AUTRICE

 

GIUSEPPINA CATTANEO

 

http://giusicopioni.altervista.org/           

 

POSIZIONE S.I.A.E. N° 193077

 

Codice opera Siae 936891A

 

TITOLO

 

OSPIZIO SI OSPIZIO NO

 

 

COMMEDIA BRILLANTE IN DUE ATTI

 

Personaggi

 

VALENTINO

GIULIO GIULIANO figlio di Valentino

AGATA nuora di Valentino

DIANA amica di Agata e infermiera nella casa di cura

CARABINIERE

APOLLONIA ospite casa di riposo

POLICARPA ospite casa di riposo

BERNARDINA ospite casa di riposo in sedia a rotelle

BASILIO ospite casa di riposo

NICOLA ospite casa di riposo

VOCE telefono

 

 

TRAMA

 

Valentino è un uomo anziano che vive in casa del figlio e della nuora, confonde spesso la realtà e causa una serie di problemi ai suoi familiari che esasperati decidono di mandarlo a vivere in una casa di cura, un ospizio. Valentino non è felice del trasferimento e con l’aiuto dei suoi nuovi amici, ospiti come lui della struttura, organizzerà divertentissimi espedienti per ritornarsene a casa.

 

ATTO PRIMO

 

A casa di Giulio Giuliano. Sopra una mensola, collezione antica di libri di Jules Verne (comuni libri dalle sembianze antiche).

 

SCENA I

Valentino poi Agata

 

VALENTINO. (Seduto sul divano completamente ricoperto da una coperta. Trema e si lamenta) che paura. Aiuto. Che paura. Aiuto.

AGATA. (Entra in scena da destra salutando l’amica che ha appena lasciato sul pianerottolo) ciao Diana. Fra un’ora sono libera, ti aspetto per un caffè. (Mentre entra) Diana è veram ... (Si accorge di Valentino) ... ente ... Valentino ... che succede? Perché è coperto a quel modo? Ha fatto qualcosa che non doveva e si è nascosto … esatto?

VALENTINO. (Senza scoprirsi indica di no con la testa).

AGATA. Valentino, ha mangiato del gelato e si è sporcato vero? Quel gelato che le fa male. Lei non si accontenta di un bicchiere di gelato ma vuole un’intera vaschetta.

VALENTINO. (Senza scoprirsi indica di no con la testa).

AGATA. Se non è il gelato è ... il vino? Ha bevuto il vino che le è stato proibito dal medico. E si è coperto per nascondere l’odore.  

VALENTINO. (Senza scoprirsi indica di no con la testa).

AGATA. Vino no. Uhm .... gli occhiali! Si è messo gli occhiali di Giulio. Gli occhiali di cui Giulio è gelosissimo. Ma lei è un testardo e quando Giulio è assente, se li mette ... con la luce accesa. Ovvio, gli occhiali da sole si indossano con la luce.

VALENTINO. (Senza scoprirsi indica di no con la testa).

AGATA. Niente occhiali? A questo punto non rimane che il mio lucida labbra. Quel lucida labbra che puntualmente sono costretta a regalarle. E con questo sono nove lucidalabbra. Si scopra e chiariamo subito questa storia perché ho fretta. Devo sistemare la spesa e aspettare l’arrivo di Diana.

VALENTINO. (Senza scoprirsi indica di no con la testa).

AGATA. Nemmeno il lucida labbra?

VALENTINO. (Senza scoprirsi indica di no con la testa).

AGATA. Valentino, mi fa preoccupare ... (al pubblico) non l’ho mai visto così, sarà qualcosa di grave! (A Valentino) è forse caduto e ha il viso tumefatto?  

VALENTINO. (Senza scoprirsi indica di no con la testa).

AGATA. Niente tumefazioni ... ha contratto l’epatite! Ha il viso tutto giallo e non mi vuole spaventare. Si alzi e andiamo subito al Pronto soccorso!

VALENTINO. (Senza scoprirsi indica di no con la testa).

AGATA. Non ha l’epatite? Nemmeno un inizio di epatite?

VALENTINO. (Senza scoprirsi indica di no con la testa).

AGATA. Ha ... la varicella! Marco le ha fatto prendere la varicella quando l’ha avuta dieci anni fa. L’avevo detto io a Giulio di tener Marco lontano. Ma lui no!

VALENTINO. (Senza scoprirsi indica di no con la testa).

AGATA. Beh, effettivamente ... dieci anni di incubazione, sono forse troppi. Ecco! Lo immaginavo! Sapevo che prima o poi sarebbe successo: le sono venuti i piedi piatti.

VALENTINO. (Senza scoprirsi indica di no con la testa).

AGATA. Sono proprio sfortunata, non ne azzecco un! Ma qualcosa deve pur essere successo per coprirsi a quel modo! (Stanca della situazione) Valentino! A questo punto spero che abbia qualcosa di serio e che non mi abbia fatto perdere del tempo solo per capriccio.

VALENTINO. (Si toglie la coperta) Agata. Ho paura!

AGATA. (Lo guarda e sembra che non ci sia nulla che non va in lui) a prima vista sembra tutto a posto. Non deve avere paura Valentino, qualsiasi cosa sia successa si sistemerà.

VALENTINO. Sono diventato un testimone.

AGATA. Diventato “un testimone”? Da quando si è convertito a quel movimento religioso? Ci mancava solo questa. (Al pubblico) la settimana scorsa si è iscritto all’Associazione Zampognari d’Abruzzo. Il mese scorso invece si è iscritto all’Associazione ecologista che difende le balene. E prima ancora si era iscritto all’Associazione Brianza Campeggiatori. Fortunatamente poi Giulio è riuscito a sistemare tutto. Valentino è un po’ difficile da gestire e ... impossibile da lasciar solo.

VALENTINO. Sono stato testimone di un omicido.

AGATA. Ah. (Al pubblico, rassegnata) siamo alle solite. Vorrà forse dire di “un omicidio”.

VALENTINO. Si, di “un omicidio”.

AGATA. E chi è stato ucciso questa volta? (Al pubblico) fuori da casa nostra succedono omicidi continuamente. E mio suocero è sempre l’unico testimone. 

VALENTINO. Ero affacciato alla finestra per caso e in strada ...

AGATA. VALENTINO. ... è successo il finimondo.

AGATA. (Al pubblico) la solita frase. E io lo devo assecondare. Mio marito mi ha consigliato di assecondarlo. Io non faccio altro che assecondarlo. Io sono stanca di assecondarlo! Scopriamo chi è morto oggi. (Si siede e sfoglia un giornale).

VALENTINO. Un uomo aveva una pistola e ha cominciato a sparare a tutti i passanti.

AGATA. E chi è rimasto ucciso?

VALENTINO. Ha ucciso la signora che abita di fronte, la signora Matilde. Gli ha sparato e lei non si muoveva più. Poi è arrivata ad aiutarla sua mamma e così l’uomo ha ucciso anche lei.

AGATA. Matilde ha 79 anni, dubito che abbia ancora la mamma.

VALENTINO. E poi è arrivato un bambino in bici e ...

AGATA. (Interrompendolo) nella sua testa non avrà ucciso anche lui!

VALENTINO. No. Lui non è morto. L’uomo voleva ucciderlo, ma il bambino è stato più veloce e gli ha rubato la pistola.

AGATA. E il bambino cosa ne ha fatto della pistola?

VALENTINO. Cosa vuoi che ne abbia fatto? L’ha buttata in un cestino dell’immondizia.

AGATA. (Ironica) ovvio, le pistole si buttano sempre nei cestini. Certe cose dovrei saperle senza chiedere!

VALENTINO. Poi l’uomo se ne è andato ma sono riuscito a vederlo in faccia. E lui ha visto me.

AGATA. Bene, vorrà dire che andremo alla polizia a vedere le foto segnaletiche.

VALENTINO. E se ritornasse e mi volesse uccidere?

AGATA. Valentino, quello che tu pensi di aver visto è successo solo nella tua testa.  

VALENTINO. Io ho visto davvero quell’uomo uccidere Matilde e sua zia.

AGATA. Non era sua mamma? Valentino, prima che io entrassi, ho salutato Matilde ed era viva e vegeta. 

VALENTINO. Non è vero. Matilde è stata uccisa. L’ho vista con i miei occhi. E poi è venuta da me sua mamma a dirmi che sua figlia Matilde era stata uccisa. E io ora ho paura.

AGATA. Valentino, sto perdendo la pazienza con te. Tu si, devi avere paura, ma di me. (Rendendosi conto) che cosa sto dicendo? Con gli anziani malati, non si può perdere la pazienza. Non si può. Non si deve. Ma io la perdo lo stesso.

 

 SCENA II

Valentino, Agata e Giulio

 

GIULIO. (Entra da destra) ciao papà. Ciao cara.

AGATA. (Stanca) ciao Giulio.

GIULIO. Che bello tornare dal lavoro e vedere che la tua mogliettina saltare di gioia nel vederti.

AGATA. Giulio, siamo alle solite.

GIULIO. Fammi indovinare ... il Papa è venuto qui da noi e ha pranzato con mio papà? Oppure il Presidente della Repubblica è passato per la nostra via e mio papà lo ha incontrato?

VALENTINO. No. Il Presidente della Repubblica è venuto ieri.

AGATA. Oggi c’è stata una sparatoria per strada e hanno ucciso Matilde. 

VALENTINO. Non hanno ucciso Matilde ma la figlia di Matilde.

AGATA. Sono sicura che prima che arrivi sera, ci sarà lo sterminio della famiglia di Matilde fino alla quinta generazione. Comunque, per la cronaca, la versione precedente comprendeva l’uccisione di Matilde e di sua mamma.

GIULIO. Si può dire che in casa nostra la fantasia non manca.

AGATA. La fantasia ce n’è a iosa, ma se la cosa persiste, ben presto la mia presenza verrà a mancare in questa casa.

VALENTINO. E poi è arrivata la polizia e ha arrestato Matilde.

GIULIO. Perché ha arrestato Matilde?

VALENTINO. Perché aveva sparato a sua mamma.

AGATA. La fantasia galoppa in questa casa.

GIULIO. Ma non era un umo che aveva sparato per strada?

VALENTINO. Si certo. Ma questo ieri.

AGATA. Ieri non era venuto il Presidente della Repubblica? Mi perdo sempre qualcosa.

GIULIO. L’importante papà è che a te non sia successo nulla e che tu stia bene.

AGATA. (Lucido) in perfetta forma.

GIULIO.  Agata, porta pazienza.

VALENTINO. Tua moglie non mi crede mai. Ieri le ho detto che mi sono tagliato facendo la barba e non mi ha creduto.

AGATA. All’inizio no. Pensavo fosse il tuo solito racconto inventato.

VALENTINO. Mi ha creduto solo dopo aver visto il sangue sul mio viso.

AGATA. Giulio, i suoi momenti di lucidità sono sempre meno!

VALENTINO. Grazie Giulio per il bene che mi vuoi.

AGATA. Anch’io ti vorrei bene come Giulio se come lui andassi al lavoro e stessi poco a casa.

VALENTINO. Perché vuoi andare al lavoro? Non stai bene con me?

GIULIO. Vedi come è gentile?

AGATA. Giulio, è gentile solo nei momenti di lucidità.

VALENTINO. Io sono sempre lucido. Anche se a volte mi sembra di dire delle cose ... che non penso. (Tocca i libri di Jules Verne).

AGATA. Tipo che sei il testimone di una sparatoria?

VALENTINO. Hanno sparato? Dove?

AGATA. Non hanno sparato. Valentino, non toccare la mia pregiatissima collezione di racconti di Jules Verne.

VALENTINO. Pregiatissima?

AGATA. No! Non è pregiatissima. Me lo scordo sempre! (Al pubblico) non gli posso dire che è pregiata altrimenti è capace di ridurla a pezzi. Lo ha già fatto con i Tex di Giulio. Non so, coi libri si comporta così. Ha un’avversione. Valentino, sono solo dei banali libri che tengo per non lasciare la mensola vuota. Prima o poi li butterò.

VALENTINO. Eh, si la mensola vuota sta male. (Controlla l’orologio) devo andare a prendere le pastiglie. (Sta per uscire poi si ferma) Agata, ma non è compito tuo ricordarmelo? Giulio, tua moglie ha dei problemi di memoria. (Esce a sinistra).

AGATA. Lo hai sentito? Io ho problemi di memoria! Da che pulpito!

GIULIO. Cara, non prendertela. La sua malattia lo porta ad avere dei momenti poco lucidi.

AGATA. Anche i momenti lucidi iniziano a darmi fastidio!

GIULIO. I momenti lucidi ti danno fastidio, quando racconta le “sue avventure” ti danno fastidio, non si può trovare una soluzione?

AGATA. Io una soluzione ce l’avrei, l’ospizio. O, casa di cura come si dice oggi.

GIULIO. E perché non, ricovero?

AGATA. Giulio, lo vedi anche tu quanto è difficile da gestire. Tu sei praticamente sempre al lavoro e non mi aiuti in alcun modo.

GIULIO. Non so se te ne sei accorta, ma la domenica io vivo tutto il giorno in questa casa.

AGATA. Pensa, non mi accorgo nemmeno della tua presenza perché devo seguire tuo padre.

GIULIO. Io avrei qualcosa da dire in merito a questo. E poi la domenica, mia cara, sono io che seguo mio padre perché tu devi riposare a causa della settimana impegnativa che hai trascorso.

AGATA. È vero. Sono talmente abituata a stare in casa che non me lo ricordavo.

GIULIO. Se stare in casa è uscire tutte le mattine a far spese, fermarti a far colazione con le amiche e tornare solo per il pranzo, allora si. Il pomeriggio, stare in casa, vuol dire far compagnia alla tua amica d’infanzia Gaia che porta a passeggio il cane e tornare all’orario di cena. La sera è vero, sei a casa, e non ti perdi i tuoi quattro telefilm in tv.

AGATA. Ecco, come vedi ho tante cose da fare e non ho tempo di seguire tuo padre. Io sono una donna troppo impegnata, me lo dico sempre. In un ospizio invece lo seguirebbero a dovere anche nel prendere le medicine.

GIULIO. Ma la sarebbe solo un numero e dovrebbe sottostare a delle regole.

AGATA. Regole che qui non ha, ma dovrebbe avere.

GIULIO. Alla sua età dovrebbe essere libero Agata.

AGATA. Libero di ridurre a pezzi la tua collezione di Tex?

 

SCENA III

Valentino, Agata e Giulio

 

VALENTINO. (Rientra Valentino da sinistra) vi sono mancato?

GIULIO. Si certo papà.

AGATA. A me no.

GIULIO. Non ascoltare ad Agata, a lei piace scherzare.

AGATA. (Mentre esce a sinistra) una volta mi piaceva scherzare, ora non più. E caro il mio maritino, anch’io dovrei essere libera alla mia età. (Esce a sinistra).

VALENTINO. Giulio, parliamo da uomo a … papà. A me sembra che Agata oggi ce l’abbia con me. Che cosa le ho fatto?

GIULIO. Papà, Agata è ... (al pubblico) non posso dire la verità, gli farei troppo male. Agata è … in quel periodo, e una delle reazioni è il nervosismo. E quando una persona è nervosa non sa quello che dice. Non devi badarle. Non c’è niente che non vada. (Mentre esce a sinistra) Agata, ma tu sei libera.

VALENTINO. Agata è sempre nervosa. (Pensa) che abbia sempre ... quel periodo?

 

SCENA IV

Valentino e Diana

 

DIANA. (Entra da sinistra) buongiorno Valentino. La trovo in forma oggi.

VALENTINO. Tu sei ... tu sei ...

DIANA. Diana. La sua vicina di casa, Diana. Agata mi ha invitata a bere il caffè.

VALENTINO. Si, Diana.

DIANA. Agata ... c’è? (Si avvicina alla collezione di libri di Verne) cosa darei per avere una collezione così.

VALENTINO. Ti piacciono i libri?

DIANA. Questi non solo libri comuni sa?

VALENTINO. (Prende i libri e glieli consegna) ora sono i suoi.

DIANA. Come ... io ... non posso, sono di proprietà di Agata.

VALENTINO. Agata ... Agata chi?

DIANA. Agata sua nuora.

VALENTINO. Ah, Agata. Scusa a volte faccio fatica a ricordarmi i nomi. A lei non piacciono e ha detto che prima o poi li butterà. 

DIANA. Non credo proprio. Questi valgono parecchio.

VALENTINO. Io non racconto bugie. (Alza la voce) Agata, i libri che sono sulla mensola, ti piacciono?

AGATA. (Da fuori scena, scocciata) ancora! No, non mi piacciono e prima o poi li butterò via.

VALENTINO. Sentito? Sono tuoi.

DIANA. Non so che dire ... se non avessi sentito, non ci crederei. Beh, non mi rimane che dire ... grazie.

VALENTINO. (Non più lucido e molto convincente) una cosa in meno da portar via.

DIANA. Portar via?

VALENTINO. Eh si. Siamo stati sfrattati.

DIANA. Sfrattati?

VALENTINO. Si, siamo stati sfrattati perché non abbiamo più soldi e allora si portano via la casa per saldare i tanti debiti.

DIANA. Come è possibile? Vedo Agata tutti i giorni e non mi ha mai detto nulla.

VALENTINO. Si portano via tutta la casa. Anche la porta d’entrata. E non abbiamo più niente nemmeno da mangiare.

DIANA. Sono senza parole. Ha preso le pastiglie oggi?

VALENTINO. Certo che le ho prese, me le ha date Agata. Vuoi che te la chiami?

DIANA. (Al pubblico) sembra molto convincente. No, no le credo.

VALENTINO. E tutto perché mio figlio Riccardo è rimasto senza lavoro.

DIANA. Vorrà dire ... Giulio.

VALENTINO. Giulio? E chi è Giulio?

DIANA. Giulio è suo figlio, Valentino. È Giulio che è rimasto senza lavoro?

VALENTINO. Si si, Giulio. Riccardo il lavoro ce l’ha.

DIANA. E chi è Riccardo?

VALENTINO. Riccardo Cuor di Leone! Non ha mai sentito parlare del Re d’Inghilterra? Non lo ha visto nei dintorni? È venuto a trovarmi la settimana scorsa.

DIANA. Valentino, credo si stia confondendo. La settimana scorsa hanno dato il film in tv dal titolo “Riccardo Cuor di Leone”.

VALENTINO. Io non l’ho visto in tv, ma è entrato in casa mia.

DIANA. E io ho incontrato per strada Mara Maionchi. Da quando Giulio è senza lavoro?

VALENTINO. Da tanto tempo. Hanno venduto anche tutti i miei vestiti.

DIANA. Non so che dire ... non immaginavo ... se posso fare qualcosa ...

VALENTINO. Non ho più niente, né canotta e né mutande da indossare. Come vivo senza canotta e mutande? Mi vedi girare senza mutande e senza canotta?

DIANA. Con tutto il rispetto, preferirei non vederla. Non ho parole ... perché Agata non mi ha detto nulla? Siamo amiche da sempre e ci confidiamo tutto ... (Lascia i libri sul divano. Si avvicina a Valentino e lo consola) mi dispiace Valentino. Vedrà che presto tutto si sistemerà. Nel frattempo le porto qualcosa da mangiare e se mi permette le compilo anche un assegno. E le porto anche quello che le sta a cuore. (Esce a destra). 

VALENTINO. Niente. Non abbiamo più niente.

 

SCENA V

Valentino e Agata

 

AGATA. (Entra in scena da sinistra) Diana! Non c’è? Mi sembrava di aver sentito la sua voce.

VALENTINO. Diana? E chi è Diana?

AGATA.  La mia miglior amica e la nostra vicina. Dove sono andati i momenti lucidi?! (Si accorge dei libri appoggiati sul divano) perché i miei libri sono qui?

VALENTINO. Li stavo leggendo.

AGATA. Si, come no. Le ci vorrebbero tre paia di occhiali. E comunque questi non sono da leggere. (Al pubblico) scusate, tutti i libri sono da leggere. Tranne questi. Questi non devono e non possono essere sciupati.

VALENTINO. Li volevo leggere per sapere perché sono così brutti come dici.

AGATA. Più che brutti! (Mentre li sistema sulla mensola) questi libri servono solo per riempire la mensola.

VALENTINO. Sono tanto brutti?

AGATA.  Bruttissimi.

GIULIO. (Solo voce da sinistra) Agata, non trovo la mia cravatta blu.

AGATA. L’ho messa da parte per strozzarti quando dormi! Arrivo. (Al pubblico) lui le nasconde perché suo padre gliele ruba e poi tocca a me cercarle per casa. (Esce a sinistra).

 

SCENA VI

Valentino e Diana

 

DIANA. (Entra in scena da destra con una borsa di cibo, un assegno, una mutanda e una canotta) ho preso tutto.

VALENTINO. Sei andata a fare la spesa?

DIANA. No, avevo tutto a casa.

VALENTINO. E per chi sono?

DIANA. Sono per lei e per la sua famiglia.

VALENTINO. E come mai?

DIANA. Perché siete indebitati.

VALENTINO. Non lo sapevo.

DIANA. Me lo ha appena detto, non si ricorda?

VALENTINO. È vero, a volte perdo la memoria. Ora ricordo tutto. Siamo tanto in disgrazia.

DIANA. Agata non avrà voluto dirmi nulla perché si sarà sentita in imbarazzo. E io non voglio metterla a disagio e lascio a lei questo assegno. Spero che basti.

VALENTINO. Grazie.

DIANA. E poi le ho portato del cibo. (Toglie dalla borsa) pasta, zucchero, formaggio, latte, pane e frutta e verdura. Prima di sera vedrò di portarle anche della carne.

VALENTINO. Grazie. Hai portato anche le sigarette?

DIANA. No. Da quando fuma Valentino?

VALENTINO. Da domani.

DIANA. Il fumo le fa male, meglio che eviti questo vizio. E poi, avevo ancora qualcosa di mio padre in casa (toglie mutande e canotta) ... mai indossate.

 

SCENA VII

Valentino Diana e Agata

 

AGATA. (Entra in scena sulle ultime due parole di Diana. Arrabbiata per ciò che vede) Diana! Che cosa stai facendo con quegli ... indumenti in mano?

DIANA. Sono per tuo padre.

VALENTINO. Si, sono per me.

AGATA. Non capisco. Non capisco … voi due ... voi due ... state … sto male al solo pensiero. Diana, ti rendi conto? (Alludendo al fatto che Valentino e Diana possano avere una relazione).

DIANA. (Pensando al fatto che sono in povertà) no, non me ne rendo conto. Non ci credo ancora a quello che è successo.

AGATA. Pure! Da quando va avanti la vostra ... non riesco nemmeno a dirlo ... e perciò preferisco dire … amicizia?!

VALENTINO. Siamo amici da tanti anni vero Diana?

DIANA. Si, Valentino da quando sono diventata vostra vicina. Agata, mi dispiace per quello che è successo.

AGATA. Ti dispiace? Io sono sconvolta! Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere!

DIANA. Nemmeno io! È stato Valentino che ...

AGATA. È stato Valentino? (Al pubblico) a me non mi guarda nessuno da anni e sono anche un bel pezzo più giovane di Valentino! Che cosa avrà Valentino di così affascinante? Non credo sia quello che pensiamo noi, il figlio non è poi così ... dotato.

VALENTINO. Si sono stato io ...

AGATA. Va beh, un uomo è sempre un uomo a qualunque età. Ma tu Diana sei giovane!

DIANA. Grazie del complimento. È che io ti voglio bene e allora ...

AGATA. Vuoi bene a me e poi ti prendi mio suocero?

DIANA. Se vuoi lo prendo in casa volentieri intanto che voi cercate di riprendervi.

AGATA. Riprenderci? Noi non ci riprenderemo mai dopo quello che è successo fra di voi. Cosa pensi che dirà Giulio quando lo saprà?

DIANA. Perché lui non sa ancora niente? Io pensavo che ... Valentino mi ha detto che …

AGATA. Che cosa pensavi? Non sapevo nulla nemmeno io! Vuoi che lo sappia lui?

VALENTINO. Sono stato io che ...

AGATA. Lei faccia silenzio! Non sapevo di avere per casa un ... maniaco!

DIANA. Un maniaco? E dov’è?

AGATA. L’ho qui davanti a me!

VALENTINO. Io?

DIANA. Valentino?

AGATA. E come si chiama una persona anziana che si fa portare mutande e canotta dalla sua ... non so nemmeno come si chiama ... amante, compagna ...

DIANA. Agata ma che stai dicendo?

AGATA. (Si accorge dell’assegno) e questo cos’è?

VALENTINO. È un assegno di Diana per ...

AGATA. Un assegno?! (A Valentino) si fa anche pagare!?!? (Al pubblico) mio suocero è il “Rocco Siffredi” di ... (nome della città della messa in scena)!

DIANA. Beh ... lo so ... non avrei dovuto ...

AGATA. (Al pubblico) mi viene da piangere se penso che mio suocero è … molto prestante. Perché il padre si e il figlio no?!

DIANA. ... non avrei dovuto ma so che il denaro che hai ormai è …

AGATA. Cosa ne sai tu del denaro che ho e di quello che non ho.  

DIANA. Valentino mi ha detto tutto.

VALENTINO. Gli ho detto tutto.

AGATA. (Al pubblico) che cosa può avergli detto? (Si adira) ascoltatemi attentamente. Già è dura da digerire sapere che voi due state insieme, ci manca solo che Valentino abbia spifferato la nostra situazione economica. (Al pubblico) è diventata molto florida da quando mio marito ha avuto una promozione e l’argomento denaro non lo tocca mai con nessuno.  

DIANA. (Tenendo sempre in mano le mutande) Agata, scusa, che cosa vuoi dire con la frase “voi due state insieme”?

AGATA. Vuol dire quello che hai detto tu fino ad ora: tu e mio suocero state insieme. Fate tutto quello che una coppia fa. (Al pubblico) mi viene la nausea solo a pensarci.

DIANA. Tu hai pensato che ... noi ... Agata, tu sei pazza! (Ride) io e tuo suocero “non stiamo insieme”. È solo il mio vicino di casa e nulla di più.

AGATA. Non sei molto credibile con quelle mutande in mano.

VALENTINO. Ora sono mie le mutande.

DIANA. Non so che cosa tu abbia capito ma io ho cercato solo di esservi d’aiuto. Valentino mi ha detto della situazione economica disastrosa in cui vi trovate e così ho cercato di aiutarvi in ciò che è nelle mie possibilità. Avresti potuto dirmelo tu, non volevo venirlo a sapere da Valentino. È stato imbarazzante. Credevo fossimo amiche.

AGATA. (Al pubblico) avete sentito quello che ha detto? (A Diana) la mia situazione economica ... disastrosa?

DIANA. Non devi vergognarti Agata, può capitare a tutti. Parlerò stasera stessa con mio zio e vedrò di far trovare subito un lavoro a Giulio. L’assegno serve per pagare il mutuo della casa.

AGATA. Diana, cara, mi vuoi dire esattamente cosa ti ha detto mio suocero?!

DIANA. Che Giulio ha perso il lavoro.

AGATA. (Cercando di stare calma) si ...

DIANA. Siete stati sfrattati e si porteranno via la casa. Anche la porta d’entrata. Ed ecco il perché del mio assegno.

AGATA. (Cercando di stare calma) capisco ... 

DIANA. Non avete più soldi e non avete nulla da mangiare. Ed ecco il perché di questo cibo.

AGATA. (Cercando di stare calma) uhm ... uhm ...

DIANA. E avete venduto tutti i vestiti di Valentino. Ed ecco il perché delle mutande e della canotta.

AGATA. (Cercando di stare calma) Valentino ...

VALENTINO. Si ...

AGATA. Tu hai raccontato tutte queste cose a Diana?

VALENTINO. Si certo. È la tua amica.

AGATA. (Trattenendosi a stento contro Valentino) Diana, Giulio non ha perso il suo lavoro, anzi, sette mesi fa ha avuto una promozione. Il mutuo della casa lo abbiamo estinto l’anno scorso e nessuno ci sta sfrattando. Abbiamo un conto bancario fiorente e il frigorifero e la dispensa sono zeppi di ogni ben di Dio. E i vestiti di Valentino sono ancora tutti nel suo armadio.

DIANA. Ma … Valentino … lui mi ha detto che … Agata ... mi dispiace ... cioè, sono contenta che non sia così ... sono mortificata ...

AGATA. Non è tua la colpa ma di qualcun altro!

VALENTINO. Ti piacciono le mie mutande? Me le ha regalate Diana.

AGATA. (Alzando la voce) Giulio! (Fra sé) ora mi dovrà ascoltare.

DIANA. Scusami Agata, scusa se ho frainteso ...

AGATA. Tu non hai frainteso, è stato Valentino che si è inventato tutto. Come sempre. Vero Valentino? Diana, ora parlo a Giulio e poi tu mi aiuterai a far entrare Valentino nella casa di cura in cui lavori. Giulio!

VALENTINO. (Lucido).

 

SCENA VIII

Valentino Diana, Agata e Giulio

 

GIULIO. (Entra da sinistra) che c’è?

AGATA. Tuo padre ne ha fatta un’altra delle sue. Valentino, racconta a Giulio perché hai detto a Diana che eravamo caduti in disgrazia, senza soldi, sfrattati e che avevamo venduto i tuoi vestiti?

VALENTINO. Io non ho inventato nulla. Ho sentito dire ieri da Giulio che aveva perso la borsa. E io so che nella borsa ci tiene i soldi.

TUTTI CAPISCONO IL FRAINTENDIMENTO

AGATA. Non quella borsa Valentino! Ma la borsa valori che è un mercato finanziario.

GIULIO. Si. E noi non abbiamo perso niente perché non abbiamo investito nulla. Papà, noi non siamo poveri. Abbiamo tutto ciò che avevamo stamattina e ieri.

VALENTINO. È davvero così?

GIULIO. Si papà.

DIANA. Dato che si è risolto tutto, io tolgo il disturbo. E mi scuso ancora.

AGATA. Diana, ho apprezzato molto il tuo aiuto. So che se dovesse succederci qualcosa, ho una persona su cui contare.

DIANA. Figurati. Tu faresti lo stesso.

AGATA. Esatto. Ma c’è una regola, non diventare mai l’amante di Valentino.

AGATA. DIANA. (Ridono).

DIANA. (Raccoglie tutte le cose, mutande, canotte, cibo e assegno compreso. Poi si prende la collezione di libri).

VALENTINO. Posso tenermi la canotta e le mutande?

GIULIO. Bravo papà!

AGATA. (Si accorge che Diana sta prendendo i suoi libri) scusa Diana ... che stai facendo?

DIANA. Prendo i libri che non ti piacciono.

AGATA. A me piacciono questi libri. E parecchio!

DIANA. Eppure ti ho sentita rispondere a Valentino: “Prima o poi li butterò via”. E così Valentino me li ha regalati.

AGATA. C’eri anche tu con lui? (Prendendola da parte, riprendendosi i libri e a bassa voce) è vero. Io dico sempre così a mio suocero perché altrimenti lui me li tocchiccia tutti i giorni. Se dico che non mi interessano invece li lascia stare.

DIANA. (Riprendendosi i libri) si, ma lui me li ha regalati.

AGATA. (Riprendendosi i libri) Valentino non può regalarti qualcosa che non è suo. I libri sono miei.

DIANA. (Riprendendosi i libri) vero. Ma io so che una cosa regalata è regalata per sempre.

AGATA. (Riprendendosi i libri. Decisa) questi libri non si muovono di qui o chiamo i Carabinieri!

VALENTINO. Perché i Carabinieri?

GIULIO. Niente Valentino. Ragazze, non fate così.

DIANA. (Riprendendoli ma poi lasciandoglieli) beh, effettivamente ... non ho nemmeno un posto in cui metterli. (Guarda l’orologio) è tardissimo, devo andare al lavoro. Ciao.

AGATA. Ti aspetto domani per il caffè che dovevamo prendere oggi ma che a causa di qualcuno è rimasto nel barattolo in cucina. Tienimi un posto! Ciao. Valentino, ci puoi lasciare soli cinque minuti?

VALENTINO. Se a Giulio va bene.

GIULIO. Io non sono poi così d’accordo ad un incontro a due.

AGATA. E io dico invece che questo incontro a due avverrà. E subito! Valentino lei vada ... in camera sua.

VALENTINO. (Esce a sinistra).

GIULIO. Mandi in camera mio padre come facevi con Marco quando era piccolo.

AGATA. Tuo padre è ritornato come un bambino se ancora non l’hai capito.

GIULIO. Ora non te la prenderai per quello che è successo poca fa!? Ha solo frainteso le mie parole.

AGATA. Lui fraintende sempre Giulio! Io ho paura. Paura che possa succedergli e succederci qualcosa.

GIULIO. Se tu lo seguissi un po’ di più ...

AGATA. Non ho il tempo! Tu stesso hai elencato i miei impegni inderogabili!

GIULIO. Come uscire a far le spese e la colazione con le amiche? Il pomeriggio in compagnia della tua amica d’infanzia che porta a passeggio il cane? La sera i tuoi telefilm in tv?

AGATA. Esatto.

GIULIO. Potremmo assumere qualcuno che lo possa assistere mentre tu sei a … faticare.

AGATA. Ma, non so … (Si accorge che Valentino sta ascoltando e si avvia all’uscita di sinistra) Valentino? Sta origliando per caso?

VALENTINO. (Lucido. Entra appena) no. Stavo passando di qui. (Al pubblico) non è vero, stavo ascoltando. (Esce di nuovo ma si ferma ancora ad ascoltare).

GIULIO. Agata, non stressare mio padre. Non vorrai tenerlo prigioniero in casa sua!?

AGATA. Tuo padre è libero di muoversi come vuole. O forse vedi che lo tengo con le mani legate?

GIULIO. Ad un uomo di quella età non si può proibire ciò che vuole. Ovvio, nel limite del possibile

AGATA. Infatti fa tutto ciò che vuole. Va a letto all’ora che vuole e si alza quando vuole. Gli cucino ciò che vuole. Se mi chiedesse pane ed acqua, gli preparerei anche pane ed acqua.

GIULIO. Però a volte esageri quando lo riprendi. Sei rigida come un carabiniere! Dai l’impressione di volerlo vedere … in carcere.

AGATA. No, mi basta un ospizio. Diana mi ha detto che mi aiuta.

GIULIO. Diamogli un'altra possibilità Agata.

AGATA. Ancora? Io ho paura quando lo vedo perso nei suoi pensieri.

GIULIO. Agata, vedrai che andrà tutto bene. Parlerò a mio padre e vedrò di calmarlo.

AGATA. Ecco, bravo, imbottiscilo di calmanti.

GIULIO. Agata!

AGATA. Stavo scherzando.

GIULIO. E poi sai che il medico ci ha detto che c’è una cura nuova per il suo problema di salute.

AGATA. Nel frattempo perché non puntargli una pistola? Così si mette paura e sta fermo. (Prima che il marito risponda) scherzavo! Ora te lo vado a chiamare e così gli parli. E che sia l’ultima che mi combina!

VALENTINO. (Entra da sinistra) mi avete chiamato?

AGATA. Valentino è veggente. Sa quando è desiderata la sua presenza attraverso il solo pensiero. Valentino, da quando ha imparato ad origliare? Quando vuole ci sta con la testa, vedo. Giulio le deve parlare. (Esce a sinistra).

GIULIO. Niente di che papà.

VALENTINO. Mi sono comportato male?

GIULIO. No. È solo che a volte fai delle cose che ad Agata non piacciono.

VALENTINO. A te piacciono?

GIULIO. Nemmeno a me. Però io ti capisco. Agata no.

VALENTINO. A volte, non so che cosa mi succede, sono io ma non sono io. Capisci?

GIULIO. Quasi. Ora non pensarci e cerca di stare tranquillo e non combinare altri guai mentre vado a rassicurare di nuovo Agata. (Esce a sinistra).

VALENTINO. Grazie Giulio. Giulio è un bravo figliolo. (Non è lucido) però a volte non lo è. (Prende il telefono e compone dei numeri) pronto, con chi parlo?

TELEFONO. (Si sente solo la voce) con Gianni.

VALENTINO. Gianni e Chinotto?

TELEFONO. No, non abbiamo il chinotto.

VALENTINO. E che cosa avete allora?

TELEFONO. Aspetti un attimo, cara, che bibite abbiamo? (Un attimo di silenzio) mia moglie dice che abbiamo aranciata e limonata.

VALENTINO. Mi piacciono.

TELEFONO. Quando passa a prenderle?

VALENTINO. Ieri. Mi può passare un carabiniere?

TELEFONO. Carabiniere? Qui è la salumeria “Viadana” e non il comando dei carabinieri.

VALENTINO. Comandi!

TELEFONO. Intendevo, comando, il comando dei carabinieri.

VALENTINO. Cercavo proprio i carabinieri. Volevo dirvi che …

TELEFONO. Le ripeto che qui non ci sono carabinieri! Noi siamo un negozio e vendiamo bibite e pane.

VALENTINO. E io volevo dirvi che qui mi danno pane e acqua.  

TELEFONO. Venga da me a prendere acqua e pane? Applico lo sconto ai clienti nuovi. Dove abita?

VALENTINO. A casa mia.

TELEFONO. Lo so che abita a casa sua, ma in quale via?

VALENTINO. (Pensa) via … via … Via col Vento. Lei lo ha visto?

TELEFONO. Cosa?

VALENTINO. Il film “Via con Vento”.

TELEFONO. No. Scusi, ma cosa c’entra il film ora?

VALENTINO. Ah non lo so, è lei che mi ha chiesto la via.

TELEFONO. La via di casa sua!

VALENTINO. Via … via …

TELEFONO. Si, buonanotte.

VALENTINO. Buonanotte. È così tardi? Io devo parlare con i carabinieri.

TELEFONO. No, lei deve parlare col manicomio!

VALENTINO. Io voglio parlare con i carabinieri.

TELEFONO. Faccia il 112 allora! E non mi disturbi più. (Chiude la comunicazione).

VALENTINO. Grazie. (Compone il 112).

CARABINIERE. Qui i carabinieri. Mi dica.

VALENTINO. Volevo fare una denuncia.

CARABINIERE. Mi dica.

VALENTINO. Anche due denunce.

CARABINIERE. Mi dica.

VALENTINO. Ma è sicuro di essere un carabiniere e non una registrazione? Mi ripete sempre “mi dica”.

CARABINIERE. Mi dica.

VALENTINO. Mia nuora e mio figlio mi tengono prigioniero.

CARABINIERE. Dove?

VALENTINO. A casa mia.

CARABINIERE. Dov’è casa sua?

VALENTINO. Casa mia è qui. La vede? (Sposta il telefono e lo ruota).

CARABINIERE. Non la vedo.

VALENTINO. Metta gli occhiali.

CARABINIERE. Non la vedo nemmeno con gli occhiali.

VALENTINO. Ne metta due paia.

CARABINIERE. Li ho lasciati a casa. (Si sente che ordina) appuntato, vai a casa prendermi gli occhiali! Senta, il telefono da cui sta chiamando è a casa sua?

VALENTINO. Si. Però mio figlio lo ha comprato in un negozio. Va bene ugualmente?

CARABINIERE. Si. Dal numero riesco a risalire all’indirizzo. Mi diceva che è prigioniero di suo figlio e di sua nuora. E com’è che è riuscito a telefonare?

VALENTINO. Sono sfuggito.

CARABINIERE. Come si chiama?

VALENTINO. Giulio e Agata.

CARABINIERE. Lei, intendevo.

VALENTINO. Io mi chiamo Valentino Giuliani. Venite a liberarmi.

CARABINIERE. Sto arrivando. E perché la tengono prigioniero?

VALENTINO. Non lo so, ma ho sentito che mi vogliono dare pane e acqua.

CARABINIERE. Addirittura? Quanti anni ha?

VALENTINO. Lui intorno ai 50 e anche lei,

CARABINIERE. Non loro, ma lei.

VALENTINO. I miei non me li ricordo. La prego venga, mi hanno rapito e io voglio essere libero.

CARABINIERE. Sono in auto e sto per arrivare. (Si sente) e metti la prima e non la retro per andare avanti!

VALENTINO. E ho sentito che mi vogliono portare anche in carcere.

CARABINIERE. In carcere … è impossibile. Sono io che metto in carcere le persone.

VALENTINO. Poi lei mi mette in carcere?

CARABINIERE. No. Io vengo a salvarla.

VALENTINO. Si, mi salvi. Mi tengono prigioniero e … le ho già detto che mi vogliono dare pane e acqua?

CARABINIERE. Si, me lo ha già detto.

VALENTINO. E poi ho le mani legate.

CARABINIERE. Come può un figlio far questo ad un genitore io non lo capisco!

VALENTINO. Ho sentito che mia nuora vuole darmi dei calmanti.

CARABINIERE. Fra poco sarò da lei e la sistemo io sua nuora.

VALENTINO. Faccia presto, hanno anche una pistola!

CARABINIERE. Una pistola! Lasci il telefono e si metta al riparo! Sto scendendo dall’auto e sto per entrare. Lasci il telefono e si metta al riparo! Figlio e nuora ingrati adesso vi faccio vedere io!

 

SCENA IX

Valentino, Agata e Giulio

 

GIULIO. (Entra in scena e si avvicina a Valentino) Agata ti deve parlare.

AGATA. (Entra in scena e si avvicina a Valentino) volevo dirle che mi dispiace …

VALENTINO. Non avvicinatevi! Lasciatemi stare! Non voglio pane e acqua!

GIULIO. AGATA. (Si avvicinano e vogliono calmarlo).

GIULIO. Papà, che fai …

AGATA. Valentino, che le succede …

 

SCENA X

Valentino, Agata, Giulio e Carabiniere

 

CARABINIERE. (Irrompe in scena da destra con la pistola) fermi! Mani in alto! Lasciate il signor Valentino!

GIULIO. (Con le mani in alto) ma … cosa succede?

AGATA. (Con le mani in alto) non … capisco.

CARABINIERE. Ho detto di allontanarvi da Valentino.

GIULIO. AGATA. (Si allontanano).

GIULIO. Si prenda ciò che vuole ma non faccia del male a mio padre.

CARABINIERE. Ci vuole coraggio a dire questo dopo averlo messo a pane e acqua.

VALENTINO. (Avvicinandosi al carabiniere) e poi mi hanno tenuto prigioniero in casa e poi mi hanno puntato una pistola.

CARABINIERE. Datemi la pistola e non succederà nulla a nessuno.

AGATA. Giulio, tuo padre si è inventato di nuovo tutto!

CARABINIERE. Datemi la pistola e nessuno si farà male.

VALENTINO. Avete sentito? Dategli la pistola.

GIULIO. Signor carabiniere, non c’è nessuna pistola e non c’è stato nessun rapimento, mio padre soffre di un principio di Alzheimer.

AGATA. “Più che principio”, sembra a questo punto.

CARABINIERE. Silenzio!

GIULIO. (Sta per avvicinarsi) le dico che mio padre si è inventato tutto.

CARABINIERE. Fermo li! O le sparo!

AGATA. Non spari a nessuno, la prego!

VALENTINO. Perché vuole sparare?

CARABINIERE. Non voglio sparare a nessuno se non sono costretto.

GIULIO. Le ripeto che noi non abbiamo fatto nulla di male a Valentino, anzi.

AGATA. È lui che ne combina di tutti i colori.

CARABINIERE. Zitta! E che mi dice dei calmanti che gli ha fatto ingerire?

AGATA. Calmanti? Non ho dato un calmante a mio suocero in vita mia.

VALENTINO. (Lucido).

CARABINIERE. Lei le ha dato i calmanti eccome! Non è vero Valentino?

VALENTINO. No. Agata non mia ha mai dato dei calmanti.

CARABINIERE. Ma come …

GIULIO. Purtroppo non sta bene e cerchiamo di aiutarlo come possiamo. Più che altro sono io che cerco di aiutarlo.

CARABINIERE. Valentino, queste due persone l’hanno rapita?

VALENTINO. No.

CARABINIERE. Ma prima …

VALENTINO. Che ci fa lei in casa mia con quella pistola? Non sa che è pericolosa? Se ne vada o chiamo … i carabinieri! (E lo rincorre con una lampada) ragazzi ci penso io a questo.

CARABINIERE. (Mentre scappa) ecco io … (ai due) è pericoloso?

GIULIO. No, quando è lucido non è pericoloso.

CARABINIERE. Infatti, vedo.

 

 

SIPARIO

 

 

 

ATTO SECONDO

 

All’ospizio. Gli ospiti sono tutti seduti. A sinistra un separé che copre un tavolino già allestito con il necessario per una bisca di poker. Carte da scala 40, sigari e fish. Grappa e vino. Bicchieri.

Entrata a destra a sinistra e al centro.

In alto a destra pulsante antincendio.

APOLLONIA. Attende la figlia che la riporti a casa perché deve preparare il pranzo al marito. Non ricorda che è morto. La figlia non si fa mai vedere.

POLICARPA. Perde la memoria, non riconosce le persone. Ha appeso alcune etichette su abiti e su altro con i nomi di ciò che sono gli oggetti.

BERNARDINA. In sedia a rotelle. Spesso ripete ciò che sente.

BASILIO. Senza patologie. Spinge Bernardina.

NICOLA. Con bastone. Racconta sempre dei lavori che ha svolto.

 

SCENA I

Apollonia, Policarpa, Bernardina, Basilio, Nicola, Valentino e Diana

 

DIANA. Ed ora l’ultimo esercizio e la ginnastica è terminata.

APOLLONIA. Eh si. Perché devo andare a rifare i letti.

BASILIO. Le rifanno le infermiere i letti, Apollonia.

APOLLONIA. Io non ho le infermiere a casa. Sono io che faccio tutto a casa mia.

DIANA. Ancora un attimo di attenzione e poi siete liberi.

BERNARDINA. Poi siete liberi. Stamattina mi sono messa il rossetto.

BASILIO. Liberi … qui dentro?

DIANA. Questo è un posto bellissimo e non vi manca nulla.

POLICARPA. E che posto è questo?

DIANA. Questa è la sua nuova abitazione. Ora alzate il braccio destro e poi abbassatelo. Per tre volte.

APOLLONIA. Io lo alzo solo due volte perché poi arriverà mia figlia e mi porterà a casa.

BASILIO. Apollonia, tua figlia ti ha portata qui.

APOLLONIA. Si, perché doveva andare a fare la spesa.

BERNARDINA. Doveva andare a fare la spesa. Quando faccio la spesa compero sempre il cioccolato.

NICOLA. Vi ho detto che ho lavorato in un negozio di alimentari? Riempivo gli scaffali e poi a volte andavo anche in cassa.

DIANA. Si, ci ha parlato di quando lavoravi in negozio. Adesso alzi il braccio destro Nicola.

POLICARPA. (Alza la gamba destra).

DIANA. Policarpa devi alzare il braccio e non la gamba. La gamba l’abbiamo già alzata.

POLICARPA. La settimana scorsa, oggi no. O forse si?

DIANA. Legga il biglietto.

POLICARPA. (Legge il biglietto. Lucida) gamba destra. (La alza) va bene così?

DIANA. Brava Policarpa.

BERNARDINA. Brava Policarpa. Io ho alzato le gambe.

BASILIO. Si, sei anni fa.

NICOLA. Io ho già fatto. Ho finito?

DIANA. Si Nicola.

NICOLA. Quando facevo il vigile alzavo il braccio destro. E poi anche quello sinistro. E poi dovevo anche girare su me stesso per le indicazioni. Una volta non esistevano i semafori ed eravamo noi vigili a far funzionare il traffico.

BERNARDINA. (Alza tutte e due le braccia).

DIANA. Bernardina, deve alzare solo il braccio destro.

BERNARDINA. Braccio destro. Non mi ricordo qual è.

BASILIO. È il braccio a destra di quello di sinistra.

DIANA. Basilio … alzi il braccio.

BASILIO. (Lo alza) Diana, non si offenda ma questa ginnastica è un po' noiosa. Come tutto qui è noioso.

DIANA. Noioso? Qui si gioca a tombola, a carte, ci sono spettacoli di teatro, esibizioni di canto … devo continuare? Propongono tante attività invece in questa struttura.

BASILIO. Ha ragione. In questa struttura.

VALENTINO. (Alza il braccio destro).

DIANA. Bravo Valentino. Ti ricordi me vero Valentino?

BERNARDINA. Ti ricordi di me vero Valentino? Sono quella di stamattina.

VALENTINO. Si. Sei un’infermiera.

DIANA. Si certo. Ma sono anche la tua vicina di casa. Ricordi?

VALENTINO. (Lucido) come posso dimenticare che sono qui grazie a te. Sei tu che hai consigliato mio figlio.

DIANA. Tuo figlio mi ha solo chiesto informazioni su questa casa di riposo e io gliele ho date. Poi ha fatto tutto lui.

BASILIO. Bella vicina.

DIANA. Basilio, oggi sei incontenibile. Voi dovete vedere questa, come la vostra nuova casa.

NICOLA. Ho costruito almeno 100 case quando facevo il muratore. Negli anni ’60 ho costruito anche alcune palazzine.

DIANA. Sempre attivo il nostro mastro Nicola. La lezione è terminata ed è orario di visita, preparatevi a ricevere i vostri parenti. A più tardi. (Esce al centro).

APOLLONIA. Fra poco mia figlia viene a prendermi e poi mi porta a casa. Io devo andare a casa perché mio marito tornerà dal lavoro e devo preparagli il pranzo.

BASILIO. Tua figlia … saranno trascorsi almeno sei mesi dall’ultima volta che è venuta a farti visita. E tuo marito … (Agli altri, piano) è morto cinque anni fa.

BERNARDINA. È morto cinque … (Viene interrotta).

BASILIO. Shhhh!

APOLLONIA. E perché una figlia non va a trovare la propria mamma?

POLICARPA. (Guardandosi le etichette appese) che cosa sono queste? (Legge) pantaloni. (Legge un’altra etichetta) golfino. Oh, ma questo è il gonfino che mia ha regalato mia figlia il giorno del mio matrimonio.  

BASILIO. Policarpa, tua figlia non era ancora nata al tuo matrimonio.

BERNARDINA. (In sedia a rotelle) il giorno del mio matrimonio. Mio marito è un uomo affascinante.

BASILIO. Bernardina, tu sei nubile.

BERNARDINA. Tu sei nubile. Io non sono nubile! Io sono sposata con mio marito.

APOLLONIA. Mio marito è al lavoro. 

NICOLA. Che lavora fa? O meglio, che lavoro faceva?

APOLLONIA. Lavora in fabbrica.

NICOLA. Anch’io ho lavorato in fabbrica. Facevo il magazziniere in una ditta dove assemblavano le agende. Dovevate vedermi andare su e giù per le corsie con quei muletti! Ero il più veloce di tutti.

BASILIO. Il Nuvolari delle corsie. Valentino, va tutto bene? Sei sempre così silenzioso. Come ti trovi qui? Perlomeno sul cibo non ci si può lamentare.

VALENTINO. (Non lucido) mangio molto meglio Da Vittorio.

BASILIO. Vittorio … un tuo amico?

VALENTINO. No, Vittorio, il ristorante tristellato di Brusaporto.

BASILIO. Si, ne ho sentito parlare. Ci andavi spesso? E quando ci sei andato l’ultima volta?

VALENTINO.  Ieri.

BASILIO.  Valentino, sei qui da una settimana. 

VALENTINO. (Lucido) voglio andare a casa mia.

BASILIO. Tu non hai più una casa tua. La tua casa è questa e la devi dividere con noi e con altri.

VALENTINO. Io abito con mio figlio.

BASILIO. Abitavi Valentino.

NICOLA. Vi ho detto che ho fatto il muratore?

BASILIO. Si, poco fa.

VALENTINO. Io mi trovo bene con voi amici, ma voglio andare a casa.

BASILIO. E chi di noi non vorrebbe andare a casa? Ma non possiamo. Io sono vedovo e senza figli. Non ho una gran pensione per permettermi tutto questo nonostante avessi un bel gruzzoletto. Ma il vizio del gioco d’azzardo mi ha prosciugato il conto. Mio fratello mi mantiene solo se sto alla larga da lui. E precisamente qui. Apollonia invece, è praticamente abbandonata da sua figlia. Lei è una manager molto famosa. Vero Apollonia?

APOLLONIA. Si, mia figlia è una … manigmarig … è famosa! A volte mi manca, a volte no. Ora mi manca. Non mi ricordo se ho pulito i vetri di casa.

BASILIO. Policarpa è qui col marito. Lui è al terzo piano. Al reparto “dipendenti”. È allettato e non si muove. E lei non lo ricorda quasi mai. Policarpa, dov’è tuo marito?

POLICARPA. Mio marito? Ma io non ho marito.

BASILIO. Tuo marito è sopra. Più volte Diana ti ha portato a visitarlo. Umberto.

POLICARPA. Umberto. Umberto non parla. Umberto non mangia. Umberto non cammina. Umberto. (Piange) Umberto. Chi è Umberto?

BASILIO. I suoi due figli sono all’estero. Bernardina invece è qui da sei anni dopo essersi rotta il femore di tutte e due le gambe. E da allora non ha più camminato Non è mai stata sposata. La nipote, dopo averla spremuta finché ha potuto ha lasciato che si occupassero di lei i servizi sociali. Bernardina, ti piace Valentino?

BERNARDINA. Ti piace Valentino, Bernardina? È un bell’uomo. Però è un po’ vecchio per me che ho trent’anni.

BASILIO. Bernardina tu hai 80 anni.

BERNARDINA. Tu hai 80 anni. Così tanti?

BASILIO. Ma non sono molti.

BERNARDINA. Ma non sono molti. Io ho 30 anni e sono una bella ragazza.

BASILIO. E poi c’è Nicola. Nicola è vedovo. L’unico figlio che aveva ha perso la vita in un incidente stradale. La nuora, non si occupa di lui come non si occupa dei propri genitori. Come avrai capito ha lavorato tutta una vita e la vita lo ripaga … così. E questo è tutto.

VALENTINO. (Lucido) Baba

BASILIO. Basilio.

VALENTINO. Basilio. Io voglio andare a casa. E tu mi devi aiutare.

BASILIO. Io vorrei aiutarti, ma non so come fare.

VALENTINO. Mio figlio mi vuole bene, lui non voleva mandarmi qui. È stata mia nuora.

BASILIO. L’avrai fatta arrabbiare.

VALENTINO. No. È solo che a volte, la mia testa va dove vuole e lei dice che invento cose che non esistono. Ora va molto meglio con la nuova cura. Voglio andare a casa ma non so come fare. Ho già chieso al dottore ma lui mi ha detto che non si può ora.

NICOLA. E quando allora? Non dar retta al dottore. Ti aiuto io Valentino. Trovati un lavoro.

BERNARDINA. Ti aiuto io Valentino. Trovati un lavoro. (Lo guarda) alla tu età un lavoro? Però hai gambe buone, scappa.

BASILIO. Bernardina!

APOLLONIA. Quando viene mia figlia e mi porta a casa ti porto a casa mia. Però dormirai nella stanza degli ospiti. Solo io dormo con mio marito.

BASILIO. Mi sembra più che giusto.

POLICARPA. Io ce l’ho una casa? (Guarda i biglietti appesi) golfino, camicia, pantaloni, calza, scarpa. Io una casa non ce l’ho.

NICOLA. E se fingessi di essere morto? Ti mettiamo in una bara e poi quando arrivi a casa esci dalla cassa. Ho lavorato qualche anno fa per una ditta di pompe funebri. Quelli però erano tutti morti.

BASILIO. Si, come no. Sarebbe un’impresa più grande di noi. Dobbiamo trovare qualcosa di più semplice e fattibile.

BERNARDINA. Semplice e fattibile. Valentino a casa, semplice e fattibile. Prendi la mia sedia a rotelle e arrivi a casa più in fretta.

VALENTINO. E tu poi? Io sto bene con voi ma la mia casa è sempre la mia casa.

APOLLONIA. Infiliamo Valentino in una valigia. Poi, quando viene mia figlia a prendermi, la porto con me e la lascio a casa sua.

BASILIO. Non diciamo cose a caso!

POLICARPA. Come si chiama quella che ci porta le medicine?

BASILIO. Infermiera Diana.

POLICARPA. Prendiamo l’infermiera Diana e la costringiamo a far tornare a casa Valentino oppure … oppure …

TUTTI. Oppure?

POLICARPA. Oppure la uccidiamo!

BASILIO. Oh, ma la vogliamo smettere di dire cose senza senso? Detto a voi, fa ridere. Però non fa ridere il fatto che ognuno di voi voglia aiutare Valentino a tornare a casa.

VALENTINO. Basilico mi …

BASILIO. Basilio …

VALENTINO. Basilio, mi aiuti ad andare a casa?

TUTTI. Si!!!

BASILIO. Fate in fretta a dire si, ma come si può fare? Non possiamo infrangere le regole o saranno guai per tutti noi. Potrebbero separarci. Che si fa? (Pensa) ci sarà pure un modo per aiutare Valentino. Ci sarà un modo io dico … ci sono! Ho trovato! Ascoltatemi bene, Policarpa, Bernardina, Nicola e Valentino andiamo in camera mia a prepararci e nel frattempo vi spiego tutto quello che dovete fare. (Al pubblico ironico) cosa semplicissima. Apollonia, tu dovrai intrattenere i parenti di Valentino il più possibile.  

APOLLONIA. I parenti di Valentino mi portano a casa da mio marito?

BASILIO. No Apollonia. (Alza la voce) ascoltami attentamente. Ora tu …

APOLLONIA. Non sono sorda sai?

BASILIO. Devi intrattenere i parenti di Valentino per un quarto d’ora, il tempo che ci serve per prepararci. Raccontagli di tuo marito, di tua figlia, di tua mamma, della tua vicina di casa … insomma di chi vuoi. Poi ti fai accompagnare anche in bagno e nel frattempo noi arriveremo.

APOLLONIA. (Contenta) si si. Ha visto mia figlia? Deve venire a prendermi per portarmi a casa. Il pranzo a mio marito lo preparo sempre io sapete?

BASILIO. Apollonia, non ora, ma quando entrano i parenti di Valentino. Ricordati, un quarto d’ora e poi in bagno. Voi seguitemi. (Tutti gli altri lo seguono ed escono di scena al centro).

 

SCENA II

Apollonia, Giulio e Agata

 

APOLLONIA. (Al pubblico) mi auguro di avere il tempo di intrattenere i parenti di Valentino, e se arrivasse mia figlia? Lui la fa facile.

GIULIO. (Entra da destra) ma questo posto è un labirinto! Spero che oggi abbia voglia di conversare.

AGATA. (Entra da destra) vedrai che chiacchiererà. Per lui qui è una posto nuovo.  

GIULIO. (Si guarda in giro) ma … dov’è? Solitamente ci aspettava qui. Scusi signora ha visto mio padre? Valentino Giuliani.

APOLLONIA. E lei ha visto mia figlia? Deve venire a prendermi per portarmi a casa …

GIULIO. Ehm … no. Non conosco sua figlia.

AGATA. Noi cerchiamo Valentino.

APOLLONIA. Mia figlia è una bella ragazza sa?

GIULIO. Immagino. Bella la madre, la figlia non può che essere altrettanto.

AGATA. Giulio, forse si trova in sala tv.

APOLLONIA. (Mettendosi di fronte alla porta al centro) devo preparare la cena a mio marito che torna dal lavoro. Lo avete visto?

GIULIO. Ehm … no. Magari è con sua figlia.

APOLLONIA. Questa sera cucino l’arrosto. A voi piace l’arrosto?

AGATA. Si certo. Però noi ora dovremmo andare a cercare… (viene interrotta).

APOLLONIA. (Piagnucola per finta) alla signora non piace il mio arrosto. (A Giulio) a lei piace il mio arrosto?

GIULIO. Non faccia così signora. A Diana piace molto il suo arrosto. (A Diana) Diana, stai attenta a quello che dici. A questa età sono molto sensibili.

AGATA. Signora, io adoro il suo arrosto. Vado pazza per il suo arrosto. (A Giulio) meglio così?

GIULIO. Benissimo. Il suo arrosto è molto più buono di quello che mi cucina mia moglie.

AGATA. (Risentita) Giulio!

GIULIO. (Piano) non volevo ferire la signora.

AGATA. Ma così hai ferito me.

GIULIO. Ma non dicevo sul serio. 

APOLLONIA. Mia figlia mi portava sempre in bagno a quest’ora.

GIULIO. Le chiamo un’infermiera.

APOLLONIA. Potete accompagnarmi voi? Mi dispiace disturbare l’infermiera.  

AGATA. E così “disturba” noi?

APOLLONIA. (Piagnucola per finta) la signora non vuole accompagnarmi.

GIULIO. Agata, per la miseria!

AGATA. Ho detto la verità.

GIULIO. Lo sai che sono molto sensibili a questa età.

APOLLONIA. (Piagnucolando sempre per finta) mi accompagnate?

GIULIO. Si, si, l’accompagniamo noi. Stia tranquilla, l’accompagniamo noi.

APOLLONIA. (Smette all’istante di piangere. Mentre escono al centro) facciamo in fretta perché mio marito mi aspetta a casa. Non ho ancora pulito il pavimento.

 

SCENA III

Policarpa, Bernardina, Basilio, Nicola, Valentino, Apollonia, Giulio e Agata

 

ENTRANO I 5 E TUTTI VANNO A SEDERSI AL TAVOLO DIETRO AL SEPARÉ. INDOSSANO ABITI DA GIOCATORI DA POKER: CAMICIA, PANTALONI CON BRETELLE, CAPPELO CON LA SOLA VISIERA E SIGARI (spenti ovviamente, fingono di fumare). SPOSTANO IL SEPARÉ. BEVONO.

BASILIO. Prendete le 5 carte e mettete il sigaro in bocca. Quando arrivano fingiamo di giocare e di fumare. Leggete quello che trovate scritto sulle carte. SI SENTONO DEI RUMORI FUORI SCENA. Stanno arrivando.

APOLLONIA. (Entra dal fondo e va al tavolo della bisca) sono sicura che non mancherà molto all’arrivo di mia figlia. Spero che venga con la mia nipotina.  

AGATA. GIULIO. (Entrando dal fondo).

GIULIO. E io spero che nel frattempo Valentino sia tornato.

VALENTINO. Punto tutto.

AGATA. Non lo vedo ma ho sentito la sua voce.

GIULIO. Anch’io. Non sarà a quel tavolo …

GIULIO E DIANA SI AVVICINANO AL TAVOLO DA GIOCO

NICOLA. Anch’io.

BERNARDINA. Anch’io. Punto tutto quello che ho e sono sicura di vincere.

BASILIO. Io rilancio di dieci.

POLICARPA. Io … non riesco a leggere le carte. E non so che fare.

NICOLA. Io apro. Ho lavorato anche come usciere in un palazzo a Milano.  

BERNARDINA. Palazzo a Milano. Apro anch’io. Non so cosa, ma apro.  

BASILIO. Io vedo. Che cosa hai Policarpa?

POLICARPA. Io ho cinque … non so come si chiamano, ma sono queste (le mostra).

GIULIO E AGATA SONO INDIGNATI

GIULIO. Che cosa stanno facendo?

AGATA. In questo ospizio gli ospiti giocano … a Poker?

GIULIO. Ma questo è un gioco d’azzardo! E poi … fumano, bevono! Mio padre fuma e beve! Roba dell’altro mondo.

VALENTINO. Scala a colori.

NICOLA. La scala con cui lavoravo non era a colori ma grigia. Io ho doppia coppia. E mi ricordo che ho avuto anche un doppio lavoro nello stesso giorno.

BERNARDINA. Doppio lavoro nello stesso giorno. Anch’io doppia coppia. Che bella coppia io e il mio fidanzato di Verona! 

BASILIO. Io invece ho un tris.

POLICARPA. Io … che gioco è questo?

GIULIO. (Ai 5) la direzione sa quello che state facendo?

VALENTINO. Ciao Giulio. Arrivo subito. Termino la partita e vi raggiungo.

GIULIO. Voi sapete che le persone anziane non dovrebbero partecipare al gioco d’azzardo e tantomeno fumare e bere?

AGATA. Diana, non ha mai accennato a questo momento di gioco. Mi ha detto che qui non si sarebbero sentiti in prigione ma liberi.

GIULIO. Liberi di fumare? Liberi di ubriacarsi? È inconcepibile! Così li uccidono! Pago fior di quattrini non per questo. Ora il direttore mi sente.

AGATA. Giulio, non esagerare. Ci sarà una spiegazione logica a tutto questo.

BASILIO. (Piano ad Apollonia) ora fatti accompagnare a bere il tè alla macchinetta.   

GIULIO. Sono proprio curioso di conoscere la spiegazione di tutto questo.

APOLLONIA. Ho sete di camomilla.

BASILIO. (Suggerisce) tè, non camomilla.

APOLLONIA. Ho sete di tè. Pensavo fosse una sete di camomilla invece, era di solo tè. Mi accompagnate di nuovo? Poi quando me ne andrò a casa non avrò più bisogno del vostro aiuto perché sarò accompagnata da mia figlia. Io non posso stare qui, ho delle cose da fare a casa mia che mi chiamano.

GIULIO. Scusi signora ma questo non è proprio il momento. Io devo andare … (v.i.) dal direttore perché …

APOLLONIA. (Piagnucolando sempre per finta) perché non mi vuole accompagnare?

AGATA. Signora non faccia così, l’accompagniamo volentieri. Però non pianga. (Piano a Giulio) lo sai che sono sensibili a questa età.

GIULIO. (Piano a Agata) prima però andiamo a protestare.

APOLLONIA. (Piagnucola più forte) voglio il tè. 

AGATA. Non pianga signora, l’accompagniamo subito.

VALENTINO. Ho vinto il piatto!

GIULIO. Io non vengo.

APOLLONIA. (Fingendo sempre di piangere) ma io voglio anche lei.

AGATA. Signora, anche Giulio la accompagna. Stia tranquilla. (A Giulio) tu vieni. La vuoi far soffrire più di quello che sta soffrendo? Ci faccia strada che la seguiamo.

APOLLONIA. (Smette all’istante. Mentre escono al centro) vi ho già detto che sto aspettando mia figlia?

GIULIO. (Mentre escono) penso un centinaio di volte.

BASILIO. Bravissimi siete stati tutti bravissimi. Ci hanno creduto.

NICOLA. Quando facevo il tabaccaio vendevo tanti sigari cubani. Posso avere un altro sigaro?

BASILIO. (Requisisce tutti i sigari) e questi non si toccano. Qui non si fuma. (Requisisce bicchieri e bottiglia di grappa) e qui non si beve.

BERNARDINA. (Un po' brilla) qui non si fuma e qui non si beve. Però era molta buona quell’acqua. Posso averne ancora?

POLICARPA. Questo … (legge il cartellino sul cappellino) questo cappellino mi sta bene? Ma come si chiama?

BASILIO. Si chiama cappellino.

VALENTINO. (Non lucido) quella signora si è portata via mio figlio. Lo avete visto anche voi! Dobbiamo denunciarla! Ora vado dai carabinieri e sporgo denuncia. (Cerca in tasca) dove ho messo le chiavi?! Qualcuno ha visto le chiavi della mia Porsche? Devo assolutamente andare dai carabinieri. 

NICOLA. Io ho vestito la divisa dei carabinieri. E in quegli anni di servizio …

BASILIO. Nicola ci racconterai più tardi. Valentino, Valentino, ascoltami e guardami. Nessuno si è portato via tuo figlio. Concentrati un attimo. Non ti ricordi più che vuoi andare a casa?

VALENTINO. Vado dai carabinieri, perché mio figlio …

BASILIO. Non vuoi più andare a casa?

VALENTINO. Casa? (Lucido) voglio andare a casa. Si, voglio andare a casa mia.

NICOLA. E noi ti stiamo aiutando, vero Basilio?

BASILIO. Esatto. E ora dobbiamo prepararci per la seconda messa in scena che aiuterà Valentino ad andare a casa.

POLICARPA. Facciamo ancora un altro gioco? Che bello!

BERNARDINA. Che bello! Giochiamo a nomi, città, cose?  

BASILIO. Non credo che con quel gioco si possa aiutare Valentino. È un altro e anche questo molto divertente.

NICOLA. Divertente come fare il calzolaio non c’è nulla. Ora ci sono solo scarpe di gomma, una volta erano tutte di cuoio. Quanti tacchi ho incollato.

BASILIO. E ne attaccherai ancora. Seguitemi. Anche tu Valentino.

VALENTINO. E poi vado a casa?

BASILIO. Se funziona, si. (Escono tutti al centro).

 

SCENA IV

Diana

 

DIANA. (Entra da destra) come sta andando con i … (si accorge che non c’è nessuno) parenti? Ma dove sono finiti? Basilio … Basilio chissà dove se li è portati. Devo dire però che è una fortuna che ci sia Basilio che li stimola ad un po' di pazzia. Noi possiamo solo accudirli a farli sentire come a casa propria, per quanto si possa stare bene lontani da casa. Oggi le case di cura sono stracolme di ospiti di una certa età perché i figli lavorano. Marito e moglie lavorano e i genitori … non si riescono a gestire. L’ultimo arrivato è Valentino e mi piange il cuore vederlo triste. Spero sia perché non si è ancora ambientato. Almeno lui ha qualcuno che gli vuole bene. Avete visto i suoi … compagni? Quelli si che sono soli. Figli o nipoti li hanno piazzati qui e praticamente non si sono fatti più vedere. Il mondo è una ruota, siate consapevoli di questo

. Chissà dove saranno andati! (Esce a sinistra).

 

SCENA V

Apollonia, Giulio e Agata

 

GIULIO. (Entra da destra) ed ora che abbiamo bevuto tè a volontà, vado in direzione. Papà tu … ma … ma … dove si è cacciato?

APOLLONIA. Sarà andato con gli altri a controllare se arriva mia figlia.

AGATA. Non credo proprio.

GIULIO. Ho perso mio padre. Lo porto in un posto che mi è stato consigliato perché sicuro e invece …

AGATA. Forse siamo rimasti troppo alla macchinetta del tè.

GIULIO. (Al pubblico) la signora voleva bere un tè. Ne ha bevuti cinque.

APOLLONIA. Avevo molta sete. Sapete che bere fa bene? A casa mia bevo sempre cinque tè. Mi portate a casa mia? Avete parcheggiato l’auto qui fuori? (Si avvia verso l’uscita a sinistra).

AGATA. Signora, dove sta andando?

GIULIO. Si fermi. Lei non può uscire.

APOLLONIA. (Mentre esce) voi ora mi portate a casa e così vi offro tutto il tè che volete.

GIULIO. (Al pubblico mentre la rincorre) io sono qui per mio padre, non per … lei. (Escono tutti di scena a sinistra) signora, lei non può uscire ...

 

SCENA VI

Policarpa, Bernardina, Basilio, Nicola e Valentino.

 

ENTRANO IN SCENA DAL CENTRO VESTITI DA LAVORO.

BASILIO. Entra con una bicicletta, la capovolge. È vestito da meccanico di biciclette. Attrezzi da lavoro.

NICOLA. È vestito da calzolaio. Grembiule, scarpe a cui mettere il tacco e altro.

POLICARPA. È vestita da sarta. Grembiule, metro, gesso, stoffa, spilli e altro. Ogni aggetto ha il cartellino con scritto il nome.

BERNARDINA. È vestita da parrucchiera. Grembiule, pettini, phon, bigodini grandi, parrucche che pettinerà. Viene spinta da Valentino.

VALENTINO. È vestito da imbianchino. Tuta da lavoro, cappello di carta, vari pennelli.

BASILIO. Siamo bellissimi. Sembriamo pronti per carnevale. Ora sistemate tutti gli oggetti al tavolo e poi venite qui vicino a me. Cerchiamo di non perdere tempo, mi raccomando.  Nicola tu sei un calzolaio.

NICOLA. Io sono stato un calzolaio. Ho sistemato persino un paio di scarpe a Napoleone.

BASILIO. Addirittura? Tu hai sistemato un paio di scarpe al grande generale Napoleone?

NICOLA. Generale? Non sapevo che il mio vicino di casa fosse un generale.

BASILIO. Ah, il tuo vicino. Volevo ben dire io che Napoleone Bonaparte fosse venuto da te.

NICOLA. Si, buona-parte dei miei vicini veniva da me ad aggiustare le scarpe.

BASILIO. Si, buon per te. Policarpa, tu sei una sarta. Qualora ti dimenticassi, leggi sempre i cartellini.

POLICARPA. (Legge) sarta. Io ho bisogno di una sarta?

BASILIO. No. Tu sei una sarta.

POLICARPA. Ho capito. Ma da quando?

BASILIO. Da ora. Ti sei già dimenticata che dobbiamo aiutare Valentino a tornare a casa?

POLICARPA. È vero. Io sono una sarta per Valentino.

BASILIO. Ecco, brava. Bernardina tu sei una parrucchiera.

BERNARDINA. Tu sei una parrucchiera.

BASILIO. No. Tu sei una parrucchiera, io sono un meccanico ciclista.

BERNARDINA. Io sono un meccanico ciclista.

BASILIO. Io sono un meccanico ciclista. Sei tu che sei una parrucchiera.

BERNARDINA. Sei tu …

BASILIO. Bernardina è una parrucchiera.

BERNARDINA. Bernardina è una parrucchiera. Da giovane ho avuto i capelli lunghi. Con i boccoli.

BASILIO. Chissà che eleganza! Tu Valentino invece, sei un imbianchino. Sai che fa un imbianchino?

VALENTINO. Certo. L’imbianchino beve-un-bianchino. Mi piace questo lavoro.

BASILIO. Imbianchino non significa bere un bianchino.

VALENTINO. Due?

BASILIO. Né due e né tre. L’imbianchino dipinge i muri e non beve.

VALENTINO. Mai?

BASILIO. Quando ha sete, si. Acqua, solo acqua però. E comunque ragazzi … ragazzi … ragazzi eravamo una volta! Ora ci sediamo e iniziamo a lavorare. (Va a controllare alla porta) facciamo una prova intanto che nessuno ci vede. Sedetevi accanto ai vostri attrezzi da lavoro.

TUTTI SBAGLIANO A SEDERSI VICINO AI PROPRI ATTREZZI.

NICOLA. Si siede vicino agli attrezzi da sarta e li usa.

POLICARPA. Si siede vicino agli attrezzi di imbianchino e li usa.

BERNARDINA. Si mette al tavolo vicino agli attrezzi da calzolaio e li usa.

VALENTINO. Si mette vicino alla biciletta e prende gli attrezzi e li usa.

BASILIO. (Li guarda) che cosa state facendo?

VALENTINO. Quello che tu ci hai detto, lavoriamo.

BASILIO. Ma Valentino, non avevamo detto che facevi l’imbianchino? Che ci fai alla bicicletta?

NICOLA. Vado al lavoro di imbianchino in bici.

BASILIO. Nicola! Valentino prendi i tuoi attrezzi e vai vicino al muro. E tu Nicola perché stai facendo la sarta?

NICOLA. Perché in tutta la mia vita non ho mai fatto la sarta e volevo provare a farla.

BASILIO. Cambiate immediatamente postazione e utilizzate strumenti e arnesi a voi assegnati. E fate in fretta perché sembra che i parenti di Valentino stiano arrivando. (Si scambiano in fretta i posti e ognuno torna al proprio lavoro assegnato).

POLICARPA. Non riesco ad infilare … (legge il biglietto sull’ago) l’ago.

BASILIO. Non importa, devi solo fingere.

BERNARDINA. Devi solo fingere. Posso pettinare le parrucche?

BASILIO. Si, pettina le parrucche. Stanno entrando! Al lavoro!

 

SCENA VII

Policarpa, Bernardina, Basilio, Nicola, Valentino, Apollonia, Giulio e Agata

 

GIULIO. (Entra in scena da sinistra con Agata e Apollonia) che corse! Signora lei non deve … (vede suo padre che sta dipingendo) papà … che stai facendo?

APOLLONIA. Non lo vede? Dipinge il muro.

GIULIO. Si, lo vedo. Ma … perché? (Con Agata guarda suo padre che dipinge e poi va a vedere quello che gli altri ospiti stanno facendo).

APOLLONIA. Lei non fa mai dipingere i muri a casa? A casa mia ci pensa sempre mio marito.

GIULIO. Perché … state lavorando?

BASILIO. Io aggiusto le biciclette dei dipendenti. Un po' di soldini in più fanno comodo.

NICOLA. Io faccio il calzolaio e aggiusto le scarpe ai dirigenti della struttura.

AGATA. E perché ai dirigenti della struttura?

NICOLA. Perché loro hanno scarpe con tacco di cuoio. Le infermiere hanno ciabatte in plastica e non si riescono ad aggiustare. L’avvento della plastica è stato un danno per i calzolai.

GIULIO. Non riesco a credere a quello che sta succedendo.

 

POLICARPA. Io invece faccio … (guarda il foglietto) la sarta. Signora, vuole che le sistemi l’orlo della gonna?

BASILIO. Bernardina invece fa la parrucchiera e sistema i capelli a tutti. Vero Bernardina che io, cioè tu, sistemo i capelli?

BERNARDINA. Io, cioè tu, sistemo i capelli. Che bei capelli i suoi, signora. Glieli posso pettinare?

APOLLONIA. Io invece sono la “cicerone” della struttura e mostro ai parenti tutte le sale. Poi però la sera viene mia figlia e mi porta a casa.

VALENTINO. Ti piace quello che sto facendo Giulio?

GIULIO. Io … io … papà ma tu non dovresti lavorare.

VALENTINO. Lo so, ma qui tutti lavorano.

GIULIO. Tutti? Tutti gli ospiti della struttura … lavorano?

VALENTINO. Non lo so … penso.

BASILIO. Si! Tutti gli ospiti qui lavorano. Noi facciamo questi lavori, altri svolgono altri lavori come l’idraulico, il muratore e così via.

GIULIO. Prima la bisca … ed ora … un lavoro. Siamo sicuri che la direzione sia al corrente di tutto questo? Non vorrei che ci fosse qualcuno che vi sfrutta.

BASILIO. La direzione sa tutto! La direzione non ci obbliga ma ci invoglia energicamente a lavorare.

AGATA. Se me lo raccontassero non ci crederei. Mi sembra di vivere in un incubo.

GIULIO. È una cosa vergognosa! Agata, dimmi tu come possiamo lasciare in questa struttura mio padre.

BASILIO. E si, non lo si può lasciare qui.

NICOLA. Io me lo porterei via.

APOLLONIA. Qui ci sfruttano. E molto.

POLICARPA. E non possiamo rifiutarci.

BERNARDINA. Non possiamo rifiutarci.  Però io avrei voluto fare la sarta.

VALENTINO. Forse non è il caso di lasciarmi qui.

GIULIO. Ma ci deve essere un motivo per tutto questo! Che sia uno scherzo? Di cattivo gusto però. Prima di prendere una decisione definitiva voglio esporre le mie lamentele alla direzione. E voi, smettete di lavorare, lo avete già fatto per troppo tempo.

TOGLIE GLI STRUMENTI E OGGETTI DI LAVORO A TUTTI E SE LI PORTA CON SÈ. IL TUTTO IN MODO SIMPATICO.

GIULIO. Andiamo Agata. Spero di trovare qualcuno che sappia darci risposte e che siano convincenti.

AGATA. Speriamo di arrivarci in direzione! I corridoi sembrano tutti uguali! (Escono al centro).

BASILIO. Pensavo che li avrei convinti con questo espediente, invece … dobbiamo trovare ancora qualcosa per convincerli a portarti a casa, Valentino. Che rabbia!

VALENTINO. Voi siete troppo buoni con me.

APOLLONIA. Io ho un’idea!

BASILIO. Sentiamo.

APOLLONIA. Perché non ci travestiamo da persone che svolgono un lavoro?

NICOLA. E che cosa abbiamo fatto ora?

POLICARPA. Io faccio quello che fate voi, mi diverto tantissimo.

BERNARDINA. Anch’io mi diverto tantissimo. La prossima volta però faccio la sarta.

NICOLA. Anche a me è piaciuto. Quello che abbiamo fatto oggi mi ha fatto ricordare che da giovane …

BASILIO. ... hai lavorato.

NICOLA. No, ho fatto l’attore. E i travestimenti di oggi mi hanno ricordato il mio impegno a teatro.

VALENTINO. (Non lucido) a teatro? Ieri sono andato a teatro e ho visto che c’erano degli anziani che lavoravano.

BASILIO. Ma va? E come si chiamavano?

VALENTINO. C’eri anche tu sai? Anche lei, lei, e lei e lui. (Indicando tutti). Poi si è avvicinato un rapitore e ci ha dato tanti pugni.

BASILIO. Valentino … non è proprio andata a finire così. Pensaci bene. Ascoltami, è arrivato tuo figlio e tua nuora. E non è arrivato nessun rapitore.

VALENTINO. Nessun rapinatore? Sei sicuro?

NICOLA. (Prende il bastone e lo punta verso loro) mani in alto!

TUTTI ALZANO LE MANI TRANNE POLICARPA CHE INIZIA A LEGGERE LE ETICHETTE

POLICARPA. (Legge) pantaloni, gambe, maglietta, braccio, mano. Trovato! (Alza una sola mano).

BASILIO. Nicola, abbassa quel bastone. E voi abbassate quelle braccia.

NICOLA. Potrebbe essere un’idea quella di dare tanti pugni o bastonate al figlio di Valentino. 

BASILIO. Si, così ci prendiamo una denuncia tutti.

NICOLA. Quando facevo il buttafuori in una balera, una volta ho preso tanti pugni e tante bastonate. Fortunatamente un mio amico azionò il pulsante dell’allarme antincendio e ci fu un fuggi-fuggi o non so se oggi sarei vivo. Poi però mi hanno licenziato perché non ero idoneo. Ero sottopeso.

BASILIO. Nicola, che cosa hai detto?

NICOLA. Che mi hanno licenziato perché non ero idoneo. Ero sottopeso.

BASILIO. No, prima.

NICOLA. Ho fatto il buttafuori in una balera.

BASILIO. No, dopo.

NICOLA. Ci fu un fuggi-fuggi o non so se oggi sarei vivo.

BASILIO. Prima!

APOLLONIA. State giocando ad un quiz?

BASILIO. No Apollonia. Nicola, prima!

NICOLA. Un mio amico azionò il pulsante dell’allarme antincendio.

BASILIO. Esatto! (Guardando in alto dove si trova) il pulsante dell’allarme antincendio. 

TUTTI GUARDANO IL PULSANTE IN ALTO.

APOLLONIA. Come mai quel coso lì è così in alto? Quando viene mio marito lo faccio spostare più in basso.

POLICARPA. A me piace il colore. Di che colore è?

BERNARDINA. Di che colore è? Una volta mi sono fatta i capelli di quel colore.  

NICOLA. Era più o meno così anche il pulsante della balera.

VALENTINO. Dobbiamo guardarlo ancora per molto? Ho mal di collo.

BASILIO. Voi non capite! Beh, non è una novità. Ascoltatemi, ho un piano.

APOLLONIA. E che cosa suoni al piano? A mia figlia piace la lirica.

POLICARPA. Piano cottura intendeva … come ti chiami tu?

BASILIO. Non sto parlando del piano forte e nemmeno del piano cottura, ma del piano b …

NICOLA. Piano bar!

BERNARDINA. Piano bar! Si beve il vino al piano bar! Anche la grappa.  

VALENTINO. Al piano primo! Intendevi dire che dobbiamo andare al piano primo vero Basilio?

BASILIO. Bisogna essere santi per non perdere la pazienza con voi! Fate attenzione a ciò che ora vi dirò. Fra poco premerò quel pulsante. Subito dopo si sentirà una campanella suonare. Io inizierò a correre … (li guarda) meglio camminare, va là … in fretta e voi mi seguirete. Dovete seguirmi e non fermarvi. Tutti gli infermieri e addetti, correranno a cercare il luogo dell’incendio per spegnerlo e nessuno si accorgerà di noi. Siamo d’accordo? 

TUTTI DICONO DI SI.

BASILIO PREME IL PULSANTE, SI SENTE LA CAMPANELLA SUONARE. FUORI SCENA SI SENTONO RUMORI E VOCI.

BASILIO. Seguitemi (esce a destra).

ALCUNI OSPITI ESCONO A SINISTRA E AL CENTRO.

BASILIO. (Rientra e li va a prendere e li riporta in scena ed escono tutti a destra).

 

SCENA VIII

Giulio, Agata e Diana

 

GIULIO. (Entrano trafelati dal centro) c’è un incendio! Papà andiamo in giardino! (Non vede nessuno) papà, dove sei?

AGATA. Sarà con i suoi amici.

GIULIO. Si, ma dove? E se fossero dove c’è l’incendio?

AGATA. Spero proprio di no. È una preoccupazione dopo l’altra qui dentro.

DIANA. (Entra trafelata da sinistra) tutti in giardino! Ciao Giulio e Agata. Bene, qui non c’è nessuno. Seguitemi in giardino è il luogo sicuro quando suona la campanella antincendio.

GIULIO. Diana, se avessi saputo certe cose non so se … (v.i.)

AGATA. Giulio, non è il momento ora. Diana, non troviamo mio suocero. Era con i suoi amici.

DIANA. Saranno sicuramente in giardino. Abbiamo fatto l’altro giorno la prova antincendio e tutti loro sono usciti in giardino. Venite. (Escono a sinistra).

DOPO 5 SECONDI. LA SIRENA SMETTE DI SUONARE. I TRE RIENTRANO.

DIANA. Fortunatamente, nulla di grave. Qualcuno deve aver selezionato per sbaglio il pulsante.

GIULIO. Nulla di grave si, ma intanto mio padre non era in giardino e nemmeno in giro per … il labirinto.

AGATA. Potrebbe essere andato nella sua stanza. Da qui nessuno può uscire. Su questo statene certi.

DIANA. Sicuramente. Da qui nessuno può uscire. Su questo statene certi. Vado a controllare la sua stanza. (Esce al centro).

GIULIO. Agata, tutto questo trambusto mi fa pensare che mio padre starebbe bene …

 

SCENA IX

Policarpa, Bernardina, Basilio, Nicola, Valentino, Apollonia, Giulio, Agata e Carabiniere

 

CARBINIERE. (Entra in scena da destra con i 6 fuggitivi. A Giulio) è così che guardate gli ospiti che vivono qui? Ho trovato questi “ragazzi” al bar qui di fronte a bere tranquillamente caffè.

GIULIO. Al bar? (Ad Agata) hai sentito? Erano all’esterno della struttura.

BASILIO. Non è vero!

CARABINIERE. Come non è vero? Non eravate al bar a bere caffè?

BASILIO. Io non ho bevuto caffè ma ho preso un gelato alla fragola.

APOLLONIA. Io invece ho ordinato un bicchiere di vino. Della marca che piace a mio marito.

POLICARPA. Io invece ho bevuto la … quella cosa marrone che fa le bollicine … la …

CARABINIERE. Coca-cola?

POLICARPA. Si, Cola-cola.

BERNARDINA. Anch’io cola-cola! La grappa non me l’hanno voluta dare.

NICOLA. Io non ho preso niente ma ho servito i miei amici. Dopo il servizio militare ho fatto per tre anni il barista. Che emozione ritrovarsi dietro ad un bancone!

VALENTINO. Io ho ordinato il caffè. Ma non ho fatto in tempo a berlo perché Nicola è stato troppo lento. E così è arrivato il carabiniere …

CARABINIERE. … che vi ha portato qui. (A Giulio) ma io dico! Potevano rimanere uccisi per strada. Io ora la faccio licenziare sa?

GIULIO. A me lo dice? Io qui sono solo …

CARABINIERE. Lo dico a lei ma anche alla sua assistente (ad Agata). Ora vado dai vostri superiori e riferisco tutto e vi faccio licenziare. L-i-c-e-n-z-i-a-r-e. (Esce al centro).

GIULIO. Vada, vada. Domani starà ancora girando per i corridoi. Agata, ora noi andiamo a preparare la valigia a mio padre e lo portiamo a casa. Non lo lasciamo qui nemmeno un minuto in più. Sei d’accordo?

BASILIO. Bravissimo!

POLICARPA. Qui non si sta bene! Qui … ma dove siamo?

APOLLONIA. Valentino deve andare a casa!

BERNARDINA. Valentino deve andare a casa! E anche in fretta.

NICOLA. Valentino sta bene con noi amici, ma molto meglio con voi a casa.

GLI OSPITI ESCONO AL CENTRO TRANNE VALENTINO GIULIO E AGATA.

GIULIO. Sei d’accordo allora Agata nel portare mio padre a casa con noi? E qui non ci mettiamo più piede.

AGATA. Nemmeno io me la sento di lasciarlo in questo … non so nemmeno come definirlo. Vedrò di annullare qualche mio impegno e di seguirlo di più.

GIULIO. Grazie Agata, mi fai felice. E se hai bisogno di un aiuto troveremo qualcuno.

VALENTINO. Si torna a casa?

AGATA. Si Valentino, la casa senza di te sembra … vuota. E poi, diciamolo sinceramente, con lui vivemano un sacco di avventure. Al momento ci arrabbiavamo, ma poi la sera, ti ricordi Giulio quante risate facevamo per quello che era successo?

GIULIO. Ti ricordi quella volta che ci volevano arrestare perché lui pensava lo avessimo rapito?

AGATA. Come no? E quando al supermercato lo abbiamo perso e ci hanno chiamato all’altoparlante di andare a riprendercelo perché si era messo a vendere la frutta?

GIULIO. Si, ma l’avventura più bella è stata quella di quando si è inventato che suo zio aveva una casa a Roma. Noi lo abbiamo accompagnato e giunti a destinazione nessuno conosceva lo zio, non esisteva.

AGATA. Quella volta mi sono arrabbiata non poco. Ma in compenso è stata l’occasione per visitare Roma.

VALENTINO. Io vi devo delle scuse. Ma ora con la cura nuova sto molto meglio sapete?

GIULIO. E perciò niente più avventure?

VALENTINO. Credo che qualche volta succederà ancora …

RIENTRANO I 5 OSPITI DAL CENTRO. TUTTI CON LA VALIGIA

BASILIO. Noi siamo pronti.

POLICARPA. Qualcuno mi può portare la mia … (legge l’etichetta) valigia?

APOLLONIA. Vengo con voi però poi mi lasciate a casa mia.

BERNARDINA. Poi mi lasciate a casa mia. Io vengo con voi volentieri.

NICOLA. Porto io le valigie di tutti. Ho lavorato in stazione e ho fatto il porta bagagli. Queste non sono nulla per me.

GIULIO. E voi dove pensate di andare?

BASILIO. A casa di Valentino.

AGATA. (Preoccupata) tutti?

GIULIO. (Con aria desolata) ecco! Un’altra avventura!

 

 

SIPARIO