ELABORATRICE

 

GIUSEPPINA CATTANEO

 

http://giusicopioni.altervista.org/   

 

POSIZIONE S.I.A.E. N° 193077

 

Codice opera Siae 892497A

 

TITOLO

 

Il SERVITORE

DI DUE PADRONI

-10 personaggi-

 

(Libera elaborazione dall’omonima commedia di Carlo Goldoni)

 

COMMEDIA IN TRE ATTI

 

Personaggi

 

Pantalone de' Bisognosi

Clarice, sua figlia

Il Dottore Lombardi

Silvio suo figlio

Beatrice vestita da uomo sotto nome di Federigo Rasponi

Florindo Aretusi suo amante

Brighella, locandiere

Smeraldina, cameriera di Clarice

Truffaldino, servitore di Beatrice e poi di Florindo

Una cameriera della locanda

 

TRAMA

 

Pantalone, promette la mano di sua figlia Clarice a Silvio dopo aver saputo che il promesso sposo, Federigo, è stato ucciso in duello da Florindo, amante della sorella di lui, Beatrice. Florindo fugge e Beatrice, in abiti maschili, va in cerca dell’amato Florindo. Ella ha un servo, Truffaldino, che di nascosto diventa anche servo di Florindo, provocando tutta una serie di esilaranti equivoci.

ATTO PRIMO

 

In casa di Pantalone. Entrata dal fondo.

 

SCENA I

Pantalone, il Dottore, Clarice, Silvio e Brighella

 

SILVIO. Con questa mia mano, vi dono il mio cuore (a Clarice, porgendole la mano).

PANTALONE. Suvvia Clarice, non vi vergognate. Dategliela anche voi così sarete presto promessi sposi.

CLARICE. Eccovi la mia mano e prometto di essere vostra sposa.

SILVIO. Ed io vi prometto di essere il vostro sposo.

DOTTORE. Bravissimi! Ora non si torna più indietro. Mio figlio, caro Pantalone è un giovane di buon cuore. Ama vostra figlia e non pensa che a lei.

PANTALONE. Bisogna dire che questo matrimonio è un segno del destino, perché se non fosse morto Federigo Rasponi a cui avevo promesso mia figlia, suo figlio non poteva averla.

DOTTORE. Il cielo aiuta sempre gli innamorati. Ma come è avvenuta la morte di Rasponi?

PANTALONE. Poveretto. È stato ucciso a causa di sua sorella. Non so altro.

BRIGHELLA. Mi dispiace infinitamente.

PANTALONE. Lo conoscevi il signor Federico Rasponi?

BRIGHELLA. Certo che lo conoscevo. E ho anche conosciuto sua sorella di cui lui era molto legato. Una giovane molto coraggiosa che andava a cavallo e si vestiva da uomo.

PANTALONE. Mah! Le disgrazie sono sempre lì pronte. Ora basta con queste tristezze.

 

SCENA II

Pantalone, il Dottore, Clarice, Silvio, Brighella e Smeraldina

 

SMERALDINA. (A Pantalone) Signore, c’è un servitore di un forestiero che vorrebbe parlarvi. A me non ha voluto dir nulla.

PANTALONE. Fallo entrare e sentiremo che cosa vuole (Smeraldina esce).

CLARICE. Noi possiamo andare?

PANTALONE. E no, voi state qua. (Al pubblico) non è ancora il momento di lasciarli soli questi novelli.

 

SCENA III

Pantalone, il Dottore, Clarice, Silvio, Brighella, Smeraldina e Truffaldino

 

TRUFFALDINO. (Entra seguito da Smeraldina) Umilissima riverenza a tutti loro signori. Oh che bella compagnia!

PANTALONE. Chi sei, amico? Cosa volete?

TRUFFALDINO. Chi siete meravigliosa signora? (A Smeraldina).

SMERALDINA. Sono la cameriera, signore.

TRUFFALDINO. Mi congratulo con lei.

PANTALONE. Senta signore, smetta con queste cerimonie. Chi siete? Che volete? Chi vi manda?

TRUFFALDINO. Adagio, adagio. Tre domande in una volta sono troppe per me. (A Smeraldina) tornando a noi...

PANTALONE. Vuole dirmi chi è e che vuole?

TRUFFALDINO. Sono servitore del mio padrone. (A Smeraldina). Tornando a noi...

PANTALONE. Ma chi è questo vostro padrone?

TRUFFALDINO. Si chiama Federico Rasponi il mio padrone e mi sta aspettando di sotto con la risposta di potervi vedere. È contento? Vuol sapere altro? (A Smeraldina) allora, dicevo...

PANTALONE. Ma venga qui a parlare con me. Cosa diavolo dite?

TRUFFALDINO. E se vuole sapere il mio nome, io sono Truffaldino Batocchio da Bergamo.

PANTALONE. Non mi interessa chi tu sia, voglio sapere del tuo padrone. Credo di aver frainteso.

TRUFFALDINO. (Al pubblico) poveretto, sarà duro di orecchi. Il mio padrone è il signor Federigo Rasponi da Torino.

PANTALONE. Voi siete matto. Il signor Federigo Rasponi da Torino, è morto.

TRUFFALDINO. È morto?

PANTALONE. È morto. Purtroppo, per lui.

TRUFFALDINO. (Al pubblico) il mio padrone è morto? Eppure l'ho lasciato vivo di sotto! Dite davvero che morto?

PANTALONE. Vi dico la verità, è assolutamente morto.

TRUFFALDINO. (Al pubblico) il mio povero padrone! Gli sarà venuto un accidenti! Scusate (esce e poi ritornerà).

PANTALONE. Cosa devo pensare di quest'uomo? È un furbo, o un matto?

DOTTORE. Non saprei. Sembra che abbia un poco dell'uno e un poco dell'altro.

SMERALDINA. (Al pubblico) non mi dispiace quel morettino.

CLARICE. Se fosse vero tutto ciò, per me sarebbe una brutta notizia.

SILVIO. Se egli fosse anche vivo, sarebbe venuto troppo tardi.

TRUFFALDINO. (Ritorna) mi meraviglio di lor signori. Non si tratta così la povera gente. Non si ingannano così i forestieri. Dire che il signor Federigo Rasponi è morto, quando è qua, vivo, sano, spiritoso e brillante, e che chiede di poterla vedere.

PANTALONE. Il signor Federigo?

TRUFFALDINO. Il signor Federigo.

PANTALONE. Rasponi?

TRUFFALDINO. Rasponi.

PANTALONE. Da Torino?

TRUFFALDINO. Da Torino.

PANTALONE. Figlio mio, è meglio che tu vada all'ospedale, sei tutto matto.

TRUFFALDINO. Corpo del diavolo! Che mi venga un malanno se non si trova in questa casa!

PANTALONE. Allora, faccia venire avanti questo morto resuscitato, se insiste.

TRUFFALDINO. Non ho nulla in contrario che possa anche essere resuscitato. Ma ora è vivo e lo vedrete con i vostri occhi. Vado a chiamarlo (esce).

CLARICE. Silvio mio, tremo tutta!

SILVIO. Non vi preoccupate, qualunque cosa succeda, sarete mia.

DOTTORE. Ora chiariremo la verità.

PANTALONE. Venire in casa mia a raccontare fandonie!

BRIGHELLA. Come le dicevo prima, io ho conosciuto il signor Federigo. Vedremo se  è lui.

SMERALDINA. (Al pubblico) eppure, quel morettino non sembra un bugiardo (esce).

 

SCENA IV

Pantalone, il Dottore, Clarice, Silvio, Brighella e Beatrice da uomo

 

BEATRICE. (Entra) Signor Pantalone, le vostre lettere, colme di gentilezza, non corrispondono al trattamento che mi fate in persona. Vi mando il mio servo e voi mi fate stare all'aria aperta, senza degnarvi di farmi entrare che dopo mezz'ora?

PANTALONE. Le chiedo scusa, ma lei chi è?

BEATRICE. Federigo Rasponi di Torino, per obbedirvi.

BRIGHELLA. (Al pubblico) ma questo non è Federigo, è sua sorella Beatrice.

PANTALONE. Non so che dire… avevo avuto cattive notizie su di lei. Mi rincuoro vederla sano e vivo. (Piano al Dottore) anche se non ci credo ancora.

BEATRICE. Grazie al cielo invece fui solo ferito e appena guarito, eccomi qui come con voi concordato. Ecco le vostre lettere e vi accerterete meglio di me.

CLARICE. (Piano a Silvio) Silvio, siamo perduti!

SILVIO. (Piano  a Clarice) la vita perderò, ma non voi!

BEATRICE. (Al pubblico) c’è Brighella? Egli mi riconoscerà sicuramente! (Avvicinarsi a Brighella e ad alta voce) Amico, mi pare di conoscervi?

BRIGHELLA. Si signore, sono Brighella Cavicchio e faccio il locandiere. Non si ricorda di me?

BEATRICE. Ah si, ora ricordo. Siete un bravo galantuomo. (Piano) Vi prego, non mi scoprite!

BRIGHELLA. (Piano a Beatrice) stia tranquilla. Faccio il locandiere.

BEATRICE. Se aveste ancora dubbi, ecco qui il signor Brighella. Egli mi ha conosciuto a Torino e può assicurarla su di me.

BRIGHELLA. Infatti lo assicuro io.

PANTALONE. Se è così, caro signor Federigo, le domando scusa se ho dubitato di lei.

BEATRICE. Signor Pantalone, chi è questa signora? (indicando Clarice).

PANTALONE. È mia figlia Clarice.

BEATRICE. Quella destinatami in sposa?

PANTALONE. Si signore, quella (Al pubblico) Adesso è un bell’intrigo.

BEATRICE. Piacere signora (a Clarice).

CLARICE. Piacere (sostenuta).

BEATRICE. E quel signore è vostro parente? (Indicando Silvio).

PANTALONE. Si signore. È mio nipote.

SILVIO. No, signore, non sono suo nipote ma lo sposo della signora Clarice.

DOTTORE. (Piano a Silvio) Bravo! Di la tua ragione e non avere paura.

BEATRICE. Come! Non sono forse io lo sposo della signora Clarice?

PANTALONE. Si, e no. Signor Federigo, pensavo che la notizia della sua morte fosse vera e così ho dato mia figlia a Silvio. Comunque mia figlia è vostra. Io mantengo sempre la parola data. Signor Silvio, non so che dirle, vedete coi vostri occhi la verità.

SILVIO. Signore, siete arrivato troppo tardi. La signora Clarice è mia e non pensiate che io ve la ceda. Chi ostacolerà ciò, dovrà vedersela con me. (Esce).

DOTTORE. Signor Federigo, la signora Clarice la deve sposare mio figlio. La legge parla chiaro. (Esce).

BEATRICE. Ma voi signora sposa, non dite nulla?

CLARICE. Dico solo che siete venuto per tormentarmi. (Esce).

PANTALONE. Come ti permetti di rispondere a quel modo? (Le vuol correre dietro).

BEATRICE. Fermatevi, signor Pantalone. Col tempo spero di potermi meritare la sua fiducia. Intanto andremo ad esaminare i miei conti che è uno dei motivi per cui sono venuto a Venezia.

PANTALONE. È tutto in ordine. Le farò vedere il conto corrente. I suoi bezzi sono parecchi e faremo il saldo quando lei vorrà.

BEATRICE. Verrò più tardi per questo. Ora andrò con Brighella a spedire alcun lettere dato che lui è pratico della città.

BRIGHELLA. Con vero piacere signor Federigo.

PANTALONE. Se avesse bisogno di qualcosa non deve che chiedere.

BEATRICE. Se mi darete un anticipo, ne avrò piacere.

PANTALONE. Volentieri. Appena arriva il cassiere, le manderò i bezzi a casa. Va a stare dal mio amico Brighella vero?

BEATRICE. Si, vado da lui. Poi le manderò il mio servitore che è fidatissimo.

SMERALDINA. (Entra. A Pantalone) Signore, la chiamano.

PANTALONE. Vengo subito. Mi scusi se non la accompagno. Brighella, tu che sei di casa, accompagna il signor Federigo. Arrivederci.

BEATRICE. Non vi preoccupate per me.

BRIGHELLA. Posso sapere che fate qua, signora Beatrice?

BEATRICE. Per amor del cielo, non mi scoprite. Il povero mio fratello, è rimasto ucciso da Florindo Aretusi. Dovete sapere che Florindo mi amava e mio fratello non voleva che io gli corrispondessi. Non so come, ma fecero un duello dove Federigo mori, e Florindo fuggì. Lo sa il cielo quanto mi dispiace la morte di mio fratello e quanto ho pianto per questo, ma oramai non vi è più rimedio e mi da dolore la perdita di Florindo. So che era diretto qui a Venezia. Con gli abiti e con le lettere credenziali di mio fratello sono arrivata in questa città con la speranza di ritrovare il mio amato Florindo. Il signor Pantalone grazie alle lettere e alla vostra dichiarazione, mi crede Federigo. Riscuoterò il denaro che mi deve e così potrò soccorrere Florindo se ne avrà bisogno. Guardate dove conduce l'amore! Aiutatemi Brighella e sarete largamente ricompensato.

BRIGHELLA. Va bene, ma non vorrei che a causa mia il signor Pantalone, le desse del contante e poi rimanga truffato.

BEATRICE. Come truffato? Morto mio fratello, non sono io l'erede?

BRIGHELLA. È vero. Ma perché non scoprirvi?

BEATRICE. Se mi scoprono, non ottengo nulla. Pantalone vorrà farmi da tutore e tutti mi diranno che, non sta bene, non conviene e altro. Io invece voglio la mia libertà.

BRIGHELLA. Veramente lei è sempre stata una libertina. Lasci fare a me che l'aiuterò.

BEATRICE. Andiamo alla vostra locanda ora.

BRIGHELLA. (Mentre stanno uscendo) E il vostro servitore dov'è? Ma dove la preso martuffo?

BEATRICE. È sotto che mi aspetta. Sembra sciocco qualche volta, ma non lo è. Ed è molto fedele.

 

Fuori dalla locanda.

 

SCENA V

Truffaldino e Florindo

 

TRUFFALDINO. Sono stanco di aspettare. Con questo mio padrone si mangia poco e quel poco me lo fa sospirare. Mezzogiorno è già suonato da mezz'ora e il mezzogiorno delle mie budella è suonato già da due ore. Gli altri padroni appena arrivati in città, la prima cosa che fanno, vanno all'osteria. Lui no, lascia i bagagli qui e va a far visite dimenticandosi del suo povero servitore. Vedo una locanda, quasi quasi entro. E se poi il mio padrone mi cerca? Non importa. Ma ora che ci penso ho un altro problema che non ricordavo: non ho nemmeno un quattrino. Povero Truffaldino!

FLORINDO. (Entrando da destra). Ecco qui un'insegna di locanda.

TRUFFALDINO. (Al pubblico) se potessi guadagnare dei soldi! (Guarda Florindo). Signore, ha bisogno di me? La posso servire?

FLORINDO. Grazie galantuomo, aiutatemi a portare questo baule in quell'albergo.

TRUFFALDINO. Subito, lasci fare pure a me. (Prende il baule e lo porta dentro la locanda).

FLORINDO. Sono stato fortunato a trovare un così galantuomo. Come sarà questa locanda? Spero di trovarmi bene. (Truffaldino esce dalla locanda) Com’è questa locanda?

TRUFFALDINO. È una buona locanda signore. Bei letti, bei specchi, una cucina bellissima con un odore che risolleva. Sarà servito da re.

FLORINDO. Voi che mestiere fate?

TRUFFALDINO. Il servitore.

FLORINDO. Ora avete un padrone?

TRUFFALDINO. Adesso... veramente non l’ho.

FLORINDO. Allora siete senza padrone?

TRUFFALDINO. Eccomi qua. Come vede, sono senza padrone. (Al pubblico) qua non c'è il mio padrone, perciò non dico bugie.

FLORINDO. Verreste voi a servirmi?

TRUFFALDINO. A servirla? Perché no? Deve sapere però che il padrone che avevo prima, e che ora non ho più, mi dava un Filippo al mese più le spese. Voi quanto mi date?

FLORINDO. Bene, vi darò lo stesso e in  più un soldetto al giorno per il tabacco. Ora mi preme vedere se alla posta vi siano lettere per me. Eccovi mezzo scudo. Andate alla posta e domandate se vi sono lettere di Florindo Aretusi e se ve ne sono, portatemele subito.

TRUFFALDINO. Intanto lei faccia apparecchiare per pranzare.

FLORINDO. Sì, bravo, farò preparare (entra nella locanda).

TRUFFALDINO. Non è nemmeno vero che l'altro mio padrone mi dava un Filippo al mese. E poi quel signore torinese non lo vedrò più. E poi mi sembrava matto. Era un giovanotto senza barba e senza giudizio. È meglio che vada alla posta per questo signore ora (arriva Beatrice da destra).

 

SCENA VI

Truffaldino, Beatrice da uomo e Brighella

 

BEATRICE. Bravissimo. È così che mi aspetti?

TRUFFALDINO. Sono qua che vi aspetto signore.

BEATRICE. E perché mi aspettate qui e non nella strada dove ti ho detto? È una fortuna che ti abbia ritrovato.

TRUFFALDINO. Ho passeggiato un pochetto intanto che mi passasse la fame.

BEATRICE. Ora vai a prendere il mio baule e portalo nella locanda di Brighella (la indica).

TRUFFALDINO. (Al pubblico) diavolo! In quella locanda!

BEATRICE. Poi andrai alla posta e domanderai se ci sono delle lettere indirizzate a Federigo Rasponi e a Beatrice Rasponi. È mia sorella e avrebbe dovuto venire anche lei con me, ma per un problema è rimasta a casa. Qualche amica le potrebbe scrivere.

TRUFFALDINO. (Al pubblico) non sono chi servire. Sono l'uomo più inguaiato di questo mondo.

BRIGHELLA. (Piano a Beatrice) come mai si fa inviare lettere anche al suo vero nome se è partita segretamente?

BEATRICE. (Piano a Brighella) ho lasciato l'ordine di scrivermi ad uno mio fedele servitore e non so con quale nome egli mi possa scrivere. In seguito le racconterò il resto. (A Truffaldino) sbrigati! (Brighella e Beatrice entrano nella locanda).

TRUFFALDINO. Questa è bella! Ce ne sono tanti che cercano un padrone e io invece ne ho trovati due. Come posso fare? Tutte due non posso servirli? E perché no? Non è una bella cosa servirli tutte due e guadagnare due salari? È una bella cosa se loro non se ne accorgono. E se se ne accorgessero, non avrei nulla da perdere. Se mi manda via uno, rimango con l'altro. Alla fine avrò sempre fatto una bella cosa. Via alla posta per tutti e due.

 

SCENA VII

Truffaldino, Silvio e Florindo

 

SILVIO. (Entra da sinistra. Al pubblico) questo è il servo di Federigo Rasponi. Signore, dov'è il vostro padrone?

TRUFFALDINO. Il mio padrone? È in quella locanda.

SILVIO. Andate subito a chiamare il vostro padrone. Se è un uomo d'onore che venga.

TRUFFALDINO. (Al pubblico) ma quale dei due vorrà? Manderò il primo che troverò. (Entra nel locanda).

FLORINDO. (A Truffaldino) è lui che mi sta cercando? Io non lo conosco.

TRUFFALDINO. Io non ne so nulla. Vado alla posta a prenderle le lettere. (Esce a destra).

FLORINDO. (A Silvio) Siete voi che avete chiesto di me?

SILVIO. Io? Non ho l'onore di conoscervi. Sto aspettando invece un certo Federigo Rasponi.

FLORINDO. Davvero? L'ho conosciuto.

SILVIO. Vuole la mia sposa per una parola avuta dal padre, quando lei ha giurato il suo amore a me.

FLORINDO. State tranquillo amico, Federigo Rasponi non può far nulla. Egli è morto.

SILVIO. Sì, tutti credevano fosse morto, invece stamane giunse vivo a Venezia per mia disperazione.

FLORINDO. Federigo Rasponi, vi assicuro che è morto.

SILVIO. Federigo Rasponi, vi assicuro che è vivo. Il signor Pantalone, padre della ragazza, ha certissime prove che egli sia proprio Federigo Rasponi in persona.

FLORINDO. (Al pubblico) dunque non restò ucciso come tutti credettero! Qui Federigo? Io fuggo dalla giustizia e invece mi trovo di fronte il nemico!

SILVIO. Signore, scusate se vi ho importunato. Il mio nome è Silvio Lombardi. E il vostro?

FLORINDO. (Al pubblico) non posso scoprirmi. Orazio Ardenti.

SILVIO. Signor Orazio, scusate. (Esce a sinistra).

FLORINDO. Come può una stoccata, che lo trapassò, non averlo ucciso? Lo vidi anch'io disteso al suolo, esanime. Potrebbe darsi che non fosse morto. La stoccata non gli avrà toccato le parti vitali. Dato che non è morto, sarà meglio che io ritorni a Torino a consolare la mia diletta Beatrice che starà piangendo per la mia lontananza.

 

SCENA VIII

Truffaldino e Florindo

 

TRUFFALDINO. (Entra da destra ed ha con sé il baule di Beatrice. Vede Florindo e riporta il baule fuori scena. Entra di nuovo senza il baule). Sono qua signore.

FLORINDO. Sei stato alla posta?

TRUFFALDINO. Certo signore.

FLORINDO. Hai trovato le mie lettere?

TRUFFALDINO. (Estrae dalla tasca tre lettere. Al pubblico) oh diavolo! Ho confuso quelle di un padrone con quelle dell'altro. Come potrò sapere quale sono le sue? Io non so leggere.

FLORINDO. Mi dai le lettere?

TRUFFALDINO. Subito, signore. (Al pubblico) sono imbrogliato. Signore, le dirò che queste tre lettere non sono tutte per lei. Ho incontrato un servitore che mi conosce e mi ha pregato di controllare alla posta se c'erano lettere anche per il suo padrone. So per certo che ce ne fosse una, ma non so quale sia.

FLORINDO. Lascia vedere a me, prenderò le mie e l'altra te la renderò. (Al pubblico) cosa vedo? Una lettera diretta a Beatrice Rasponi? La mia Beatrice a Venezia!

TRUFFALDINO. L'ha trovata la lettera del mio amico?

FLORINDO. Posso sapere chi è questo tuo amico che ti ha dato questo incarico?

TRUFFALDINO. È un servitore... e si chiama Pasquale.

FLORINDO. Chi è che serve costui?

TRUFFALDINO. Non lo so signore.

FLORINDO. Ma se ti ha detto di cercare le lettere del suo padrone, ti avrà dato il nome.

TRUFFALDINO. Ecco... (al pubblico) l'imbroglio cresce. Ecco... me l'ha scritto su un pezzo di carta... che ho lasciato alla posta.

FLORINDO. (Al pubblico) non ci capisco nulla. Dove sta di casa questo Pasquale?

TRUFFALDINO. Non lo so in verità.

FLORINDO. E come potrai recapitargli la lettera?

TRUFFALDINO. Mi ha detto che ci vedremo in piazza. (Al pubblico) è un miracolo se questa volta la portò fuori. Mi dia la lettera e vedrò di trovarlo.

FLORINDO. No, questa lettera voglio aprirla.

TRUFFALDINO. Non si fanno queste cose. Lei sa che è contro la legge aprire le lettere?

FLORINDO. Questa lettera mi interessa troppo. È diretta ad una persona che a che fare con me in qualche modo. (La apre e legge).

Illustrissima Signora padrona, la sua partenza da questa città, ha dato motivo a tutto il paese di parlare. Tutti capiscono che lei abbia fatto tutto questo per seguire il signor Florindo. La Corte sa che lei è fuggita in abito da uomo. Ho spedito la presente lettera ad un mio amico fidato di Genova che poi lui a sua volta spedì a Venezia per non far scoprire il paese dove lei mi ha confidato andava. Se avrò novità, gliele comunicherò nello stesso modo.

Umilissimo e fedelissimo servitore. Tognin della Doira.

TRUFFALDINO. (Al pubblico) che bell’azione! Leggere i fatti degli altri!

FLORINDO. (Al pubblico) Beatrice partita da casa sua? In abito da uomo e per venire a cercarmi? Ella mi ama davvero. Volesse il cielo che io la ritrovassi a Venezia! Vai Truffaldino, cerca di ritrovare Pasquale e insisti perché ti dica chi sia il suo padrone. Se lo trovi conducilo qui da me e poi io ti darò una mancia molto generosa.

TRUFFALDINO. Mi dia la lettera e vedrò di trovarlo. Ma come posso dargliela così aperta?

FLORINDO. Digli che è stato un equivoco.

FLORINDO. Ora non perdere tempo, trova questo Pasquale. (Al pubblico) Beatrice qui a Venezia e Federigo qui a Venezia. Se la trova il fratello, povera lei. Devo trovarla prima io (esce a sinistra).

TRUFFALDINO. Voglio proprio vedere come mi riusciranno questi due servizi. Questa lettera che va all'altro padrone, mi dispiace portagliela aperta. Vedrò di piegarla io (fa varie piegature cattive). Ora però dovrei metterle il bollo. Farò come faceva mia nonna, che a volte bollava le lettere col pane. (Tira fuori dalla tasca un pezzetto di pane) voglio provare (mastica un po' di pane per sigillare la lettera, ma non volendo l'inghiotte). Oh diavolo! È andato giù. Devo masticare un altro boccone (fa lo stesso e l'inghiotte). Niente da fare, lo stomaco ha fame. (Ne mastica un altro pezzo, vorrebbe inghiottire il pane ma si trattiene e con gran fatica se lo toglie di bocca). Finalmente! (Sigilla la lettera col pane) sembra che vada bene. Sono proprio bravo. (Va a prendere il baule e lo porta nella locanda).

 

SCENA IX

Truffaldino e Beatrice da uomo

 

BEATRICE. (Esce dalla locanda con Truffaldino) sei stato alla posta?

TRUFFALDINO. Sissignore, c'è una lettera per vostra sorella. Eccola.

BEATRICE. Questa lettera è stata aperta.

TRUFFALDINO. Aperta? Non può essere!

BEATRICE. Aperta e sigillata col pane.

TRUFFALDINO. Non so come mai è sigillata così.

BEATRICE. Non lo sai vero? Briccone, ignobile, chi ha aperto questa lettera? Voglio saperlo.

TRUFFALDINO. Le dirò la verità signore. Tutti sbagliamo. Alla posta c'era una lettera per me e dato che so leggere poco, ho aperto la sua invece della mia. Le chiedo perdono.

BEATRICE. Se fosse così, non ci sarebbe nulla di male. L’hai letta questa lettera?

TRUFFALDINO. Niente affatto. È un carattere di scrittura che non capisco.

BEATRICE. La veduta nessuno?

TRUFFALDINO. No! (Meravigliandosi).

BEATRICE. (Al pubblico) non vorrei che costui mi ingannasse. (Legge piano).

TRUFFALDINO. (Al pubblico) anche questa è andata bene.

BEATRICE. (Al pubblico) Tognino è un servitore fedele. Bene. Truffaldino, io ora vado per un mio interesse. Tu vai nella locanda, apri il baule è da un po' d'aria ai miei vestiti. Eccoti le chiavi. Quando torno si pranzerà. (Al pubblico) Il signor Pantalone non si vede ancora (esce a destra).

TRUFFALDINO. E andata bene che così non si poteva. Sono un uomo di belle maniere.

 

 

 

 

SCENA X

Truffaldino e Pantalone

 

PANTALONE. (Entra da sinistra) senta amico, il vostro padrone è in casa?

TRUFFALDINO. No signore, non c'è.

PANTALONE. Sapete dove sia?

TRUFFALDINO. Non so.

PANTALONE. Viene a casa per pranzare?

TRUFFALDINO. Penso di sì.

PANTALONE. Prendi. Quando viene a casa dagli questa borsa con questi 100 ducati. Io non posso trattenermi perché ho da fare (esce a destra).

TRUFFALDINO. Dov'è? Viene a casa? Non mi ha nemmeno detto a quale dei miei padroni devo darlo.

 

SCENA XI

Truffaldino e Florindo

 

FLORINDO. (Entra da sinistra) Allora, hai ritrovato Pasquale?

TRUFFALDINO. No signore, non ho trovato Pasquale, ma ho trovato uno, che mi ha dato una borsa con 100 ducati.

FLORINDO. 100 ducati? Per cosa?

TRUFFALDINO. Signor padrone, forse aspetta denari da qualche banda?

FLORINDO. Sì, ho presentato una lettera ad un mercante.

TRUFFALDINO. Allora questi quattrini saranno vostri. E poi mi ha detto di darli al mio padrone.

FLORINDO. Allora sono miei senz'altro. Non sono io il tuo padrone? Non c'è dubbio.

TRUFFALDINO. (Al pubblico) lui non sa nulla dell'altro padrone.

FLORINDO. E non sai chi te li abbia dati?

TRUFFALDINO. Non lo so, ma quel viso mi sembra di averlo visto già, ma non ricordo.

FLORINDO. Sarà stato un mercante a cui sono raccomandato. Tu ricordati di Pasquale.

TRUFFALDINO. Dopo mangiato lo cercherò.

FLORINDO. Andiamo dunque a pranzare (entra nella locanda).

TRUFFALDINO. Andiamo. (Al pubblico) meno male che anche questa volta è andata bene. La borsa l’ho data a chi doveva riceverla (entra nella locanda).

 

SCENA XII

Pantalone e Clarice

 

CLARICE. (Entra da sinistra).

PANTALONE. (Entra da destra) Ti stavo cercando.

CLARICE. E io non voglio parlare con voi.

PANTALONE. Il signor Federigo deve essere vostro marito. Gli ho dato la mia parola.

CLARICE. Siete padrone di me signor padre ma questa è una tirannia.

PANTALONE. Avresti dovuto rispondere no a Federigo quando vi è stato chiesto. Ora non si può più rifiutare.

CLARICE. È tutta colpa della soggezione e del rispetto che non ho detto nulla. Ma io non sposerò Federigo.

PANTALONE. Non vi piace davvero?

CLARICE. È una persona odiosa.

PANTALONE. Dimenticatevi del signor Silvio e vedrete che vi piacerà.

CLARICE. Silvio è entrato nella mio cuore. Di più, quando ho avuto la vostra approvazione.

PANTALONE. (Al pubblico) da una parte mi dispiace.

CLARICE. Ahimè! Che tormento! (Piange).

PANTALONE. Su figlia mia, non piangete.

CLARICE. Non posso, mi sento scoppiare il cuore.

 

SCENA XIII

Pantalone, Clarice e Beatrice da uomo

 

BEATRICE. (Entra da destra) Riverisco signor Pantalone.

PANTALONE. Riverisco. Ha ricevuto la borsa con cento scudi?

BEATRICE. Io no.

PANTALONE. Gliel’ho data poco fa al suo servitore. Lei mi ha detto che è un uomo fidato.

BEATRICE. Si, certo. Non l’ho visto: me li darà quando ritorna. (Piano a Pantalone) come mai Clarice piange?

PANTALONE. (Piano a Beatrice) caro signor Federigo, bisogna compatirla. La novità che lei non è morto è causa di questo suo male.

BEATRICE. (Piano a Pantalone) lasciatemi solo con lei un momento, magari riesco a mettere una buona parola.

PANTALONE. (Piano a Beatrice) Va bene, vado. Figlia mia, torno subito. (Esce a destra).

BEATRICE. Signora Clarice…

CLARICE. Se sarò trascinata per forza alle vostre nozze, avrete tutto di me ma non il mio cuore.

BEATRICE. Voi siete arrabbiata, ma io spero di calmarvi e consolarvi.

CLARICE. Solo Silvio mi può consolare.

BEATRICE. Non potrò darvi il conforto del vostro Silvio, ma posso contribuire alla vostra felicità. Signora Clarice, devo confidarle un segreto.

CLARICE. Non vi prometto la segretezza. Tralasciate di confidarmelo. Mi fate solo del male.

BEATRICE. (Arrabbiata) V’ingannate. Se voi non volete me, io non saprei che farmene di voi. Se voi siete impegnata con Silvio, anch’io ho impegnato il mio cuore.

CLARICE. Ora cominciate a piacermi.

BEATRICE. Se mi promettete segretezza, vi confiderò un segreto che vi farà stare in pace.

CLARICE. Giuro di osservare il più assoluto silenzio.

BEATRICE. Io non sono Federigo Rasponi, ma sua sorella Beatrice.

CLARICE. Oh, che dite! Voi siete una donna?

BEATRICE. Si, sono una donna. Come avrei potuto aspirare alle vostra nozze.

CLARICE. E che mi dite di vostro fratello?

BEATRICE. Purtroppo egli morì in duello e della sua morte fu accusato il mio amante. Ed ora vi prego di non tradirmi. Vi ho confidato tutto ciò per più motivi: perché mi dispiaceva vedervi afflitta, perché mi sembrate una ragazza di cui fidarmi e per ultimo, perché il vostro Silvio mi ha minacciato e non vorrei che mettesse in pratica ciò che ha detto.

CLARICE. Permettete che io lo dica a Silvio?

BEATRICE. No, anzi, ve lo proibisco.

CLARICE. Non parlerò allora. Anzi vi sarò amica e di qualsiasi cosa abbiate bisogno, chiedete.

BEATRICE. Anch'io vi giuro eterna amicizia. Datemi la vostra mano.

CLARICE. (Indecisa) non so...

BEATRICE. Avete paura che io non sia una donna?

CLARICE. Credetemi, mi sembra un sogno.

BEATRICE. Infatti non sembra una cosa normale. Diamoci la mano in segno di amicizia e di fedeltà.

CLARICE. Ecco la mano, non ho nessun dubbio che mi stiate ingannando.

 

SCENA XIV

Pantalone, Clarice e Beatrice da uomo

 

PANTALONE. (Entra da destra) Bravi! Sono molto contento di quello che vedo.

BEATRICE. Non vi dissi, signor Pantalone che l'avrei calmata?

PANTALONE. Bravo! Avete fatto più voi in quattro minuti che io in quattro anni. Dobbiamo fissare al più presto questo matrimonio.

CLARICE. Padre, non abbiate tanta fretta.

BEATRICE. Prima sarà necessario che sistemiamo i nostri conti, signor Pantalone.

PANTALONE. Faremo tutto. Queste sono cose che si fanno in due ore. A stasera (esce a destra).

CLARICE. Signora Beatrice, esco da una preoccupazione per entrare in un’altra.

BEATRICE. Abbiate pazienza. Tutto potrà succedere, fuor che io vi sposi.

CLARICE. E se Silvio mi crede infedele? Se gli potessi svelare la verità…

BEATRICE. Io non vi disimpegno dal giuramento.

CLARICE. Che devo fare ora?

BEATRICE. Soffrire un poco. Ricordate che dopo ansie e tormenti gli innamorati sono più forti (esce a destra).

CLARICE. Non mi riesce di essere forte finché sono circondata da preoccupazioni. In questa vita o si pena o si spera  e poche volte si gioisce.

 

 

 

SIPARIO

 

 

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