al comune. Ma io,
non mi lascio abbindolare! (Esce a
destra).
SCENA VI
Arsenico e Priscilla
ARSENICO. (Uscendo dal fondo) facciamo presto o
finiremo nei guai.
PRISCILLA. (Uscendo dal fondo) hai sentito il
sindaco?
ARSENICO. Non perderti in
chiacchiere e arraffa più roba che puoi.
PRISCILLA. Ma tu lo hai
sentito? All’unica persona degna di essere aiutata, il sindaco, che fa? Nega il
contributo!
ARSENICO. Senti Priscilla,
lascia gli affari del sindaco a lui e noi pensiamo ai nostri. Prendi questo
sacco e infilaci un po’ di roba.
PRISCILLA. Non… ce la
faccio! Non sopporto queste ingiustizie! Come vorrei fargliela pagare!
ARSENICO. (Ironico) davvero? Davvero vorresti
fargliela pagare?
PRISCILLA. Certo!
ARSENICO. E allora derubagli
lo studio!
PRISCILLA. (Si guarda in giro) è vero! E gli
porterò via tutto!
ARSENICO. Finalmente!
SINDACO. (Voce fuori scena a destra) lei è quella
matta di prima al telefono?
SIBILLA. (Alzando la voce e sempre fuori scena a
destra) io non sono per nulla matta e se non mi dice subito dove tiene mia
sorella io … (viene interrotta).
SINDACO. (Voce fuori scena a destra) non le permetto di usare quel tono di
voce in casa mia.
PRISCILLA. (Al pubblico) quella voce io …
ARSENICO. Questa non è una
casa, ma è un … manicomio! Nascondiamoci Priscilla! (Entra nella porta di sinistra sul fondo).
PRISCILLA. (Sorpresa) quella voce … mi sembra di
conoscerla…
ARSENICO. (Esce dalla sua porta e la trascina nella
porta a destra sul fondo. Poi lui entra di nuovo in quella di sinistra).
SCENA VII
Sindaco e Sibilla
SINDACO. (Entrando da destra) lei ora mi deve
dire che cosa vuole da me e perché mi sta facendo impazzire.
SIBILLA. Le chiedo solo di
dirmi dov’è!
SINDACO. Senta signorina, io
non so di chi lei stia parlando.
SIBILLA. Lei lo sa molto
bene invece. (Al pubblico) sta
negando la sua presenza … (al pubblico,
preoccupata) forse vuol dire che l’ha beccata? (Al sindaco preoccupata) ha già chiamato la polizia?
SINDACO. Polizia? (Scocciata) senta, se non se ne va
subito da casa mia, eccome se chiamerò la polizia! Lei mi sta facendo perdere
la pazienza.
SIBILLA. (Al pubblico) se non ha chiamato la
polizia, vuol dire che non l’ha beccata.
SINDACO. Allora? Se ne vuole
andare o devo usare le maniere forti?
SIBILLA. (Al pubblico) che mia sorella abbia
sbagliato casa?
SINDACO. (Prende il telefono) devo arrivare a comporre
il numero della polizia?
SIBILLA. Va bene. Va bene,
me ne vado. (Al pubblico) per il
momento. (Esce a destra).
SINDACO. E non si faccia più
vedere! Una pazza! Una pazza da rinchiudere! (Esce anche lei a destra).
SCENA VIII
Arsenico e Priscilla
ARSENICO. (Uscendo) sbrighiamoci e andiamocene in
fretta.
PRISCILLA. (Uscendo sbalordita) quella… quella…
quella era… mia sorella.
ARSENICO. (Si ferma) come? Quella …
PRISCILLA. Si, quella era
mia …sorella.
ARSENICO. Come? Quella pazza
che cercava la sorella… è tua sorella?
PRISCILLA. Si.
ARSENICO. E perciò sua
sorella… saresti tu?
PRISCILLA. Si.
ARSENICO. E tua sorella sapeva che saresti venuta a
rubare … qui!?
PRISCILLA. Si.
ARSENICO. Tua sorella sapeva
che venivi a rubare qui ed è venuta a cercarti?!
PRISCILLA. Si.
ARSENICO. Ma ti rendi conto
che poteva farci scoprire se il sindaco non fosse così pieno di sé?!
PRISCILLA. Lo so e ti chiedo
scusa, ma non capisco il motivo per cui l’ha fatto.
ARSENICO. Priscilla, scusa,
ma io non voglio più aver niente a che fare con te… e con la tua famiglia. Mi
prendo qualcosa solo per il fatto che non mi va di aver buttato via la giornata
e poi anche perché non voglio rimproveri da mia madre (Sta per prendere il sacco quando si sentono dei rumori dalla finestra.
Arsenico e Priscilla si nascondono in fretta sotto la scrivania).
SCENA IX
Arsenico,
Priscilla e Sibilla
SIBILLA. (Entra dalla finestra e lo farà in modo
buffo). Accidenti a questa finestra! (Piano)
Priscilla… Priscilla… sei qui?
PRISCILLA. (Al pubblico) ma questa… ma questa… è la
voce di mia sorella. (Si alza)
Sibilla! Che ci fai qui!?
SIBILLA. (Felice) Priscilla! Per fortuna stai
bene! (L’abbraccia) lo sapevo che
c’eri e che la padrona di casa mentiva.
ARSENICO. (Si alza) degne una dell’altra! Come è
possibile far visita alla sorella che sta rubando in casa d’altri?
SIBILLA. Prego, mi sorella
“sta lavorando” in casa d’altri. (A
Priscilla) e questo chi è?
PRISCILLA. Questo è Arsenico
e ci siamo trovati a “lavorare” nello stesso posto e nello stesso orario.
SIBILLA. (Ad Arsenico) lei, come si è permesso di lavorare in una casa già
occupata da mia sorella?!
ARSENICO. Io non sapevo che
sua sorella avesse fatto la mia stessa scelta.
SIBILLA. Anche questo è
vero. (A Priscilla) Priscilla, la
prossima volta ti converrebbe mettere un cartello fuori con scritto “casa occupata”!
ARSENICO. (Al pubblico, nervoso) non so se è
peggio l’una o l’altra!
PRISCILLA. Sibilla, posso
sapere perché sei venuta a cercarmi?
SIBILLA. È stata la mamma a
mandarmi a vedere come stavi, è il tuo primo giorno di lavoro e stavi
ritardando parecchio.
ARSENICO. (Al pubblico) madre, figlie, tutte della
stessa pasta. Ma si rende conto che con la sua presenza avrebbe potuto farci
scoprire? E per cosa? Perché è la prima volta ed è un po’ di ritardo?
PRISCILLA. Non mi hai detto
che questa è la prima volta anche per te?
ARSENICO. Si… e con questo?
SIBILLA. Con questo, io fossi
in lei comincerei a preoccuparmi invece. Lei ha un fratello?
ARSENICO. Si … perché?
SIBILLA. E anche una mamma
ansiosa scommetto?
ARSENICO. Beh… si… mia mamma
è piuttosto ansiosa.
PRISCILLA. Perciò, se due
più due mi da quattro, qualcosa mi dice che…
ARSENICO. (Preoccupato) … che se mia mamma è un
tipo ansioso come la vostra… c’è la possibilità che mandi… mio fratello a
cercarmi! Presto, andiamocene! Ci manca solo che arrivi mio fratello.
SIBILLA. E … com’è questo
suo fratello? Bello? Quasi, quasi, lo voglio aspettare.
ARSENICO. Io me ne vado (mette qualcosa nel sacco).
PRISCILLA. Si, si,
andiamocene in fretta (mette nel sacco
qualcosa).
SIBILLA. E… ve ne andate…
così? Scambiatevi almeno l’indirizzo … non so … il numero di telefono.
ARSENICO. (Mentre si avvicina alla finestra) ci
mancherebbe altro! Una volta basta e avanza.
PRISCILLA. (Mentre anche lei si reca alla finestra per
uscire) si, una volta basta e avanza anche per me!
SIBILLA. Ma come? Dopo la
bella esperienza che avete vissuto assieme?
ARSENICO. (Mentre sta per uscire) giuro che se non
vengo scoperto, è la volta buona che cambio lavoro per la paura di incontrarvi
di nuovo. Addio!
PRISCILLA. (Dietro Arsenico) spero di cuore di non vederti
più nemmeno io. (A Sibilla) Sibilla, muoviti
ad uscire e poi chiudi la finestra. Io ti aspetto in macchina (è uscita).
SIBILLA. (Sola, al pubblico) eppure ero convinta
che fossero fatti l’uno per l’altra. Forse è meglio che vada anch’io, sapete, non
vorrei che mia madre non vedendoci rientrare venisse a cercarci. (Esce
dalla finestra e la sta chiudendo quando arriva Adelaide).
SCENA X
Sibilla e Sindaco
SINDACO. (Entrando da destra, vede Sibilla fuori dalla
finestra) ancora intorno a casa mia? Non le avevo detto di andarsene?
SIBILLA. Infatti. Lo stavo
facendo quando passando per strada, mi sono accorta che questa finestra era per
metà aperta, mi sono sentita in dovere di fermarmi e di chiuderla subito. Ma
lei non pensa a quanti ladri ci sono in giro?
SINDACO. Ha ragione. Devo
stare più attenta. Grazie per il suo gesto gentile.
SIBILLA. Dovere, signora.
Dovere di onesta cittadina (va via).
SINDACO. Chi avrebbe pensato
che una matta del genere fosse capace di una gentilezza simile? (Sospirando) chi ci capisce qualcosa in
questo mondo è bravo! (Si accorge che
mancano degli oggetti nello studio) ma … ma … ma qui … sono spariti tutti i
miei oggetti preziosi! Sono stata derubata! Come è potuto accadere? La
finestra! Quella ragazza! È colpa di quella ragazza! Si, è colpa sua! Se solo
avesse chiuso prima la finestra!
SIPARIO