AUTRICE
GIUSEPPINA CATTANEO
http://giusicopioni.altervista.org/
POSIZIONE S.I.A.E. N° 193077
Codice opera Siae 948539A
TITOLO
MI SCUSI, LEI È DIO?
COMMEDIA BRILLANTE
IN DUE ATTI
Personaggi
GIULIO
MATILDE moglie di Giulio
ANTONIO Fratello di Matilde
GIOVANNI segretario del parroco
PARROCO
POSTINA Dio e postina
SINDACO
AGOSTINA presidente associazione
“Donare per lodare”
MARILENA moglie del sindaco
TRAMA
E se
un giorno si presentasse alla nostra porta Dio? Quante domande avremmo da
porgli? E se fosse lui a chiederci qualcosa, come per esempio … salvare
l’umanità dalla fine del modo?! È ciò che accade a Giulio, il protagonista di
questa singolare commedia. Giulio sarà investito di questa enorme
responsabilità, mentre intorno a lui la gente ignara di ciò che sta per
accadere, continuerà a concentrarsi solo su sé stessa e sulle frivolezze della
vita. Riuscirà Giulio nel suo divino compito?
ATTO
PRIMO
Casa
di Giulio e Matilde. Mattino.
SCENA
I
Giulio
e Matilde
MATILDE. (Si
sta preparando il caffè).
GIULIO. (Entra
in scena) buongiorno Matilde. Sei caduta dal letto stamattina?
MATILDE. Chi dorme
non piglia pesci.
GIULIO. Perché
oggi si va a pescare?
MATILDE. Come sei
spiritoso!
GIULIO. Non quanto
te.
MATILDE. Ma ti sei
alzato col piede sbagliato?
GIULIO. No, cara.
Io mi alzo con i piedi pari. (Si prepara la sua colazione).
MATILDE. E prima o
poi te li taglio quei piedi se non li tieni a bada la notte.
GIULIO. E io farò
lo stesso con i tuoi, visto che tutte le notti li devo scaldare su di me.
MATILDE. I miei
piedi non sono freddi!
GIULIO. No, è
vero. Non sono freddi. Sono ghiacciati.
MATILDE. Visto che
siamo in argomento ti chiedo la cortesia di smettere di contare le pecore ad
alta voce prima di addormentarti, mi dà molto fastidio.
GIULIO. Scusa
cara, c’è chi conta le pecore e (alludendo a lei) c’è chi conta le gocce
di valeriana per dormire. Vogliamo parlare di tutte le volte che mi insulti
mentre stai dormendo?
MATILDE. Sei
sicuro che stessi dormendo?
GIULIO. Ma che bei
complimenti di prima mattina.
MATILDE. Lo sai
che al mattino non devo essere infastidita. E quindi è solo colpa tua se esce
la parte peggiore di me.
GIULIO. Si, come
no. Si dice che la colazione sia il pranzo più completo della giornata.
MATILDE. Si, è
vero.
GIULIO. Dopo, ci
sei tu. Che è tutto un dire.
MATILDE. Ah, bene,
mi fa molto piacere. A proposito di colazione, mai una volta che mi avessi
portato la colazione a letto.
GIULIO. Dormi in
cucina se vuoi la colazione.
MATILDE. Oh, ma la
vuoi smettere? Smettila per favore che sono già nervosa di mio per la cena di
stasera.
GIULIO. La cena di
stasera?
MATILDE. Te la sei
dimenticata?
GIULIO. (Fingendo)
certo che no. La cena … certo … la cena di stasera con … per …
MATILDE. (Scocciata)
se fosse stata una cena organizzata da te con i tuoi amici hobbisti, non te ne
saresti di certo dimenticato!
GIULIO. Ti dico
che non me la sono dimenticata. Solo che … in questo momento non la ricordo.
MATILDE. Stasera
abbiamo la cena del CPN.
GIULIO. Ma si,
certo! Ora ricordo perfettamente tutto. Il CPN! Come ho potuto non ricordarlo? Il
CPN!
MATILDE. Mi prendi
in giro?
GIULIO. Non potrei
mai! Il CPN! (Al pubblico) ma che diavolo sarà mai questo CPN? “cerco
patente nautica”! No, quello era l’anno scorso. CPN … “cintura per nipote”.
Impossibile, non abbiamo nipoti!
MATILDE. (Spazientita)
CPN: Comitato Pro Natale! Non posso crederci che te lo sia dimenticato! Eri
così entusiasta quando te l’ho proposto. Non stavi più nella pelle. Non vedevi
l’ora che arrivasse la serata della cena!
GIULIO. Davvero?!
Sei sicura che stessi parlando con me e non con una tua amica?
GIULIO. Parlavo
con te, certo. Ma come al solito tu non c’eri con la testa. Chissà dov’eri! Sempre
a pensare alle tue insulse collezioni.
GIULIO. Le mie
collezioni non sono insulse! Hai capito?
MATILDE.
Collezionare biro e penne scariche è utilissimo e di enorme valore. Per non
parlare dei tappi di metallo dei barattoli. Vogliamo aggiungere il tubo di
cartone delle patatine?
GIULIO. (Offeso)
tu non capisci perché non te ne intendi di queste cose. Non sai che mercato c’è
nella rete per questi oggetti rari e preziosi? I pezzi unici, possono valere
svariate centinaia di euro!
MATILDE. Giulio
ragiona! Come faranno ad essere pezzi unici i tappi della salsa di pomodoro che
si compra al supermercato?!
GIULIO. Fra qualche
decina di anni lo saranno! Si deve solo avere pazienza.
MATILDE. Si, fra
qualche decina di anni, noi ci saremo ancora e diventeremo ricchi con la tua …
spazzatura?! Ma smettila! Parliamo di cose importante invece.
GIULIO. Come la
cena de CPN?
MATILDE. Esatto.
Stasera ci saranno tutte le rappresentanze del paese, tra cui il parroco don
Eusebio e il sindaco Gomez. È una cena molto importante perché si dovrà assegnare
ruoli, compiti, funzioni, dare delle responsabilità … per non parlare poi dei
fondi per sostenere tutte le iniziative che il CPN deciderà di avviare.
Capisci?
GIULIO. Ecco …
qualcosina … non proprio tutto.
MATILDE. Ci avrei
scommesso. Dimmi cos’hai capito.
GIULIO. Tutto
quello che ho capito è che stasera avremo un sacco di gente a mangiare a sbaffo
a casa mia.
MATILDE. Nostra!
GIULIO. Come?
MATILDE. Nostra.
La casa è anche mia, non solo tua. E comunque il prestigio di immagine che ne
ricaveremo nel CPN, ci ripagherà di tutte le spese e i disagi che dobbiamo
affrontare. E ti sembra poca cosa?
GIULIO. Scusa è, a
chi è venuta l’idea di organizzare un comitato a favore del Natale? Il Natale è
già molto sentito, non c’è bisogno secondo me di un comitato.
MATILDE. Come
sempre, non capisci. Tu non capisci mai. Mai una volta che capisci.
GIULIO. Ho capito!
Vuoi andare avanti tutta mattina con ‘sta storia del “capisci”?
MATILDE. Del “non
capisci” vorrai dire. La nostra società sta cambiando, negli usi, nei costumi,
nelle abitudini insomma. Così, alcuni di noi …
GIULIO. Noi? Noi
chi?
MATILDE. Noi, noi
… insomma. La vuoi smettere di interrompermi? Dicevo, alcuni di noi hanno
deciso di creare un comitato che prolungasse lo spirito del Natale. Capisci? Ma
che te lo chiedo a fare!!
GIULIO. Ancora …
no.
MATILDE. Ma va? Allora,
vogliamo organizzare cene di Natale per gli anziani e per i poveri. Raccolte
fondi e pesche di beneficienza. Addobbare le case, le strade, portare un enorme
abete al centro della piazza del paese e invitare i bambini a visitare la
capanna della natività che collocheremo ai suoi piedi. Non sono idee
fantastiche?
GIULIO. Scusa è,
tutte queste iniziative ci sono già. A che serve un comitato?
MATILDE. (Entusiasta)
è qui che casca l’asino! Il comitato si impegnerà affinché queste iniziative …
durino tutto l’anno! Hai capito ora?
GIULIO. (Sconcertato)
oddio! Non dirai sul serio???
MATILDE. Ti
immagini Giulio? Un anno intero di Natale! E tutti coloro che avranno nostalgia
del Natale a marzo, a giugno, ad agosto, potranno visitare il nostro paese e
sentirsi finalmente … già a Natale! Lo spirito natalizio … sempre! Non è
fantastico? E ora esco perché devo andare a comprare il miglior pesce del paese
per la cena di stasera prima che qualcuno se lo accaparri.
GIULIO. Stai
dicendo sul serio o è uno scherzo?
MATILDE. Sei
rimasto bene impressionato vero? Chissà quando lo saprà il paese! Ora sveglia mio
fratello e preparagli la colazione. Mi raccomando sveglialo dolcemente. E non
come fai al solito battendo le pentole. Ci vediamo più tardi. Ciao (Esce di
scena).
GIULIO. Il Natale
tutto l’anno?! Io fatico a sopportarlo anche solo il 25 dicembre! Vi immaginate
sentire le canzoni natalizie a … Pasqua? (Canticchia) tu scendi dalle
stelle, o re del cielo … questi sono tutti matti!
SCENA
II
Giulio
e Antonio
ANTONIO. (Entra
in pigiama. Sbadiglia) che cos’è tutto questo baccano di prima mattina?!
GIULIO. Veramente
sono già le otto e mezza.
ANTONIO. Oddio,
com’è presto! (Sbadiglia e si siede). Dov’è il mio caffè?
GIULIO. Il tuo
caffè ti sta aspettando in cucina per essere preparato … da te.
ANTONIO. Nemmeno
ricordo come mi chiamo, come faccio a prepararmi il
caffè? Vuoi che mentre accendo il fornello, il sonno mi distragga e mi accada qualcosa?
Oppure che mi scotti le mani col caffè? Oppure che prenda fuoco tutta la casa? Oppure
…
GIULIO. Ho
capito!!!
ANTONIO. Poi cosa
diresti a mia sorella per giustificarti?!
GIULIO. Che c’è uno
scroccone in meno sulla Terra (Va a preparargli il caffè).
ANTONIO. Giulio,
sei disumano con me. Io sono solo al mondo, senza una casa, una famiglia, un
lavoro, mia moglie mi ha lasciato … (viene interrotto) e poi …
GIULIO. Non ti sei
mai chiesto perché tua moglie ti ha lasciato?
ANTONIO. Certo. E
mi sono dato una risposta.
GIULIO. Sentiamo.
ANTONIO. Lei
voleva troppo da me. Voleva che lavorassi per almeno otto ore al giorno e per
cinque giorni la settimana. Ti rendi conto?
GIULIO. Mi rendo
conto che aveva ragione.
ANTONIO. Ma tu mi
vedi? Come posso lavorare così tanto con tutti gli acciacchi che ho!?
GIULIO. E quali
sarebbero?
ANTONIO. Tutti gli
acciacchi che ho alla schiena, alle ginocchia, alla testa, alla pancia, al
collo, ai piedi, alle mani, alle … (viene interrotto) caviglie.
GIULIO. Tutto,
tranne alla lingua a quanto vedo.
ANTONIO. Anche a quella
a volte ho dei problemi sai? E poi scusa, ma io sono allergico al lavoro per
tanti motivi che ora ti elencherò. E poi vedremo se non sarai d’accordo con me.
GIULIO. Dubito.
ANTONIO. Uno. La
mattina fatico ad alzarmi presto dal letto. Due. Le scarpe che mi daranno non
si intonano con la divisa. Terzo. Il cibo della mensa non è di mio gusto.
Quarto. Certi ambienti lavorativi puzzano. Quinto. Il lavoro mi stanca assai. Sesto
io ho bisogno di dormire 10 ore al giorno e la notte.
Settimo …
GIULIO. Ho capito!
ANTONIO. Sei
d’accordo con me quindi?
GIULIO. Nemmeno
per sogno! Il lavoro nobilita l’uomo si dice. (Gli porta il caffè).
ANTONIO. Chi lo
dice? Io dico che il lavoro uccide il proprio tempo libero! L’unico lavoro che
sarei disposto a fare è il postino. Ecco, quello sì. È un sogno che mi porto da
bambino. Con quello guarirei da tutti i miei acciacchi.
GIULIO. Si, come
no. Ora le poste chiamano te!
ANTONIO. Non ci
sarebbe qualche biscotto?
GIULIO. Certo,
tutto quello che vuoi, gran riposatore. (Gli porta i biscotti, poi lo guarda
mentre sta mangiando i biscotti nel latte e sorride in silenzio).
ANTONIO. Ho fatto un
concorso tanti anni fa, sai? (Ad un certo punto si ferma) perché mi
guardi così?
GIULIO. Sto
aspettando che il veleno per topi che ti ho messo nel caffè faccia effetto.
ANTONIO. (Spaventato,
si alza) non l’avrai fatto sul serio, spero?! Oddio, mi sento male! Ma tu
non sai che sono allergico al veleno per topi?!
GIULIO. (Ride)
vedo che sei ben sveglio ora.
ANTONIO. Tu sei …
tu sei … con tutto quello che ho fatto per te da quando vivo qui!
GIULIO. E cosa
avresti fatto in due anni di onorata, anzi, disonorata presenza? Ti ascolto.
ANTONIO. Ho vigilato
la casa mentre voi eravate al lavoro. Ti sembra poco? Con me i ladri sono stati
alla larga.
GIULIO. Hai
vigilato? Tu l’hai occupata la mia casa, altro che vigilata.
ANTONIO. È casa
anche di mia sorella. E lei mi è riconoscente.
GIULIO. Io invece
non ti sono riconoscente! Quindi?
ANTONIO. Va bene,
allora vorrà dire che me ne andrò!
GIULIO. Promesso?
ANTONIO. Certo!
Vado a fare la valigia e me ne vado. Sono stanco di sentirmi insultato e deriso
da te per le mie disgrazie. Me ne vado e non provare a fermarmi.
GIULIO. Non ci
penso proprio. Sto aspettando che tu esca.
ANTONIO. Non mi
resta che andare a vivere sotto un ponte, al freddo e al gelo. Mangerò alla
mensa dei poveri e così avrò il mal di stomaco per giorni e notti. Mi vestirò
di stracci talmente logori che mi ammalerò di bronco polmonite cronica, ma
siccome non avrò denaro, non potrò comprare le medicine per curarmi e così
morirò, solo e abbandonato. E tu … (si avvicina minaccioso a Giulio) e
tu … mi avrai sulla coscienza per il resto della vita. Ma quale coscienza! Tu
non ce l’hai una coscienza. Addio. (Si dirige verso la camera da letto,
portandosi via la scatola di biscotti e il caffè).
GIULIO. (Lo
guarda uscire e gli batte le mani) che grande attore! (Al pubblico) ogni
due o tre giorni recita questa commedia. Fra poco rientrerà Matilde, che, come
al solito, avrà dimenticato qualcosa, e lui arriverà con la valigia vuota e
fingerà di andarsene. Con la mia valigia perché lui non ha nemmeno quella. Così
mia moglie reciterà la parte della sorella addolorata per il comportamento del
marito egoista e lui, il fratello nullatenente e nullafacente si gongolerà
tutto e ritornerà a far il nulla come sempre, come se nulla fosse successo.
SUONO
DI CAMPANELLO
GIULIO. Che vi
dicevo? È lei. Inizia lo spettacolo. (Si siede sul divano).
SCENA
III
Giulio
e Matilde
MATILDE. (Rientra)
ho dimenticato la mascherina azzurra per entrare in pescheria! Ma dove l’ho
messa?
GIULIO. Ma non è
verde quella per entrare in pescheria?
MATILDE. No,
quella verde è per entrare dal fruttivendolo. Ma dov’è? (La cerca).
GIULIO. Ti sbagli,
quella per entrare dal fruttivendolo è bianca.
MATILDE. Ma cosa
dici?! Bianca è quella per le farmacie e gli ospedali (cerca).
GIULIO. Il mese
scorso era bianca, adesso è rosa.
MATILDE. Rosa è
per i teatri e per i cinema.
GIULIO. E nera per i funerali. (Al pubblico) mia moglie ha
fatto delle mascherine un ornamento. Purtroppo.
SCENA
IV
Giulio,
Matilde e Antonio
ANTONIO. (Entra
con la valigia e si ferma).
MATILDE. Antonio,
cosa fai con quella valigia?
GIULIO. (Al pubblico)
come se non lo sapesse.
ANTONIO. Giulio mi
ha detto di andarmene.
MATILDE. Giulio!!
GIULIO. Non è
vero! È stato lui a dirmi che voleva andarsene. Io mi sono limitato a prenderne
atto.
MATILDE. Giulio!
Chiedi subito scusa a mio fratello e digli che può restare. Subito!
GIULIO. Non ci
penso nemmeno.
MATILDE. Antonio,
non preoccuparti, nessuno ti manda via, puoi restare tutto il tempo che vuoi.
GIULIO. Come può
restare? E quello che voglio io, non conta?! Chiedi a tuo fratello di aprire la
valigia e vedrai che è vuota. Non ha nessuna intenzione di andarsene. È solo
una finzione per farsi compatire. Avanti Antonio mostra a tua sorella cosa c’è
nella valigia.
ANTONIO. No!
GIULIO. Apri la
valigia Antonio!
ANTONIO. No!
GIULIO
E ANTONIO TIRANO LA VALIGIA DA UNA PARTE E DALL’ALTRA FINO A QUANDO SI APRE E
DENTRO CI SONO TANTE MASCHERINE COLORATE
MATILDE. Ecco dove
sono tutte le mascherine! Antonio!
ANTONIO. Matilde,
perdonami! Non so come siano finite nella mia valigia. (Guarda la valigia
che è di Giulio) anzi, nella valigia di Giulio.
MATILDE. Giulio! Perché
hai nascosto le mie mascherine pur sapendo che mi servivano!
GIULIO. (Piano
ad Antonio) questa me la pagherai! (A Matilde) cara, io non so nulla
delle tue mascherine. È stato Antonio.
MATILDE. Sei
veramente bravo a incolpare sempre mio fratello.
GIULIO. Ti dico
che è così!
MATILDE. Va bene,
va bene. Ora devo andare (prende la mascherina azzurra). Una cosa
Giulio, sii un po’ più comprensivo con tuo cognato. È l’unico che hai (esce).
GIULIO. E per
fortuna! Me ne vado nello studio Antonio, così sbollisco. E questo gioverà anche
alla tua salute. Ma non so per quanto.
ANTONIO. (Al
pubblico) mio cognato, non è cattivo. Non sa come prendere le persone. E
diciamolo, non ci arriva su certe cose.
SCENA
V
Antonio
e Giovanni
GIOVANNI. (Da
fuori) posso entrare? La porta è aperta.
ANTONIO. Avanti.
GIOVANNI. Ciao
Antonio.
ANTONIO. Ciao Giovanni.
Matilde è uscita.
GIOVANNI. Non sono
qui per Matilde ma per te.
ANTONIO. Per me?
GIOVANNI. Si. Ho
un piccolo lavoro da offrirti.
ANTONIO. Allora ti
chiamo Giulio.
GIOVANNI. Matilde
mi ha chiesto di trovarti un’occupazione.
ANTONIO. A me? Davvero?
Lavorerò alle Poste? Io adoro lavorare alle Poste! E quando inizio?
GIOVANNI. Alle
Poste? Non capisco? Io sono segretario del parroco e non delle Poste!
ANTONIO. Ah,
niente Poste. Allora io un’occupazione l’ho già!
GIOVANNI. E quale
sarebbe la tua occupazione?
ANTONIO. Guardiano.
C’è il guardiano del faro, il guardiano notturno e poi ci sono io, il guardiano
della casa.
GIOVANNI. Ma non
avete le chiavi per chiuderla come fanno tutti?
ANTONIO. Le
chiavi! Giovanni, sei rimasto ancora alle chiavi? Noi qui ci siamo evoluti!
Civilizzati! Sviluppati!
GIOVANNI. Scusa
allora. Sai, io avevo bisogno di te. Diciamo che la parrocchia aveva bisogno di
te. San Giuseppe lavoratore ne è un esempio.
ANTONIO. (Si
siede) stamane ho già fatto tante cose. Troppe. E mi sento stanco.
GIOVANNI. (Si
siede vicino) devi sapere che il sacrestano di don Eusebio deve assentarsi
dal paese per qualche giorno per motivi di salute e deve essere sostituito
nelle sue mansioni. E parlando con Matilde, lei avrebbe pensato a te.
ANTONIO. Matilde
mi adora. Vede quanto lavoro bene qui e vorrebbe che riservassi il mio servizio
anche ad altri. Ascoltarti non mi costa nulla. Sentiamo.
GIOVANNI. Come
prima cosa dovresti suonare le campane.
ANTONIO. Suonare
le campane? Ma non sono elettroniche?
GIOVANNI. Si, ma
proprio la settimana scorsa si è rotto il meccanismo e stiamo aspettando che
vengano a sistemarlo. E quindi si devono suonare a mano.
ANTONIO. Ma io non
so suonare le campane!
GIOVANNI. Ti
mostro io come devi fare, è semplice. (Si alza. Unisce le mani come per
tirare la corda delle campane e fa su e giù).
ANTONIO. Oh, ma
cosa stai facendo?
GIOVANNI. Suono le
campane.
ANTONIO. Ma sono senza
suono?
GIOVANNI. No, le
campane suonano.
ANTONIO. Ma io non
ho sentito. (Al pubblico) dovrò andare a farmi controllare le orecchie.
C’è qualcosa che non va.
GIOVANNI. Ma tu le
vedi qui le campane? No. Ti sto solo mostrando come farle suonare.
ANTONIO. Ma non si
sente! Devo suonare campane che non si sentono? Io dico di non suonarle allora.
GIOVANNI. Lasciamo
perdere le campane, lo farò io. Poi ci sarebbe da accendere le candele in
chiesa.
ANTONIO. Le
candele? Ma io sono allergico al fumo delle candele.
GIOVANNI. Giovanni,
le nostre candele non hanno fumo.
ANTONIO. Solo
arrosto? (Ride) tutto fumo, niente arrosto! Che bella battuta! (Ride).
GIOVANNI. Ma dove?
E poi è fuori luogo. Comunque, le nostre candele sono elettriche. Si accendono
da sole.
ANTONIO. Ah, se si
accendono da sole, è il lavoro che fa per me.
GIOVANNI. Meno
male. Si accendono da sole senza fiammiferi. Si deve solo azionare un
pulsantino.
ANTONIO. Un
pulsantino? Io dovrei azionare un pulsantino? Niente da fare, troppo lavoro. E
se si dovessero rompere come il meccanismo delle campane? Io non voglio fare il
candelabro! Scusa, ma non fa per me.
GIOVANNI. Va beh,
se hai questo timore le accenderò io. (Alza gli occhi al cielo) San
Guido, patrono dei sacrestani, aiutami tu!
ANTONIO. Ah, beh,
se c’è questo Guido io mi defilo. (Sta per alzarsi).
GIOVANNI. Non c’è
nessun Guido, stavo solo pregando.
ANTONIO. E lo fai
qui a casa mia? Ma ti sembra normale?
GIOVANNI. Ascoltami.
Ti chiedo allora di passare in chiesa con la questua.
ANTONIO. Questo si
che è interessante. E con cosa dovrei passare?
GIOVANNI. Mah, con
il solito cestino.
ANTONIO. Certo. Io
intendevo con che mezzo.
GIOVANNI. In che
senso “con che mezzo”? La questua si fa … a piedi.
ANTONIO. A piedi?!
Io dovrei camminare per tutta la chiesa? Non se ne parla nemmeno! O mi trovi
una macchinina elettrica o ti trovi qualcun altro!
GIOVANNI. Non ti
va bene nulla!
ANTONIO. Ma tu pensi
cosa mi proponi? Non c’è qualcosa che si possa fare senza fare troppo?
GIOVANNI. Il
sacrestano serviva anche messa quando i chierichetti sono a scuola. (Alza
gli occhi al cielo) San Tarcisio, patrono dei chierichetti aiutami tu! Dunque?
ANTONIO. Io il
chierichetto? E che dovrei fare?
GIOVANNI. Niente
di speciale. Portare sull’altare ciò che serve al parroco.
ANTONIO. Ma sono cose
pesanti?
GIOVANNI.
Assolutamente no.
ANTONIO. Beh,
quasi quasi …
GIOVANNI. Oh,
bene! E dall’altare dovrai anche contare le persone che sono presenti.
ANTONIO. Scusa? Io
dovrei contare le persone che vengono a messa?
GIOVANNI. Si,
certo. È per una statistica del parroco.
ANTONIO. Oh, ma
stiamo scherzando!!! Voi contate tutte le persone in chiesa!!!!!
GIOVANNI. Ecco …
ANTONIO. E chi non
sa contare??? Quando sono troppe le persone io … mi confondo. Sono discalculico.
GIOVANNI. (Che
non sa cosa sia) ah davvero? Eh no, se sei dis … sculo lì, meglio di no allora.
ANTONIO. Non
voglio fare figuracce.
GIOVANNI. Nemmeno
io. Allora … (viene interrotto) ci sarebbe …
ANTONIO. Manca
solo di sostituire il parroco e poi mi hai chiesto tutto! Scusa Giovanni, ma per
me si è fatto tardi. È l’ora del mio riposino mattutino.
GIOVANNI. Allora, niente.
Chiederò a qualcun altro.
ANTONIO. Ecco
bravo, chiedi a qualcun altro.
GIOVANNI. Però se
dovessi cambiare idea …
ANTONIO. Se cambio
idea ti chiamo col cellulare.
GIOVANNI. Ma tu
non hai il cellulare.
ANTONIO. Appunto.
Ciao.
GIOVANNI. Ciao. A
stasera. (Esce).
ANTONIO. Mi è
venuto un forte mal di testa ad ascoltare tutti quei lavori! Non vedo l’ora di
toccare il letto! (Esce).
SUONO
DI CAMPANELLO PIÙ VOLTE
SCENA
VI
Giulio
e Postina
GIULIO. (Da
fuori) Antonio apri tu? Antonio!! (Entra in scena) non apre nemmeno
la porta il mio bel cognatino! E mia moglie non veda la sua lazzaronaggine!
Lei vede il Natale tutti i giorni! Ma non vede quello che succede a casa sua.
POSTINA. (Entra
decisa e si va a sedere sul divano).
GIULIO. (Allibito)
buongiorno … mi scusi, lei chi è?
POSTINA. (Sarcastica)
un palombaro. Non si vede?
GIULIO. Volevo
dire … chi è … nel senso … cosa sta facendo … come si permette di entrare in
casa mia e di sedersi sul mio … (viene interrotto) … divano.
POSTINA. Senti
Giulio, non ho molto tempo da perdere, d’accordo? Quindi, siediti e stammi a
sentire. Io … (viene interrotta) sono qui per …
GIULIO. No, scusi,
mi stia a sentire lei! Questa è casa mia e lei non può …
POSTINA. (Schiocca
le dita).
GIULIO. (Cerca
di parlare ma la voce non gli esce. Riprova ma niente, la voce non esce).
POSTINA. Oh!
Finalmente te ne stai zitto. Quindi apri bene le orecchie e ascolta. Sono qui
per affidarti un compito. Un compito di alto livello. Non pensare ad un compito
di prima elementare perché sei fuori strada. Tanto so già che non riuscirai a
portarlo a termine, ma i miei consiglieri, angeli ficcanaso, mi hanno suggerito
questa strategia. Quindi sono qui per delegare ad un umano la responsabilità
della fine del Mondo. Si, lo so, è una cosa grossa. Non dirmi niente, non ci ho
dormito la notte. Non so che cosa ci trovino in te … però la decisione è presa,
e quindi, eccomi qui. Che ne dici, ci
stai?
GIULIO. (Sta
sempre cercando di parlare, ma le parole non escono dalla bocca).
POSTINA. Allora!?
Ah, già! (Schiocca le dita).
GIULIO. Lei chi
diavolo è?!
POSTINA. No, io non
sono il diavolo, sono l’altro. Cioè sarei il padre del figlio … meglio lascia
perdere. È difficile da capire anche per me, figurati.
GIULIO. (La
guarda intensamente) va bene, d’accordo ora io chiamo qualcuno che la possa
aiutare. Lei rimanga pure tranquilla qui, sul mio divano e io … prendo il
telefono e mi metto in contatto con …
POSTINA. (Batte
le mani).
GIULIO. (Vorrebbe
muoversi ma non riesce).
POSTINA. Senti
Giulio, io ho solo bisogno che tu mi dica se ti va o non ti va di fare questa
cosa per me, d’accordo? Devi solo rispondere si, oppure no. Libero arbitrio,
ricordi? Il bene o il male lo scegliete voi, io vi mostro solo le strade.
Allora Giulietto bello, me lo dici cosa vuoi fare così me ne torno a casa a
vedermi gli ultimi episodi della mia serie tv preferita?
GIULIO. (Sempre
immobile) ma lei chi è?
POSTINA. Ahhh! Ma non l’hai ancora capito? Io sono Dio.
GIULIO. (Sbigottito)
Dio? Dio? Quel Dio che sta lassù?!
POSTINA. Si, Dio,
quanti ne conosci? E poi io non sto solo lassù. Sto lassù, sto quaggiù, sto ovunque.
GIULIO. Tu sei
Dio?!
POSTINA. Siii!!! Ti devo fare un disegno? Sono Dio. L’uno e trino,
il deus ex machina, il verbo e tutti gli altri nomi con cui mi chiamate voi
esseri umani. Allora, me lo fai questo favore, si o no?
GIULIO. Ma quale
favore?
POSTINA. Sono
sicuro di averti dato dei talenti, anche se adesso non ricordo quali. Di questo
ne sono certa. Vedo però che sono nascosti molto bene. Di sicuro non ti ho
dotato di un cervello sveglio. (Alza la voce) ci stai o no a decidere al
posto mio sulla fine del Mondo?
GIULIO. Cosa
dovrei fare?
POSTINA. Va bene.
L’avevo detto io al consiglio che era tempo perso con te. (Si alza e sta per
uscire).
GIULIO. Aspetti,
dove va? Cioè, non se ne vada sua eminentissima, sua eccellentissima, sua immensità,
sua … (viene interrotto) illustrissima …
POSTINA. E dacci
un taglio!
GIULIO. Insomma, parliamone.
Che cosa vuol dire che devo decidere al posto tuo sulla fine del Mondo? Potrei
avere dei dettagli in più? È una cosa importante ciò che mi sta chiedendo.
POSTINA. (Si
risiede. Batte le mani).
GIULIO. (Può
muoversi).
POSTINA. Io ti
dico tutto ma tu cerca di capire al volo perché non mi piace stare qui e ho
parecchie cose di cui occuparmi e poco tempo da sprecare. Allora, partiamo dal
fatto che sono stanca di voi esseri umani. Sempre a lamentarvi di tutto, insoddisfatti,
sempre pronti a chiedere cose assurde, salute, ricchezza, amore. Interessati
solo a riempirvi la pancia e le tasche e a non essere mai grati a nessuno.
Detto questo, c’è qualcuno che si salva, si, qualche santo qua e là. Sono
stanca di voi e voglio ricominciare da capo. Non subito, perché per un po’
voglio riposare. Magari lascerò che la Terra torni ad essere abitata da chi se
la merita davvero. Gli animali e le piante. L’uomo è troppo egoista e stupido.
Non sa che farsene di una cosa così bella. Perché diciamoci la verità, la Terra
è proprio bella. Senza falsa modestia, ho fatto proprio un bel lavoro.
GIULIO. Si, la
Terra è proprio bella, è vero.
POSTINA. Scusa, ma
cosa ne sai tu che hai visto solo Milano Marittima e Jesolo! E il Mondo lo
guardi sul Kilimangiaro la domenica pomeriggio!
GIULIO. Non è
vero! Se tu sei veramente Dio dovresti sapere che ho
visto anche Sharm El Sheik,
Roma e la Sardegna.
POSTINA. Si che lo
so. Il mio era un modo di dire. Ho sentito molto bene le tue assillanti
preghiere perché l’aereo non cadesse e la protezione cinquanta che non ti
facesse scottare. Per non parlare di quando in Egitto ti è venuta la
dissenteria. Ricordi? E mi hai pregato e scongiurato di non farti morire e ti
ho sentito pure quando … (viene interrotto) in bagno …
GIULIO. Va bene
Dio! Non è necessario mettere in piazza tutte le mie più intime richieste.
Spero che esista anche con te il segreto confessionale.
POSTINA. Certo,
certo. Ma questa la devo assolutamente raccontare al pubblico. (Al pubblico)
in quarta elementare mi ha pregato perché durante la notte nevicasse tanto da
chiudere le scuole. (A Giulio) te lo ricordi?
GIULIO. Si, certo
che me lo ricordo e ricordo anche che il giorno stesso mi esplose la varicella
e non potei trascorrere la settimana seguente sulla neve coi miei compagni.
POSTINA. Già.
Bisogna stare attenti a ciò che si chiede.
GIULIO. Allora sei
stato tu a farmi ammalare?!
POSTINA. No, è
stata la tua compagna di banco con la varicella. Io non comando i virus. Mi hai
preso per un epidemiologo della tv? Per un virologo cinese? Per un mago del
Congo? Per un supereroe coi poteri magici? Io sono Dio. Ti ricordi?
GIULIO. Dio, ho
capito. Più o meno. Perché è un po' difficile credere che Dio sia davanti a me.
Scusa è, ma io che c’entro? Io sono solo un uomo. Un minuscolo e insignificante
essere umano, al tuo confronto.
POSTINA. Insignificanti
ma capaci di distruggere la terra. Cocciuti, arroganti e presuntuosi che vedete
solo voi stessi e il vostro interesse. Io voglio salvare la mia creatura più
bella, la Terra. Voglio salvarla da voi. La storia di Dio, cioè la mia storia,
è stata scritta da donne e uomini minuscoli e insignificanti. Quindi, tu sei
perfetto.
GIULIO. Ah! Detto
da me a me, mi va bene, ma detto da te fa male sai? E comunque non credo … (viene
interrotto) proprio di essere io …
POSTINA. Tu devi
decidere al posto mio. Stasera ci sarà una cena qui a casa tua. Ci sarò anch’io
fra gli invitati. Se mi troverai, se riuscirai a capire chi sono, salverai l’umanità,
altrimenti, domani mattina non esisterà più nessun essere umano sulla Terra. E
io senza di voi e le vostre preghiere, potrò riposare, finalmente. Me lo merito
dopo millenni, non trovi?
GIULIO. Ma non hai
appena detto che non ci riuscirò?
POSTINA. Esatto.
Non ci riuscirai. Ma te l’ho detto, i miei angeli consiglieri mi hanno
suggerito questa strategia per evitare che si dica che sono un Dio crudele e spietato.
Quindi deciderai tu per me. Che vuoi che sia. La gente ancora ce l’ha con Adamo
e con Eva per la storia della mela. Voi colpevolizzate e segnalate sempre
tutti. Nessuno si ricorderà di te, visto
che se non riuscirai nell’intento non ci sarà più nessuno a condannarti.
GIULIO. Io non
voglio questa responsabilità. Non posso … darmi per malato per la cena? Non so
… una malattia contagiosa?
POSTINA. (Si
alza per andarsene).
GIULIO. Aspetta!
Non andartene! Io non ho ancora accettato! Come capirò chi sei stasera? Dammi
un aiutino!
POSTINA. E che
siamo ad un quiz televisivo?! Nessun aiutino. Ricordati solo che io … amo il
paté (esce).
GIULIO. Ama il
paté? Dio ama il paté? Chi l’avrebbe mai detto!
SIPARIO
ATTO
SECONDO
SCENA
I
Giulio,
Matilde e Antonio
La casa di Giulio
e Matilde è addobbata come se fosse Natale e c’è anche un albero coi pacchetti
sotto. La tavola è apparecchiata in stile natalizio. Sul divano Antonio indossa
un maglione con ricami e immagini a tema. Matilde è indaffarata nel preparare
la tavola.
GIULIO. (Entra
in scena e si guarda intorno) non è possibile! È un incubo! È già Natale! Mancano
ancora mesi Matilde! Matilde, era proprio necessario tutto questo?!
MATILDE. (Mentre
prosegue nei lavori) certo Giulio, se vogliamo entrare nello spirito
natalizio e restarci tutto l’anno, dobbiamo abituarci prima noi. Non voglio
essere come chi predica bene e poi razzola male.
GIULIO. Io vorrei
razzolare male! (Vede il cognato sul dicano) toh! Babbo Natale!
ANTONIO. Spiritoso!
Ricordati che oggi è Natale e devi essere buono con me.
GIULIO. Veramente
oggi non è Natale. E comunque mi stupivo solo che tu indossassi dei vestiti abbastanza
decenti, dato che stai sempre in pigiama.
ANTONIO. Che ti
posso dire … è un miracolo di Natale!
GIULIO. (Ricordandosi
dell’impegno. Tra sé) un miracolo! Come quello che devo compiere io per
salvare l’umanità dalla fine del Mondo! Non poteva Dio darmi un compito più
semplice? Come per esempio … abbandonare un mio parente presso una Caritas? Allora,
ricapitoliamo. Io devo capire in quale ospite di stasera a cena, si nasconde
Dio. È una parola! Se almeno lo vedessi, che ne so … cambiare l’acqua in vino o
… moltiplicare qualche pane. Lui mi ha detto solo che gli piace il paté. Matilde,
serviamo il vino stasera?
MATILDE. Ovvio! Ben
tre tipi di vino e più spumante e fragolino per il dolce, crema di whisky per
le signore, grappa per il caffè e limoncello per tutti. Non manca nulla!
GIULIO. (Preoccupato)
non sarà un po’ troppo? Non è che hai scambiato la festa di Natale con quella
di Capodanno?
MATILDE. No, caro.
GIULIO. Una bella
bottiglia di acqua minerale naturale sarebbe molto meglio, secondo me. O
tutt’al più frizzante.
MATILDE. Giulio, a
Natale si beve e anche bene.
GIULIO. Si certo,
ma ti ricordo che non siamo a Natale! E visto che tu vuoi che sia Natale tutti
i giorni, vuoi spendermi un capitale di vino?
MATILDE. No,
Giulio, solo stasera perché abbiamo ospiti.
GIULIO. Io
comunque avrei messo in tavola solo acqua. Che poi magari si potrebbe tramutare
in vino. Chi lo sa.
MATILDE. In aceto,
non in vino! Giulio, cosa dici?!
GIULIO. E il pane?
Ne hai preso poco vero?
MATILDE. Ho
pensato, visto che nel pesce ci sta un bel sughetto … perché non comprare sei
filoni di pane e quattro pagnotte rustiche? Spero che bastino.
GIULIO. (Sconsolato)
si, penso di sì. (Al pubblico) addio alla moltiplicazione. A questo
punto ci potrà essere solo una sottrazione di pani! Il paté!! (A Matilde)
e il paté? L’hai comprato vero? Non si può non avere il paté a Natale!!
MATILDE. Bene.
Vedo che stai finalmente entrando nel clima giusto. Mi fa piacere. Si, ne ho
preso un bel po’. A me e ad Antonio non piace. È tutto per gli ospiti. So che
la moglie del sindaco ne va matta.
GIULIO. (Fra sé)
la moglie del sindaco … Dio … mmmh! Potrebbe essere
lei. Del resto, si è presentato come donna anche stamattina. Chi l’ha detto che
Dio è maschio?! Dio è tutto!! E se non riuscissi a salvare l’umanità? (A
Matilde) Matilde, volevo dirti che se non dovessi riuscire a salvare
l’umanità stasera, mi dispiace. Ti chiedo scusa ora perché poi non potrei più
farlo.
MATILDE. (Molto
distratta) si certo caro, ti perdono. Mi raccomando non comportarti come al
tuo solito con mio fratello. Non rovinare la serata.
SUONO
DI CAMPANELLO
MATILDE. (Si
toglie il grembiule da cucina e si sistema) Giulio, va ad aprire! E tu
Antonio, alzati da quel divano almeno quando arrivano gli ospiti!
ANTONIO. (Si
alza di malavoglia) se devo …
GIULIO. (Va ad
aprire, tra sé) che Dio me la mandi buona!
SCENA
II
Giulio,
Matilde, Antonio, il sindaco, Marilena, Agostina, il parroco e Giovanni
Entrano in scena,
il sindaco, la moglie Marilena, Agostina, il parroco e Giovanni.
MATILDE. Buonasera
e benvenuti!
TUTTI
SI SALUTANO TOCCANDOSI COI GOMITI
MATILDE. Per prima
cosa, una bella disinfettata di mano a tutti! Eh?! (Passa con il dosatore di
gel disinfettante e lo versa nelle mani di tutti).
SINDACO. Signora
Matilde, complimenti per le decorazioni e gli addobbi natalizi. Sembra davvero
il 25 dicembre! Non è vero cara?
MARILENA. Oh. Si,
Pablo. Un gusto raffinato ed elegante. Semplice e ricercato allo stesso tempo.
GIULIO. (Al
pubblico) ora ci provo. Allora le piacciono gli addobbi natalizi, signora
Gomez?
MARILENA. Oh! Si,
certo. Ma mi chiami pure Marilena. Sono una persona alla mano. Oh, ma che
profumino di paté!
GIULIO. Bene! (Al
pubblico) è una persona alla mano, le piacciono gli addobbi e pure il paté!
È fatta! E Lui … lei … si, insomma … è Dio. Devo chiederglielo.
PARROCO. Che
profumino, signora Matilde. Eh, lei si, che sa tentare la gola delle persone.
MATILDE. Lei mi
lusinga don Eusebio. Dio mi ha dato un talento e io cerco solo di moltiplicarlo
PARROCO. Bene,
bene. Lo moltiplichi. Lo moltiplichi. (A Giovanni piano) ricordati di
mettere nel mio piatto ciò che non mangi e di fingerti sazio, d’accordo?
GIOVANNI. Sarà
fatto don Eusebio
GIULIO. (Mentre
gli ospiti si siedono a tavola prende in disparte Marilena e le chiede piano)
mi scusi, Marilena, lei … è Dio?
MARILENA. (Allibita)
veramente io …
GIULIO. (Sempre
a bassa voce) me lo dica, così chiudiamo questa storia e non ci pensiamo
più. Va bene?
SINDACO. Marilena,
vieni a sederti.
MATILDE. Giulio,
che stai facendo?! Venga Marilena si accomodi qui, accanto a suo marito.
GIULIO. (Al
pubblico) fortuna che da domani non vedrò più mia moglie! Adesso dovrò
capire da ciò che dice e dal paté se Marilena è Dio!
SONO SEDUTI A
TAVOLA. Al centro il parroco (a cui piace mangiare) e il sindaco (a
cui piace bere), a sinistra del primo, Giovanni, a destra del secondo Marilena.
A destra, Matilde, Giulio. A sinistra Agostina e Antonio. Antonio si appisolerà
spesso in modo simpatico. Tutti lo aiuteranno che non gli caschi la testa nel
piatto.
AGOSTINA. Davvero
una tavola splendidamente apparecchiata Matilde. Credo che saresti un’ottima
organizzatrice di pranzi e cene a tema natalizio.
MATILDE. Davvero?
Oh! Ti ringrazio Agostina. È solo una vecchia tovaglia ritrovata in un
cassetto. E il servizio è un regalo antichissimo della madre di Giulio.
GIULIO. (Piano
a Matilde) ma se l’hai comprato il mese scorso e mi è costato un patrimonio?!
MATILDE. (Piano
a Giulio) zitto! Che se mi va bene mi nomineranno “Organizzatrice di Cene e
Pranzi di Beneficienza” nel CPN!
GIULIO. (Sarcastico)
evviva! Basta che non si organizzino a casa mia!
MATILDE. Prego,
servitevi! Fate come se foste a casa vostra.
PARROCO. (Si
avventa sui vassoi e si riempie il piatto).
SINDACO. (Si
versa abbondantemente da bere).
AGOSTINA. Io penso
che sarebbe utile entrare subito in argomento. Vorresti introdurlo tu Matilde,
dato che sei la padrona di casa?
MATILDE. Certamente
Agostina. Grazie.
GIULIO. (Al
pubblico) se parlano invece di mangiare e bere, magari ci capisco qualcosa
di più.
MATILDE. Ci siamo
riuniti stasera per fondare il CPN, Comitato Pro Natale.
PARROCO. (Con
la bocca piena) giusto!
SINDACO. (Mentre
beve) giusto!
MATILDE. Il primo
compito è stabilire chi sarà il presidente.
PARROCO. SINDACO. AGOSTINA.
(Insieme) io!
MATILDE. Quanto
slancio di generosità! Forse potrebbe ricoprire questa carica qualcuno che non
sia già sovraccarico di impegni e abbia del tempo libero.
MARILENA. Come,
per esempio, io.
SINDACO. Perché
no?
PARROCO. … e
perché non Giovanni?!
SINDACO. Perché Giovanni
è già il suo segretario, don Eusebio, ed è già sovraccarico di impegni.
PARROCO. Sono
certo che a Giovanni non dispiacerà assumersi anche questo impegno. Vero Giovanni?
GIOVANNI. Certo!
Sarà un onore. Del resto, lo dice anche san Lorenzo, giusto don Eusebio?
PARROCO. (Imbarazzato)
si … certo … lo dice anche san Lorenzo! (A Giovanni piano) cosa dice San
Lorenzo? Non citare santi che non conosco!
GIOVANNI. Veramente
San Lorenzo … è abbastanza famoso per …
PARROCO. Si …
ovvio che lo è! San Lorenzo era … un Santo … tosto. (Piano a Giovanni)
non mi posso ricordare tutto quello che hanno detto i santi! Rimedia subito
alla figuraccia che mi hai fatto fare
GIOVANNI. Ringrazio
don Eusebio della figur … della fiducia che ha in me.
Proprio questo diceva San Lorenzo … che bisogna aver fiducia nelle persone. A
proposito! Sapete che don Eusebio oggi ha eseguito la sua decima vaccinazione?
TUTTI
SI CONGRATULANO CON IL PARROCO
PARROCO. (Mostra
una tesserina di plastica) ecco qui! Con questa decima vaccinazione ho
completato la tesserina dell’ATS! Ora avrò uno sconto di un anno in farmacia su
tutti i medicinali da banco.
MARILENA. Come la
invidio don Eusebio! Io sono solo all’ottava e se questo ultimo vaccino dovesse essere quello giusto e definitivo, non potrò
terminare la mia tesserina delle vaccinazioni e addio sconti sulle creme da
viso. E anche a quelli sulle creme contro la cellulite.
GIULIO. (Al
pubblico) se questa è Dio, io sono … Babbo Natale! Me ne rimangono ancora
tre.
AGOSTINA. Torniamo
alla presidenza del CPN. Io penso … (viene interrotta) che se noi …
GIULIO. (Si
alza di scatto) don Eusebio, vorrei confessarmi!
MATILDE. Giulio!
Ti sembra questo il momento?!
GIULIO. Certo!
Confessarsi almeno a Pasqua e a Natale! E oggi è Natale … quindi …
ANTONIO. Ma oggi
non è Natale!
GIULIO. Tu stai
zitto! Guarda come sei vestito piuttosto! E continua a dormire. Allora don Eusebio,
mi confessa?
PARROCO. Veramente,
figliolo, non mi sembra il momento questo … non ho neppure i paramenti … non mi
sono preparato spiritualmente con le preghiere ad accogliere la tua confessione
… insomma … non potremmo fare … dopo cena?
GIULIO. Facciamo
dopo i tortellini. Ma non più tardi, va bene? (Alla moglie) Matilde,
porta i tortellini!
MATILDE. Ma ora?
Non abbiamo finito nemmeno l’antipasto …
GIULIO. Ma si che
lo abbiamo finito. (Toglie i piatti dagli invitati e li consegna a Matilde) finito.
E ora i tortellini!
MATILDE. (Sconcertata,
va a prendere i tortellini e li serve nei piatti mentre gli altri parlano).
AGOSTINA. Allora,
torniamo al CPN.
SINDACO. (Bevendo)
si, si, torniamoci.
PARROCO. (Mangiando)
si, si, torniamoci
AGOSTINA. Matilde,
elenca le iniziative.
MATILDE. Subito! Io
mi occuperei di cene e pranzi di beneficienza per i poveri e per gli anziani.
Chi si occupa di finanziarli?
PARROCO. (Insieme
al sindaco) il Comune!
SINDACO. (Insieme
al parroco) la Parrocchia!
MATILDE. A questo
punto, meglio dividere i compiti allora. Lei signor sindaco si occuperà degli
anziani e lei don Eusebio dei poveri. Vi può andar bene?
PARROCO. Mi sembra
una buona idea. Quanti sono gli anziani?
SINDACO. Si, sono
d’accordo. Quanti sono i poveri?
MATILDE. E gli
stranieri?
SINDACO. Ah, gli
stranieri non sono anziani, quindi non mi competono.
PARROCO. Caro
sindaco, non è giusto. Lei vuole rifilarmi tutti gli stranieri perché sono
poveri!
MATILDE. Veramente
gli stranieri non sono per forza poveri.
MARILENA. Allora
si potrebbe fare così: degli stranieri anziani si occupa mio marito, mentre
degli stranieri poveri se ne occupa lei don Eusebio.
SINDACO. Mi piace
Marilena, ottima soluzione.
PARROCO. Si,
potrebbe andare … (viene interrotto) anche se però …
GIOVANNI. Don
Eusebio lo diceva anche San Francesco, no?
PARROCO. (Piano
a Giovanni) se non la smetti di citare santi io … io … ti metto a pane e
acqua! (Ad alta voce) si, certo, San Francesco. Chi non ricorda le
parole di quel santo di Francesco?! (Volendo cambiare discorso) Giulio,
tu non volevi confessarti?
GIULIO. (Entusiasta)
siii! Volevo … voglio! (Si alzano e si allontanano
dal tavolo).
MATILDE. Giulio!
Ma ti sembra questo il momento?
GIULIO. Si che è
il momento. O forse temi che riveli qualcosa che ti possa infastidire?
PARROCO. Dimmi
tutto figliuolo.
GIULIO. Don
Eusebio, verrò subito al dunque. Stamattina mi è successa una cosa strana. Lei
non ci crederà di sicuro, lo so … ma … cosa penserebbe se le dicessi che ho
parlato con Dio?
PARROCO. Penserei
che è buona cosa pregare parlando con Dio. Tutti lo dovrebbero fare.
GIULIO. No, forse
non mi sono spiegato. Io ho parlato con Dio, ma l’ho anche visto … cioè … vista
… si, insomma … era Dio, in carne ed ossa. Capisce?
PARROCO. Certo. Caro
Giulio, quando la preghiera è particolarmente profonda e raccolta, si può
cadere in estasi e si possono avere … delle visioni.
GIULIO. Va bene, ho
capito. Non giriamoci troppo intorno. Mi scusi, lei è Dio?
PARROCO. Oddio!
No! Lo vedi ancora?! Potrebbe essere necessaria una benedizione o qualcosa di
più, figliolo, per aiutarti ad uscire da questa condizione!
MATILDE. Ecco il
secondo!
PARROCO. Il
secondo? Il secondo? (Sbrigativo) emmm! … ci penseremo
un’altra volta figliuolo. Io ti assolvo dai tuoi peccati. Nel nome del padre … ecc… ecc… Arrivo!
GIULIO. Non è Dio.
E ora dubito persino che sia un parroco!
AGOSTINA. E la
prima iniziativa è stata definita. Penso che si possa passare alla seconda.
Matilde, procedi.
MATILDE. Ora,
dobbiamo decidere di che colore scegliere le decorazioni natalizie da appendere
all’albero che si posizionerà in piazza.
GIULIO. (Ironico)
secondo me dovreste fare un’altra cena per decidere questo. È molto
impegnativo.
MARILENA. Rosse!
Adoro il rosso.
AGOSTINA. Bianche
come la neve.
ANTONIO. Verdi!
GIULIO. Verdi
sull’albero verde? Antonio vai avanti a dormire!
GIOVANNI. E se li
mettessimo di tutti i colori? Del resto, Santa Lucia diceva che i colori …
PARROCO. (Lo
anticipa) … Santa Lucia diceva che i colori sono tutti belli! Ecco cosa
diceva quella santa giovine, giusto Giovanni?
GIOVANNI. (Non
proprio convinto) si, certo, don Eusebio, diceva proprio così. E diceva … (viene
interrotto) anche che i colori …
PARROCO. Poi è
diventata cieca! Quindi i colori non li ha più visti! (Piano a Giovanni)
zitto! Ricordi? Pane e acqua!
MATILDE. Bene!
Vada per tutti i colori. Ora, la capanna natalizia, dovrebbe posizionarsi
proprio sotto l’albero in piazza…
SINDACO. Alt!
Quale capanna?
MATILDE. Quella
della Sacra Famiglia.
SINDACO. Eh, no!
Cara signora Matilde, non va bene. Perché se posizioniamo la capanna della
Sacra Famiglia in piazza di fronte al municipio, come la mettiamo con chi non è
cattolico e se la vede davanti agli occhi tutto l’anno? Vada per una settimana
o due prima del 25 dicembre, ma per dodici mesi, nooo!
PARROCO. Scusi
signor sindaco, ma non era lei quello che mi voleva appiopp .. cioè, volevo dire, affidare tutti gli stranieri per la
cena e il pranzo dei poveri? Come mai ora tanta sensibilità per la libertà di
culto?!
SINDACO. Quella
del sindaco deve essere una figura laica. Io sono il sindaco di tutti, senza
distinzione di razza, genere, credo, fede politica o calcistica.
GIULIO. Giusto! Bravo!
Questo è un ragionamento che farebbe Dio! Verissimo! Le posso parlare un
minutino, per cortesia?
MATILDE. (Piano
al marito) Giulio, cos’è tutto questo parlottare in disparte, si può
sapere? Cosa stai combinando?
GIULIO. (Piano
alla moglie) tranquilla Matilde. Sto provando a salvare l’umanità.
MATILDE. Si, come
no!
GIULIO. (Prende
il sindaco sottobraccio e si allontana con lui) sa signor sindaco, mi è
piaciuto molto il suo discorso sul rispetto delle diversità. È un pensiero
ricco di valori e perciò le vorrei chiedere … così … a titolo informativo … può
rispondermi anche con calma … che ne so … magari a cena terminata … mi scusi,
lei è Dio?
SINDACO. (Allibito)
mi sta prendendo in giro?! Mi sta dando del presuntuoso per ciò che ho detto,
per caso? Perché se è così io …
GIULIO. (Affrettandosi)
no, non mi permetterei mai. È solo che le sue parole mi sono sembrate molto …
(viene interrotto) … molto belle e quindi …
SINDACO. … molto …
cosa? Propagandistiche? Elettorali? Basta! Ora so per chi ha votato alle ultime
amministrative e mi ricorderò di lei la prossima volta che verrà a presentare
una richiesta in Comune!
GIULIO. … ma lei
non era il sindaco di tutti?! E poi, io ho votato per lei sa?!
SINDACO. Ma guarda
te! (Ritorna a sedersi al tavolo).
GIULIO. (Al
pubblico) Accidenti! Ho sbagliato anche stavolta! Ma dove diavolo sei Dio?!
(ritorna a sedersi).
MATILDE. Non so … per
non creare malcontenti fra i cittadini di ogni credo e atei, si potrebbe
pensare di mettere la capanna sul piazzale della chiesa, mentre in piazza ci
potremmo mettere … non so … (pensa).
MARILENA. … un
obelisco! Si, un bell’obelisco! Magari rosso.
SINDACO. Marilena,
hai sempre delle idee geniali.
MARILENA. Grazie,
caro.
ANTONIO. E se ci
mettessimo un enorme Babbo Natale invece?
GIULIO. E se ci
mettessimo te, visto che hai già il vestito e la pancia?
MATILDE. Si … un
obelisco … potrebbe andare bene … ma non so se rosso … starebbe bene.
SINDACO. Rosso è
perfetto. Grazie cara per la splendida idea. Sarà l’unico obelisco rosso al
mondo. E l’avrò di fronte al mio comune!
PARROCO. Scusate,
nella capanna chi ci mettiamo?
GIOVANNI. (Piano
al parroco) don Eusebio, pure questo le devo suggerire?!
MATILDE. In che
senso, don Eusebio?
PARROCO. Nel senso
che non sono d’accordo sulle statuette. Insomma, non si potrebbero avere delle
persone vere?
AGOSTINA. Persone
vere … tutto l’anno? E dove le troviamo delle persone disposte a stare in una
capanna per tutto l’anno, dalla mattina alla sera?
MARILENA. Non c’è
bisogno che stiano sempre, si potrebbero fare dei turni, come in fabbrica.
AGOSTINA. Si, ma …
non è così facile …
MARILENA. Se tu
Pablo facessi un bando o qualcosa del genere per ricoprire questo ruolo, chissà
quante famiglie si presenterebbero.
SINDACO. Come
sempre la tua è una brillante idea, cara. Magari potremmo fare del bene anche a
una famiglia bisognosa, “straniera”. Due piccioni con una fava! Anzi tre:
persone vere nella capanna, un lavoro a una famiglia povera, una casa a una
famiglia straniera. Lei cosa ne pensa don Eusebio? Le piace come progetto?
PARROCO. Si,
potrebbe andare come idea. Mi piace. Vada per la famiglia povera e straniera.
TUTTI
ANNUISCONO
MATILDE. (Non
molto contenta per l’obelisco) d’accordo, allora obelisco rosso in piazza,
capanna con persone vere davanti alla chiesa.
AGOSTINA. Molto
bene. Ora passiamo alla prossima iniziativa …
GIULIO. (Al
pubblico) e se fosse la signora Agostina? Fino ad ora ha parlato poco.
Appunto.
SINDACO. Mi scusi,
signora Agostina, ma lei dell’associazione “Donare è Lodare” di cosa si
occuperà, esattamente? No, perché finora, sono stati solo Comune e Parrocchia
ad assumersi delle responsabilità. Mi pare che lei si stia un po’ … sottraendo
alle iniziative da intraprendere.
AGOSTINA. Sottraendo?!
Come osa?!
MARILENA. Beh, in
effetti. A parte chiedere alla signora Matilde di presentare le iniziative,
cos’altro ha fatto stasera?
AGOSTINA. (Nervosa)
sono stata seduta al tavolo con lei, ed è già tanto. E l’ho pure ascoltata!
MATILDE. Cerchiamo
di calmarci tutti, va bene? Agostina si è già assunta il compito di … di … (non
sa che dire) … vuoi dirlo tu Agostina?
AGOSTINA. (Non
sa che dire) certo che lo dico io … io farò … io mi occuperò …
MATILDE. … della
pesca di beneficienza!
AGOSTINA. Esatto!
Della pesca di beneficienza … (si rende conto di cosa ha detto. Preoccupata)
cosa?! Per tutto l’anno?!
SINDACO. Eh, si,
signora Agostina, per tutto l’anno.
PARROCO. Ovvio,
per tutto l’anno. Siamo qui appunto per proporre la festività tutto l’anno …
scusi, ma lei è qui per questo.
AGOSTINA. E dove
trovo tanta roba da esporre?!
MARILENA. Le
consiglio di provare a cercare nei magazzini della sua associazione quanta roba
può tirare fuori.
AGOSTINA. Quelli
sono vestiti per i poveri e i bisognosi.
MARILENA. Si
certo. Per loro ma … anche per lei e la sua famiglia.
AGOSTINA. (Indignata)
cosa dice?
MARILENA. Scusi se
glielo faccio presente, ma guardi che il vestito che indossa stasera è mio! L’ho
donato all’associazione l’anno scorso. Si vergogni di prendere la roba
destinata a chi ha veramente bisogno.
AGOSTINA. (Vergognandosi)
io … io … me ne vado! (Si alza).
MATILDE. (Cercando
di trattenerla) Agostina non fare così! Sono certa che la signora Marilena
si sbaglia. Si è confusa, questo che indossi non è il suo vestito. È il tuo che
è uguale a quello che lei aveva.
MARILENA. Secondo
me è il mio, invece.
GIULIO. (Al
pubblico) e Agostina dovrebbe essere Dio?!
AGOSTINA. Basta
Marilena con questi insulti gratuiti. Tenetevi pure il vostro Comitato! Io non
so che farmene. Me ne vado.
GIULIO. (La
ricorre prima di uscire e le si affianca a bassa voce) Agostina, non fare
così! Non dar retta a quella, lo sai quanta puzza ha sotto il naso.
AGOSTINA. No, no, Giulio.
Questa è un’umiliazione che non merito. Con tutto quello che faccio per questo
paese e per chi ha bisogno …
GIULIO. Agostina,
devo rivolgerti una domanda e forse questo non è il momento.
AGOSTINA.
Qualsiasi cosa tu mi voglia chiedere, non è veramente il momento. (Alza la
voce) ora me ne vado, qui non sono gradita.
GIULIO. Agostina,
un attimo. Tu sei … (fa il segno di croce).
AGOSTINA. (Non
capisce e ripete il gesto di Giulio della croce) mi vuoi morta?
GIULIO. Ma no,
cosa dici! Mi sono espresso male.
AGOSTINA. A me
sembra che ti sia espresso molto bene.
GIULIO. No,
credimi. Agostina, rispondimi, tu sei … Dio?
AGOSTINA. (Ironica)
mi hai scoperta. Bene. Bravo! Come hai fatto?
GIULIO. (Felice)
ohh! Finalmente! Forse mi ha colpito l’umiliazione
che hai dovuto subire e la figuraccia che hai fatto con la moglie del Sindaco.
Io fossi in te le manderei qualche piaga, che se so, le cavallette, qualche emorroide
… no, perché se le merita tutte. Ti ha fatta passare per una poveraccia che
raccatta i vestiti dai poveri, una disgraziata che non ha i soldi per comprarsi
un vestito.
AGOSTINA. (Arrabbiata)
sai cosa ti dico Giulio, che purtroppo non sono Dio. Perché Dio
perdonerebbe l’affronto subito, io no. Io a quella li, gliela farò pagare. E
anche a te. Imbecille! (Esce).
GIULIO. (Al
pubblico) ops! Forse non era lei Dio. Mi sa che
sono un po’ nei guai ora (torna a sedersi). Se ne è andata. Era
parecchio offesa sapete? (Guarda Marilena).
MARILENA. Io non
ho fatto nulla. Ha fatto tutto lei! Io direi di passare alla prossima
iniziativa: i mercatini di Natale
MATILDE. Veramente
… senza Agostina … non mi sembra giusto proseguire nel fondare il Comitato Pro
Natale.
PARROCO. Allora,
potremmo passare al dolce!
SINDACO. Parlerò
io con la signora Agostina e vedrà che la farò ritornare sui suoi passi.
GIOVANNI. Oppure
ci parlerà don Eusebio e farà con lei come ha fatto Caterina da Siena con il
papa ad Avignone.
MATILDE. E cosa ha
fatto Caterina da Siena con il papa ad Avignone?
PARROCO. (Arrabbiato)
ci ha spedito il suo segretario che parlava troppo, signora Matilde!
GIOVANNI. (A
denti stretti) che bella battuta don Eusebio.
MARILENA. Vogliamo
parlare dei mercatini di Natale? Io ho un’idea.
SINDACO. Sentiamo
cara …
MARILENA. Allora,
siccome i mercatini di Natale sono sempre frequentati dai soliti commercianti,
hobbisti, collezionisti … insomma, le solite merci. Io direi di sostituire
tutte queste bancarelle con una serie di stand di Amazon in più punti del paese!
Ci pensate la comodità, la praticità e il risparmio economico con un’idea del
genere? Per non parlare che eviteremmo gli assembramenti che per legge non
devono superare le quattro persone e mezzo. La gente si dirige allo stand, che
potremmo posizionare fuori dalle scuole, dalla biblioteca, dal comune, dalla
chiesa, digita il prodotto che cerca e lo ordina. Meraviglioso, non trovate?
ANTONIO. Ma la
gente non può prenotare da casa invece di andare allo stand?
GIULIO. Bravo
Antonio! Per una volta hai detto una cosa giusta! Ha ragione mio cognato. (Al
pubblico) non posso credere di averlo detto.
MARILENA. Certo!
Ma qui entra in campo lo spirito natalizio. Esci di casa per visitare i
mercatini di Natale e non importa se c’è solo uno stand. Fai presto e torni a
casa prima.
SINDACO. Non male
come idea … ci si può pensare Marilena.
MATILDE. (Non
convinta) mah, non so. Così sembra più che altro mercatino di Amazon e non
di Natale.
PARROCO. Forse la
signora Marilena non sbaglia. Lo spirito natalizio sarà nell’aria. Negli alberi
di Natale addobbati nei giardini, nelle vetrine dei negozi decorati, nelle luci
appese lungo le vie …
MATILDE. (Ricordandosi)
le luci! Certo, le luminarie! Se ne occuperà l’amministrazione. Vero
sindaco Gomez?
SINDACO. Direi
proprio di no! Un anno intero di luminarie manderebbero in bancarotta anche le
casse del comune di New York!
MATILDE. Ma
sindaco, le luminarie fanno molto clima natalizio. Non si può pensare al Natale
senza le luci!
MARILENA. Facciamole
di cartone!
MATILDE. Di
cartone?! Ma come di cartone?? Giulio, ti prego, di qualcosa anche tu.
GIULIO. Io posso
dire solo, che per come è andata la serata questo Comitato non si formerà né
stasera, né mai.
PARROCO. Non
essere così pessimista figliolo. Non sarà uno dei tuoi momenti mistici a
metterti in bocca certe parole?
GIOVANNI. È vero!
Sembrano proprio le parole profetiche di San Antonio Battista.
PARROCO. Giovanni,
sei ancora qui? Credevo fossi andato a preparare le valigie per Avignone!
SINDACO. Ancora
una volta Marilena la tua idea è perfetta! Il cartone, magari plastificato, per
evitare che si rovini sotto la pioggia, mi sembra un gran risparmio economico.
GIULIO. Se non è Giovanni,
Dio, non so più chi possa essere. È la mia ultima spiaggia. Giovanni, ti posso
parlare un attimo? Ho una valigia e una piantina di Avignone che vorrei
prestarti (Si alza e se lo porta in disparte).
GIOVANNI. (Viene
sollevato dalla sedia e portato in disparte).
GIULIO. Giovanni,
certo che tu, te ne intendi proprio di santi, eh? Neanche li avessi conosciuti
tutti di persona.
GIOVANNI. In
effetti, ho studiato molto la storia dei santi e li conosco molto bene.
GIULIO. Quindi …
ti senti un po’ santo pure tu … almeno un pochino …
GIOVANNI. Noo! Per carità! Certo, per fare il segretario di don
Eusebio, un po’ santi bisogna esserlo.
GIULIO. Ahhh! Allora lo ammetti?! Sei tu?
GIOVANNI. Io
assolutamente no! Non sono io a scrivere le omelie di don Eusebio! Lo giuro! È
una voce che gira ma non è vera.
GIULIO. Cosa vuoi
che mi interessi chi scrive le omelie! Io voglio solo sapere … se tu, sei Dio.
GIOVANNI. (Incerto)
non ho capito la domanda, scusa.
GIULIO. Si,
insomma … visto i santi che conosci bene … tu sei … Dio?
GIOVANNI. In che
senso?
GIULIO. Ne senso
che … Dio … sei tu?
GIOVANNI. Io sono
Giovanni, il segretario del parroco. Sei sicuro di stare bene.
GIULIO. Ancora per
poco mi sa!
PARROCO. Giovanni!
Credo che sia ora di andare.
SINDACO. Mi sembra
proprio che per stasera si sia deciso già abbastanza. Non è vero, cara?
MARILENA. Si,
Pablo, lo penso anch’io. È ora di andare.
TUTTI
SI ALZANO E SI PREPARANO PER USCIRE
GIULIO. Come ve ne
andate?! Non potete! Qualcuno di voi deve dirmi chi è Dio!
PARROCO. (Piano
a Matilde) Matilde, credo che tuo marito sia in piena crisi mistica.
Dovresti farlo visitare da qualcuno che si intende di queste cose.
MATILDE. (Piano
a don Eusebio) lei dice? Non basterebbe una bella benedizione da lei?
PARROCO. Oh, no!
Io non le faccio queste cose, mi dispiace. (A Giovanni) Giovanni,
andiamo!
GIOVANNI. (A
don Eusebio) allora non ci devo andare ad Avignone?
PARROCO. Per
questa volta, no (salutano ed escono).
SINDACO. Signora Matilde,
grazie ancora per la bella serata.
MATILDE. Grazie a
lei sindaco Gomez. E … come rimaniamo d’accordo per il CPN?
SINDACO. Il CPN?
MATILDE. Il
Comitato Pro Natale.
SINDACO. Ah, già!
Certo, il Comitato Pro Natale. Beh! Abbiamo deciso tante cose stasera, se non
mi sbaglio. Ne riparleremo, ne riparleremo.
MARILENA. Ancora
complimenti per gli addobbi signora (saluta col marito ed escono).
ANTONIO. Finalmente!
Ora me ne posso andare a dormire. Buonanotte.
MATILDE. Ma se non
hai fatto altro tutta sera!
GIULIO. Buonanotte!
Questa è l’ultima notte Antonio!
ANTONIO. Ancora?!
Vuoi ancora buttarmi fuori di casa? Dammi tregua Giulio!
MATILDE. Che
delusione Giulio. Ci tenevo tanto al CPN, ma stasera ho capito che resterà solo
un sogno. Come sempre tutti mettono davanti il proprio ego e non il bene comune.
Sono troppo stanca, vado a letto. Tu cosa fai?
GIULIO. Mi godo la
vita finché c’è.
MATILDE. Eh? Allora
sistema tu la tavola per favore. Buonanotte (esce).
GIULIO. Ho
fallito. Ho fallito e Lui, lo sapeva. (Guarda verso l’alto) tu lo
sapevi, vero? Lo sapevi che avrei fallito, giusto? Ora mi sdraierò qui, sul
divano e aspetterò la fine del Mondo. Se solo l’avessi saputo prima che sarei …
scomparso così giovane! Quante cose avrei fatto! Avrei girato il Mondo,
visitato paesi e città, mangiato e bevuto ciò che volevo, avrei speso denaro e avrei,
avrei … avrei (si sdraia).
SCENA
III
Giulio
e Postina
POSTINA.
(Entra in scena e si siede a tavolo e mangiucchia gli avanzi della cena).
GIULIO. (Si
sveglia) tu?!!
POSTINA. Quanto
ben di Dio in tavola! Cioè quanto ben di me! Voi esseri umani non sapete
apprezzare i doni che vi ho dato. Il buon cibo, il buon vino, la compagnia … te
l’ho già detto che penso siate noiosi? State sempre a lamentarvi per ciò che
non avete invece di apprezzare quello che c’è. Siete noiosissimi.
GIULIO. Cosa ci
fai qui? Sei venuto ad assistere alla fine dell’umanità?! La TUA umanità!
POSTINA. No. Sono
venuto a godermi la tua faccia mentre ti dico “Te l’avevo detto!” Hai fallito,
esattamente come io già sapevo. Del resto, io non sbaglio mai. Io ho sempre
ragione. Sono Dio!
GIULIO. (Risentito)
ah si? Tu, hai sempre ragione? Tu non sbagli mai? Allora perché hai voluto
l’umanità, se tu NON SBAGLI MAI?! Se ora la distruggi, allora, non era poi una
gran creazione. Quindi, hai sbagliato allora a crearci o sbagli ora a
distruggerci? Quale delle due cose? Eh! Caro il mio Dio, rispondi se riesci?
POSTINA. (Smette
di mangiare, si alza lentamente e si avvicina a Giulio).
GIULIO. (Intimorito).
POSTINA. Sono
avanzati per caso dei tortellini?
GIULIO. Tortellini?!
POSTINA. Si,
tortellini. Quel prete se ne è strafogati tre piatti. Sembrava non mangiasse da
un mese (va in cucina a prenderli e appoggia la pentola sul tavolo).
GIULIO. A
proposito di stasera! Si può sapere dove diavolo … cioè … in quale ospite ti
nascondevi? Io non l’ho ancora capito sai?
POSTINA. (Mentre
mangia) in tutti e in nessuno.
GIULIO. Potresti
essere un po’ più chiaro, per favore? Io sono solo un uomo.
POSTINA. (Non
risponde, prosegua a mangiare).
GIULIO. Sei diventato
sordo? Insomma, cosa vuoi dire quando dici che eri in tutti e in nessuno?
POSTINA. E va
bene. Gli uomini sono stati creati a immagine mia, giusto? Io sono la vita,
quindi … (stanco) che fatica spiegare queste cose, tanto so che non
capirai niente. (Al pubblico) lui non capisce mai nulla! Va beh! Andiamo
avanti. Allora … cosa stavo dicendo?
GIULIO. … che
siamo immagine tua e tu sei la vita.
POSTINA. Ecco … (si
ferma un attimo e lo guarda) … si beh, diciamo che qualcuno mi assomiglia
un po’ di più. Quindi, se io sono la vita e voi la mia immagine, vuol dire che
io … sono in ogni essere umano, in ogni fiore, pianta e in ogni animale. Non ti
chiedo se hai capito perché non lo voglio sapere. Anche se, io so già tutto,
ovvio.
GIULIO. Quindi …
tu stasera eri in ogni invitato?
POSTINA. Bravo! (Al
pubblico) ha capito!!
GIULIO. Allora,
perché io non ti ho visto? Si, insomma, perché non ti ho riconosciuto se eri lì
davanti a me in tutte quelle persone?
POSTINA. (Si
ferma e lo guarda sorridendogli) hai capito ora perché meritate
l’estinzione? Io sono lì, davanti a voi, sempre, in ogni essere che vive sulla
terra e voi … non mi vedete. Voi non mi vedete mai. Voi … vedete solo voi
stessi. E mi cercate e mi pregate e perché non mi ascolti e perché non ci sei ….
Ciechi e sordi! Ecco cosa siete!
GIULIO. Mi sa … ma
stavolta hai proprio ragione.
POSTINA. Immodestamente,
io, ho sempre ragione
GIULIO. Intendevo
dire … che … ho capito. Ho capito la lezione. Ho capito che … tu … potresti
darci … magari … una seconda occasione … che dici?
POSTINA. È tardi
ora.
GIULIO. (Si
getta ai suoi piedi e piange disperato) ti prego! Ti prego! Non fare così!
Sii buono! Concedici ancora duemila anni, che ti costa? Per te, è un attimo!
POSTINA. È tardi
Giulio.
GIULIO. No, non è
tardi! Per te non è mai tardi! Tu puoi tutto! Ti prego! Ti prego!
POSTINA. Oh, ma vuoi
piantarla con questo piagnisteo! È tardi … vuol dire … guarda l’orologio!
GIULIO. (Smette
di piangere e guarda l’orologio) le sette?! Sono le sette di mattina?!
POSTINA. Si, sono
le sette di mattina. È tardi. Io fra un’ora devo iniziare il turno. Quindi, ti
saluto (si avvia all’uscita).
GIULIO. Aspetta!
Te ne vai così?!
POSTINA. Vuoi che mi
alzi verso il cielo? O preferisci una bella nube di fumo bianco? Certo, se ci
fosse una pietra ad impedirmi l’uscita da questo appartamento, potrei (viene
interrotta) lasciarla spostata e …
GIULIO. Intendevo
dire, te ne vai così, senza una spiegazione? Senza dirmi perché hai cambiato idea
sull’umanità, perché sono ancora qui, perché tutto questo è successo a me … (viene
interrotto) e non ha …
POSTINA. Ooohhh basta! Io non ti devo proprio nessuna spiegazione. Ricordati,
io sono Dio. Sei ancora vivo? Bene! Prendilo come un regalo di Natale (si
guarda intorno) … un po’ in anticipo. E sul fatto che tutto questo è
successo a te … la verità è che cercavo la tizia del piano di sopra e non era
in casa e così … ho deciso di suonare al tuo campanello. Per me uno vale
l’altro.
GIULIO. (Triste)
ah! Quindi, la tua è stata una scelta a caso. Buono a sapersi!
POSTINA. Eccolo di
nuovo! Non cambierete mai voi umani?! Sempre a guardare solo voi stessi,
egocentrici, egoisti e lamentosi. Dovresti sentirti felice di essere ancora
vivo e invece sei triste perché hai saputo di essere la seconda scelta di Dio.
Com’era quella cosa che ho detto? Beati gli ultimi perché ecc
… eccc …
GIULIO. Hai
ragione Dio, scusa.
POSTINA. Certo che
ho ragione. Non cambierete mai.
GIULIO. E te ne
vai … così? Ci rivedremo un giorno?
POSTINA. Eccome!
Tutti davanti a me, dovete venire. Arrivederci Giulio! Ah! Quella cosa del
Comitato Pro Natale … è una gran cavolata! Fai in modo che non si crei perché
altrimenti non so cosa vi faccio! Già devo sopportare una volta all’anno
canzoncine stupide, addobbi idioti e regali riciclati fra parenti e amici che
si odiano. Ci manca solo un intero anno così! Per non parlare di quella storia
di essere buoni almeno a Natale! E il resto dell’anno? Che facciamo eh?! Ci
passiamo sopra con la macchina?! Per favore! Ricordati! Niente CPN, altrimenti
… ritorno! E questa volta Giulio, ti assicuro che mi riconoscerai! (Esce).
GIULIO. Non posso
crederci! Ho conosciuto Dio. Ho salvato l’umanità.
MATILDE. (Entra
con aria assonnata) Giulio! Che ci fai già in piedi e vestito? (vede la
tavola ancora apparecchiata) Giulio! Non hai neppure sparecchiato!
GIULIO. (Corre
da Matilde e l’abbraccia).
MATILDE. Giulio!
Ma che ti prende?!
GIULIO. (Contento)
sono felice di vederti … di nuovo … viva.
MATILDE. In
effetti, ho mangiato così tanto che stanotte ho visto la vita passarmi davanti
per l’acidità di stomaco.
GIULIO. Matilde,
io ho salvato l’umanità.
MATILDE. Si, bravo
Giulio, sono contenta. Ora beviamoci un bel caffè e … fissiamo un appuntamento
dal dottore per una bella visitina. Te l’ha consigliata anche don Eusebio,
ricordi?
ANTONIO. (Entra
assonnato) cos’è tutto questo baccano a quest’ora?
GIULIO. Antonio!
Cognato mio! Che piacere vederti! (Gli corre incontro e lo abbraccia).
ANTONIO. (Preoccupato)
è inutile che mi perquisisci, non li ho presi io i tuoi gemelli!
SUONO
DI CAMPANELLO
MATILDE. Vado io! (apre
la porta).
SCENA
IV
Giulio,
Matilde, Antonio e la postina
POSTINA. (Entra)
c’è una raccomandata per il signor Antonio Ribaldi.
GIULIO. Ancora
tu?! Ma non dovevamo vederci più?!
POSTINA. Senta, ho
appena iniziato il turno e francamene non sono dell’umore di … mettermi a
cantare. È lei il signor Antonio Ribaldi?
ANTONIO. Sono io!
POSTINA. (Gli
porge la raccomandata) una firma qui, grazie.
ANTONIO. Una
raccomandata per me?
POSTINA. Si,
esatto.
ANTONIO. È quasi
impossibile.
POSTINA. È quasi
vero. Firmi per favore.
ANTONIO. Va bene. (Si
ferma) prima il nome o il cognome?
POSTINA. È
indifferente. L’importante che firmi e che mi lasci al mio lavoro.
ANTONIO. (Firma).
POSTINA. Arrivederci!
(Sta per uscire).
GIULIO. Aspetti! (si
avvicina e le parla sottovoce) senti, c’è ancora qualcosa che mi vuoi dire
per caso?
POSTINA. Ma si può
sapere che vuole da me?
GIULIO. Mi scusi,
lei è Dio?
POSTINA. Io non ti
conosco, io non so chi sei … (Esce).
ANTONIO. (Ha
aperto la busta e legge) mi hanno preso! Mi hanno preso alle poste! L’unico
lavoro a cui ho sempre ambito era lavorare alle poste e si è avverato!
MATILDE. Come?
Fammi vedere (legge la raccomandata). Giulio, è vero. Mio fratello è
stato assunto dalle poste in seguito a quel concorso sostenuto dieci anni fa. E
chi ci pensava più! Il tuo sogno di bambino si è avverato!
GIULIO. Cosa? Vuoi
dire che finalmente avrai un lavoro e te ne andrai da casa mia?! Nostra!! (Guarda
in alto) grazie Dio, hai esaudito il suo desiderio … e anche il mio. Certo
che è molto, molto in ritardo. Ma va bene così. Ti ringrazio.
ANTONIO. Me ne
vado si. Il posto è a Roma e mi devo trasferire perché inizio lunedì.
GIULIO. (Felice)
evviva! (Matilde lo guarda male) cioè … come mi dispiace … così lontano
ti hanno mandato.
MATILDE. Povero
fratellino mio. Come farai tutto solo a Roma? E come faremo noi qui senza di
te!?
GIULIO. (Fingendo)
eh, ce ne faremo una ragione. Del resto, un posto fisso alle Poste Italiane non
te lo regala nessuno. È da prendere al volo. Allora Antonio, per festeggiare
questa bella notizia … usciamo tutti a pranzo. Che ne dite?
ANTONIO. Va beh!
Paghi tu però, perché io ancora non guadagno.
GIULIO. Ma certo
che pago io. Anzi, farò di più. Ti regalerò la mia valigia. Così per una volta
la userai davvero e per qualcosa di utile.
MATILDE. Come sei
buono Giulio. Andiamo Antonio, ti aiuto a preparala (escono).
GIULIO. (Guarda
verso l’alto) e così me l’hai fatta! Alla fine … ce l’hai avuto un cuore
per me. E per Antonio. Farò tesoro dei tuoi insegnamenti, te lo prometto. Che
ti devo dire Dio … ci vediamo! Più tardi possibile! (Esce).
SIPARIO