AUTRICE
GIUSEPPINA CATTANEO
http://giusicopioni.altervista.org/
POSIZIONE S.I.A.E. N° 193077
Codice opera Siae 889714A
TITOLO
SEI MESI DAL PARADISO
COMMEDIA IN DUE ATTI
Personaggi
ISIDORO MORTESI
CESIRA moglie di Isidoro
PIERO LUMACA amico di Isidoro
TOMMASO messo comunale
AGATA MASERANI dottoressa
MARTINA PECORONI psicologa
DON BIAGIO parroco
LIBERATA vicina di casa
PASQUALE marito di Liberata
BENIAMINO gestore del lotto
BENIAMINA moglie gestore del lotto
FOSCA sagrestana
TRAMA
Isidoro
scopre di avere solo sei mesi di vita. Decide di preparare nei minimi
particolari il suo funerale e di sistemare alcune faccende con le persone
invadenti da cui è circondato. Ma qualcosa andrà male. O andrà bene?
ATTO PRIMO
La
scena si svolge in casa.
SCENA I
Cesira e Isidoro
CESIRA. Non è possibile tardare tanto! Eppure
doveva andare in ospedale solo per una lastra ai polmoni. Da circa un mese, mio
marito, insiste dicendo che quando respira sente male al torace. È colpa sua: chissà
quante volte gli ho detto di non gonfiare le camere d'aria delle biciclette con
la bocca! Fa tutto questo per risparmiare, ha una bicicletta che si sgonfia
facilmente e invece di portarla dal ciclista per farla sistemare, la gonfia
lui. Alla testa, dovrebbe fare i raggi.
ISIDORO. (Entra dal fondo) questa è la prima ed ultima volta che entro in un
ospedale.
CESIRA. Sei arrivato finalmente, credevo
ti avessero trattenuto per il pranzo.
ISIDORO. Ah beh, tu non sai, ma in reparto
si sentiva un profumino che... (viene
interrotto).
CESIRA. Che… cosa? Controlla le parole
che ti escono dalla bocca, altrimenti oggi invece di servirti il pranzo mi
limito a farti girare intorno al tavolo.
ISIDORO (al pubblico) devo stare più attento. La mia Cesira è davvero
capace di farmi saltare il pranzo. Stavo solo dicendo che si sentiva un
profumino che... non si poteva certo paragonare a quello della tua cucina.
CESIRA. Ti sei salvato per miracolo! Vuoi
spiegarmi ora perchè sei così in ritardo? Per caso hai fatto una fermata in un
“reparto” del bere?
ISIDORO. Ma che dici Cesira? Se ti ho
detto che andavo in ospedale a fare i raggi vuol dire che andavo in ospedale a
fare i raggi. Certo, un po' di tempo me l'ha fatto perdere anche quella regista
che... (viene interrotto).
CESIRA. Come l'hai chiamata?
ISIDORO. Regista! Quella che mi ha fatto
i raggi.
CESIRA. (Al pubblico) allora avevo forse ragione quando prima dicevo che
avrebbe dovuto fare i raggi alla testa! Radiologa si chiama, non regista. Isidoro,
aggiornati.
ISIDORO. Regista o radiologa, quello che
è insomma. Ho iniziato a perdere tempo già al primo sportello quando ho dovuto
confermare la mia prenotazione.
CESIRA. Avrai sicuramente sbagliato
sportello?!
ISIDORO. Cesira, io non sono ancora stupido.
Stavo dicendo che al primo sportello ho trovato una coda infinita di persone.
Dopo circa un'ora arriva il mio turno, e la signorina... (viene interrotto).
CESIRA. Come puoi essere sicuro che
quella era una signorina e non una signora?!
ISIDORO. (Spazientito) io non so se fosse sposata o meno, ma io so con
certezza che le donne che fanno un lavoro da ufficio, vengono chiamate “signorine”
e basta.
CESIRA. Sicuramente sarà stata una
ragazza giovane e carina, altrimenti avrei ben voluto sentirti chiamare “signorina”
una donna di cinquanta o sessant’anni.
ISIDORO. Vuoi lasciarmi proseguire? Dopo
aver pagato il dovuto, (alzando il tono
di voce e con ironia), la signorina, giovane e senza fede al dito, mi
comunica che prima di raggiungere il reparto per le lastre, lei le ha chiamate
così, devo consegnare tutta la documentazione che mi ha appena rilasciato,
all'entrata appunto del reparto, allo sportello a sinistra.
CESIRA. E tu cosa hai fatto?
ISIDORO. Le ho subito chiesto se per
caso mi stava prendendo in giro, perchè la mia documentazione avrebbe potuto inviargliela
tramite computer. Niente da fare! Dovevo portarla io a quello sportello. Infine,
stanco, le ho chiesto quanti altri sportelli avrei dovuto ancora incontrare
prima di fare questi benedetti raggi. Pardon, lastre!
CESIRA. E lei che ti ha risposto?
ISIDORO. Che se tutto ciò mi infastidiva,
avrei potuto inoltrare protesta scritta al direttore dell'ospedale.
CESIRA. E tu lo hai fatto?
ISIDORO. Non ho fatto assolutamente
nulla, questo avrebbe voluto dire ritardare ancora “le mie lastre”. Cesira, sai
che quando sei in sala d'aspetto, ed è il tuo turno non ti chiamano per nome?
CESIRA. Ah sì? (Ironico) E come ti chiamano, per cognome?!
ISIDORO. Nemmeno! Arrivato al secondo
sportello, la signorina, (alzando il tono
di voce) o signora, ha scritto sulla mia cartella un numero dicendomi che
quello sarebbe stato il mio punto di riferimento per le lastre.
CESIRA. Ah sì? Non sapevo tutto questo. (Pensando) ho capito! Tutto questo è per
il rispetto della privaci. Sicuramente.
ISIDORO. Sarà anche per la privaci ma...
(fermandosi un attimo) sei sicura che
si pronunci così?
CESIRA. Isidoro, io mi esprimo sempre
correttamente.
ISIDORO. (Al pubblico) secondo voi, ha ragione? Stavo dicendo che in sala
d’aspetto, al mio turno, mi hanno chiamato con un numero. E precisamente il
numero “diciassette”.
CESIRA. Che cosa? Proprio il numero diciassette?
Tu lo sai che porta sfortuna?! Non potevi fartelo cambiare?
ISIDORO. Tu non hai ancora capito che
porta sfortuna solo a chi crede tutto ciò! (Ride).
CESIRA. E perché ridi ora?
ISIDORO. Sto ridendo pensando alla
privaci (al pubblico) o come si
pronuncia. Pensa che mi hanno chiamato dalla sala d'aspetto dove ero in
compagnia di almeno una decina di persone, con il numero diciassette. Terminate
tutte le mie lastre, mi chiedono di aspettare qualche minuto sempre nella
stessa sala d'aspetto. Eseguo alla lettera tutto ciò che mi viene detto. Dopo
circa cinque minuti, entra nella sala d'aspetto la regista-radiologa e dice ad
alta voce: "Signor Mortesi, può andare". Ti rendi conto? Prima mi
danno un numero per non far sapere le mie generalità e poi mi chiamano per
cognome?! Alla faccia della privaci! (Suono
di campanello).
SCENA II
Cesira, Isidoro e Piero Lumaca
CESIRA. (Non si muove).
ISIDORO. (Ironico) non alzarti per andare ad aprire, mi raccomando. (Va ad aprire) ciao Piero.
PIERO. Ciao Isidoro. Ciao Cesira.
ISIDORO. Se fossi stato in te non
l’avrei salutata. Per lei ora staresti ancora fuori a suonare.
PIERO. (Piano a Isidoro) lo so, l’ho salutata solo per educazione.
CESIRA. Ti ho sentito sai? Sei degno
dell’amicizia di mio marito. Amicizia ...
PIERO. Non so se prenderlo come un
complimento o meno.
ISIDORO. Come? Certo che è un
complimento! La mia amicizia è sacra.
CESIRA. Eh sì, proprio sacra.
ISIDORO. Piero, su, accomodati.
CESIRA. (Si siede).
ISIDORO. Ho detto a Piero di sedersi e
non a te.
CESIRA. Perché io non posso sedermi
quando voglio a casa mia?
PIERO. Ma non è casa tua Isidoro?
CESIRA. Si, ma anche la mia!
ISIDORO. Dai Piero, siediti. Tu sì che
sei un vero amico, non come quella gentaglia che frequenta mia moglie.
PIERO. Non parlarmene, non le sopporto
nemmeno io quelle ... quelle ... pettegole.
ISIDORO. Le donne, e gli uomini?
CESIRA. Smettetela voi due! Non vi
permetto di sparlare delle persone che frequento. Persone che frequento io e
che frequenta anche Isidoro. E perciò Isidoro smettila. E tu Piero se vai
avanti su questa linea, ti butto fuori da casa mia.
PIERO. Che è anche casa tua vero
Isidoro?
ISIDORO. Certo!
PIERO. E quale parte è di tua proprietà?
ISIDORO. Di qua.
PIERO.
(Va vicino a Isidoro) ciao
Cesira. Com’è il tempo lì? (Ride).
ISIDORO. (Ride).
CESIRA. (Grugnisce).
PIERO. Raccontami della tua visita
Isidoro e poi io ti racconto qualcosa di mio.
ISIDORO. Beh, che vuoi che ti racconti
... tutto bene. C’era un profumino ...
PIERO. E ti credo, con tutte quelle
medicine, alcool e disinfettante ... brutto posto l’ospedale.
ISIDORO. Ma no! Volevo dire che c’era un
buon profumino di ... (vede Cesira che si
è girata dall’altra parte e così sussurra a Piero) cibo! Dovevi sentire che
odorino!
CESIRA. (Si volta e lo guarda).
ISIDORO. (La vede e si affretta) vero! Profumo di medicine! E l’alcool che
usano? Una marea! Però ora non pensiamo a questo ma ad altro.
PIERO. Caro amico, volevo parlare un po’
con te di un problema che ... (viene
interrotto).
CESIRA. Amico ... che razza di amico!
ISIDORO. Perché? Cosa c’è che non va?
Sono bravi i tuoi di amici!
CESIRA. Ancora con questa storia! Perché
cos’hanno che non va i miei amici?!
ISIDORO. Vuoi che ti faccia un elenco?
CESIRA. Se non sai nemmeno scrivere?!
ISIDORO. Io non sono un analfaberta. Capito?
PIERO. Scusate, scusate. (Al pubblico) meglio andare o qui
potrebbe andare a finire male anche per me. (A
Isidoro) ciao Isidoro, ti racconterò un’altra volta il mio problema. (Esce).
ISIDORO. Ecco, lo hai fatto scappare!
CESIRA. Io? Io non ho fatto nulla.
SCENA III
Cesira, Isidoro e Liberata
LIBERATA. (Entrando di corsa dal fondo) che ti hanno detto in ospedale
Isidoro?!
ISIDORO - CESIRA. (Si spaventano).
CESIRA. Liberata, da quando non si suona
prima di entrare!?
LIBERATA. Ho impiegato cinque minuti a
raggiungere casa vostra, e non volevo perdere altro tempo. (A Isidoro) allora che ti ha detto a proposito dei tuoi polmoni?!
ISIDORO. (Scocciato) non mi hanno detto assolutamente nulla. Devo andare a
ritirare il referto dopodomani.
LIBERATA. Speriamo che vada tutto bene. Dovete
sapere che anche Sandro il mese scorso è andato a fare i raggi ai polmoni e a
lui gli hanno trovato una macchia.
CESIRA. (Al pubblico) l'ho sempre detto io che la moglie di Sandro non è
capace di fare il bucato.
LIBERATA. Mi auguro per Sandro che non
sia nulla di grave. (Subito) avete
per caso visto Giacomo, quello che abita nella casa verde, camminare con
difficoltà?
ISIDORO. (Sempre scocciato) no, non l'ho visto come cammina e non
m'interessa nemmeno di saperlo.
CESIRA. (Sottovoce a Isidoro) Isidoro, che modo di rispondere!
ISIDORO. (Voltandosi verso Cesira, a gesti e le fa capire che non sopporta
Liberata).
LIBERATA. È scivolato in un ruscello mentre
rincorreva il figlio che lo fa disperare perché non ha voglia di studiare. Il
figlio è riuscito a scavalcare il torrente mentre Giacomo ci è caduto dentro e
si è provocato una lussazione alla caviglia.
ISIDORO. Grazie Liberata per la
telecronaca. (A Cesira) Io, me ne
vado. Non sopporto più lei e i suoi pettegolezzi! (Si incammina).
LIBERATA. Dove vai Isidoro. Volevo
raccontarti di quello che è successo a ... (Viene
interrotta).
ISIDORO. Ho una faccenda da sbrigare
urgentemente (ironico) racconta tutto
a Cesira e io chiederò tutto a lei. (Al
pubblico mentre esce a sinistra) Non vi auguro una vicina così.
LIBERATA. Cesira, ho l'impressione che
Isidoro ultimamente sia un po' freddo nei miei confronti. Per caso gli sto
antipatica?
CESIRA. Liberata, che vai dicendo, non è
per nulla così! (Le campane annunciano un
decesso).
LIBERATA. (In ascolto) Cesira, ascolta, suonano le campane a lutto.
CESIRA. (In ascolto) hai ragione, sono proprio campane funebri. Sai se
c'era qualcuno in paese che stava poco bene?
LIBERATA. Qualcuno? Stava poco bene
Martino dei Franzoi, il Berto, il marito di Gina di Ortiche,
CESIRA. (Preoccupata)
LIBERATA. Non quella di Bepina! Questa è
una signora non originaria del paese e si è trasferita da poco. Io l’ho
conosciuta al cimitero.
CESIRA. (Sollevata) per fortuna non si tratta della Bepina, perché se fosse
stata lei mi sarebbe dispiaciuto parecchio.
LIBERATA. (Al pubblico) dato che non si tratta di lei, non le dispiace se
muoiono altre persone. Scusa Cesira ma ora devo proprio andare a scoprire chi è
morto.
CESIRA. Liberata, domani possiamo
acquistare il giornale e così lo sappiamo.
LIBERATA. Domani? E io dovrei aspettare
fino a domani? Sei impazzita forse? Domani potrei essere morta anch'io. Vado
subito da Fosca, lei sa di sicuro chi ci ha lasciato. Ciao Cesira (esce dal fondo).
CESIRA. Ciao.
SCENA IV
Cesira e Isidoro
ISIDORO. (Rientrando da sinistra) lei sarà l'ultima della terra a morire! Ho
sentito tutto. Anzi non morirà nemmeno.
CESIRA. Silenzio che se ti sente! (Controlla che sia uscita).
ISIDORO. Ti ricordo che io sono in casa
mia e perciò dico ciò che mi pare e piace.
CESIRA. Isidoro, non fare così.
ISIDORO. Io, sono stanco di fare la
brava persona con certa gente. Come per esempio con Liberata. È da tempo che
non la sopporto più. I suoi argomenti preferiti trattano esclusivamente di
malati e malattie. Questo ha questo tipo di malattia, a quella fa male
quest’altra cosa, quell'altra non sente più male a destra ma a sinistra. Per
non parlare di coloro che hanno anche solo uno, ma vistoso, foruncolo in viso.
Cesira, non le scappa nemmeno un foruncolo!
CESIRA. Isidoro, non fare così,
sopportiamola, ormai ci conosciamo da una vita.
ISIDORO. È appunto per questo motivo che
io non la sopporto più. Un giorno o l'altro mi lascerò scappare qualcosa e le
dirò quello che le andrà detto.
CESIRA. Attento a te se la tratti male. In
fin dei conti chi di noi non ha dei piccoli difetti... (viene interrotta).
ISIDORO. Piccoli difetti? Liberata è
piena zeppa di difetti!
CESIRA. Ti sei mai guardato?
ISIDORO. Sempre mi guardo. Davanti e
dietro e come vedi è tutto al suo posto. (Al
pubblico girando su se stesso) non ho detto forse la verità?
CESIRA. Io non intendevo in quel senso.
Volevo soltanto chiederti se tu pensi di essere perfetto.
ISIDORO. Stiamo parlando di Liberata e
non di me.
CESIRA. Ovvio che si parli di te. Tu sei
come certe persone che vedono i difetti degli altri ma non i propri.
ISIDORO. Senti chi parla. Ti sei già
dimenticata quello che hai detto a Piero? Ascolta bene Cesira, io non la
sopporto più e basta.
CESIRA. Isidoro, cerca di avere
pazienza, sai che non è una cattiva persona, è solo che... (viene interrotta).
ISIDORO. Solo che i suoi argomenti non li
reggo più. Inoltre ho dei piccoli problemi di salute, e se permetti ne ho un
po' di paura e mi da molto fastidio che qualcuno insista parlando di malattie.
CESIRA. Non devi aver paura... (dolcemente) sei tutto d'un pezzo. O
sbaglio? (Si avvicina dolcemente e lo
ricopre di attenzioni).
ISIDORO. Cesira, che stai facendo, non
fare la stupidina... non... non vedi che c'è gente? (Indicando la presenza del pubblico in sala).
CESIRA. (Guardando verso il pubblico) hai ragione, me ne stavo scordando. (Suona ili campanello) chi sarà? (Va ad aprire al fondo).
ISIDORO. Ricorda che se è ancora
Liberata... (viene interrotto).
SCENA V
Cesira, Isidoro e Beniamino
BENIAMINO. (Voce) È in casa Isidoro?
CESIRA. (Voce) si certo. Vieni Beniamino.
ISIDORO. Ecco che ne arriva un’altra di
brava persona. Tra lui e Liberata non so chi salverei (Cesira e Beniamino entrano).
BENIAMINO. Ciao Isidoro. Volevo sapere
come stavi. Ho saputo della tua visita in ospedale.
ISIDORO. (Al pubblico) a quanto pare tutti sanno che io stamane ho eseguito
delle lastre. Sto bene. E anche tanto. Tu come sai che io ho avuto una visita
stamane?!
BENIAMINO. Me l'ha detto Fosca ieri.
ISIDORO. (A Cesira con ironia e avvicinandosi a lei) chissà chi mai avrà
riferito questo fatto molto personale a Fosca?!
CESIRA. (Capisci che allude a lei) io... io devo andare a preparare il
pranzo (esce a destra).
BENIAMINO. Sono contento che tu stia
bene Isidoro. (È titubante e imbarazzato)
Ho per caso con me alcuni numeri che andrebbero giocati a tal proposito.
ISIDORO. Beniamino, sai perfettamente
che dalla volta che tu ricordi molto bene, io non gioco più un numero al lotto.
BENIAMINO. Ricordo, e per questo motivo,
ti dico che stai sbagliando. Così facendo, tu stai dando un calcio alla
fortuna.
ISIDORO. (Ironico) credi che io sbagli perché in questo modo non sono più
tuo cliente?
BENIAMINO. Ma che dici Isidoro, non ho
mai pensato nemmeno una volta al tempo che tu non frequenti la mia ricevitoria.
Nemmeno una volta. Però ricordo molto bene il motivo. La tua Cesira... (viene interrotto).
ISIDORO. Non ricordarmi quello che
Cesira ha combinato ben tre anni fa.
BENIAMINO. Tre anni, due mesi e 12
giorni per la precisione.
ISIDORO. Per fortuna non pensavi
all'ultima volta in cui sono stato nella tua ricevitoria! (Al pubblico) è talmente tirchio che venderebbe persino sua moglie
Liberata.
BENIAMINO. Ti sbagli Isidoro, ho solo
una buona memoria perchè i numeri ormai mi sono entrati nel sangue.
ISIDORO. (Al pubblico) si, nel sangue ma anche nel portafoglio. (Al pubblico) non lo sopporto più.
BENIAMINO. (Appoggia il braccio sulla spalla di Isidoro) ti confesso che io
sono stato male quanto te, quel giorno di tre anni e due mesi... (viene interrotto).
ISIDORO.... e 12 giorni (al pubblico) come potrà ricordare con tanta
precisione, io non so!
BENIAMINO. Quando la tua Cesira ha gettato
il biglietto vincente di un terno.
ISIDORO. Se ci penso, io io... la
strozzo.
CESIRA. (Entra da destra proprio nel momento in cui Isidoro termina la frase e
capisce subito che stanno ricordando il fattaccio. Torna sui suoi passi)
penso che sia meglio preparare anche... la cena! (Esce a destra).
ISIDORO. (La guarda in malo modo. Poi si rivolge a Beniamino) non avevo
controllato la sera stessa il biglietto perché, quella sera, ero un poco... (viene interrotto).
BENIAMINO. Un poco… ma tanto, mi
ricordo.
ISIDORO. Ho detto solo un poco. Ubriaco
fradicio, ma solo un poco.
BENIAMINO. (Al pubblico) come non ricordarlo! Eravamo insieme quella sera!
ISIDORO. Ho controllato i numeri la
mattina successiva in tv, e in quel momento mi accorgo che avevo fatto terno. Allora
vado di corsa a prendere il mio biglietto... (viene interrotto).
BENIAMINO. Ma non lo hai trovato è così
mi hai telefonato perchè ti raggiungessi urgentemente a casa. Ed io ti ho
raggiunto di corsa senza mai fermarsi.
ISIDORO. Beniamino, lascia che racconti
io al pubblico come è andata. (Al
pubblico) deve sempre dire la sua! Allora, stavo dicendo che il biglietto
del terno secco era sparito. Chiamo Cesira e le chiedo se ha visto o preso un
biglietto di color arancione che stava nella credenza. E lei? Tranquillamente
mi dice che aveva visto una carta di caramella di quel colore e l'aveva gettata
via.
BENIAMINO. (Al pubblico) avete capito che donna in gamba ha al suo fianco il
mio amico?!
ISIDORO. Beniamino, piano con certe
parole.
BENIAMINO. Che parole? Ho solo detto...
il mio amico.
ISIDORO. Appunto per quello! Allora
stavo dicendo che Cesira ha gettato il biglietto vincente nel contenitore di
riciclaggio della carta… (viene
interrotto).
BENIAMINO. Che appunto era stato
ritirato la mattina stessa.
ISIDORO. (Arrabbiato) io mi dico, come può un’amministrazione decidere di
ritirare il differenziato il venerdì?!
BENIAMINO. Hai ragione Isidoro, dobbiamo
protestare contro il comune. Dobbiamo raccogliere le firme per far spostare la
raccolta della carta di... giovedì!
ISIDORO. Per favore stai zitto! Quando
lo abbiamo fatto, hai messo una firma falsa!
BENIAMINO. (Volendo cambiare discorso) ti ricordi quando abbiamo rincorso il
camion dell’immondizia? Tu davanti e io subito dietro che non mi scollavo.
ISIDORO. (Al pubblico) certo, il suo obiettivo era di ottenere una
ricompensa da me! Invece quando il camion si è fermato... (viene interrotto).
BENIAMINO. Il camion aveva triturato
tutto il contenuto e perciò... (viene
interrotto).
ISIDORO. E perciò addio terno, addio
vincita, addio soldi!
SCENA VI
Isidoro, Beniamino e Tommaso
TOMMASO. (Entra) ciao Isidoro, una buona
notizia.
ISIDORO. Ti hanno licenziato dal lavoro
di Messo comunale?
TOMMASO. Grazie, molto gentile da parte
tua. Ho saputo un qualcosa che di certo ti interesserà e son venuto di
proposito ad anticiparti il tutto.
ISIDORO. Spero sia qualcosa di più
interessante della novità dell’ultima volta che ti sei precipitato da me quando
l’Amministrazione Comunale decise di posdatare l’orario dell’apertura della
biblioteca di cinque minuti.
TOMMASO. No, no, questa è una cosa
grossa.
ISIDORO. Ti hanno retrocesso a spazzino?
BENIAMINO. Isidoro oggi si chiama Operatore Economico.
TOMMASO. Si dice Ecologico e non mi
hanno retrocesso. A quanto vedo la mia notizia non interessa a nessuno e perciò
non resta che andarmene. (Fa per uscire).
ISIDORO. Fermati! Stavamo scherzando.
Quale sarebbe questa notizia?
TOMMASO. Una notiziona
e appena venuto a conoscenza, ho pensato subito a te Isidoro. Senti: la
raccolta della carta è stata spostata dal venerdì al giovedì. Sei contento? Te
ne ho sentito parlare a lungo in questi anni, so che ci tenevi.
ISIDORO. (Ironico) sono felicissimo! Sarei stato molto più contento se lo
avessero fatto tre anni, due mesi ...
BENIAMINO. ... e 12 giorni fa.
TOMMASO. Meglio tardi che mai Isidoro.
ISIDORO. E così mi tocca anche cambiare
giorno alla sveglia.
TOMMASO. Perché devi cambiare giorno
alla sveglia?
ISIDORO. Dato che io sono colui che mette
fuori la carta, la mia sveglia del mattino, va puntata ora sul giovedì e non
più sul venerdì.
TOMMASO. E poi, la raccolta della
plastica passa dal giovedì al venerdì.
ISIDORO. Sentito Beniamino? Un altro cambiamento
di sveglia per colpa dei nostri amministratori, ora la devo spostare dal
venerdì al giovedì.
BENIAMINO. Ma non puoi lasciare la
sveglia così com’è? Dopotutto si è invertito solo il tipo di raccolta.
ISIDORO. Ma tu hai sentito Tommaso che
ha detto? Dal venerdì al giovedì e dal giovedì al venerdì, due spostamenti!
TOMMASO. Esatto, ho detto proprio così. Mi
piacerebbe intrattenermi ancora un pò con voi, ma
devo andare perché ho delle notifiche da consegnare.
ISIDORO. Di pagamento?
TOMMASO. Si, a chi l’anno scorso si è
dimenticato di versare la seconda rata della tassa sull’immondizia.
BENIAMINO. Io sono sicura di averla
pagata.
ISIDORO. Anch’io. (Al pubblico) perlomeno mi sembra.
TOMMASO. Dai, vi saluto e buona
continuazione.
BENIAMINO. Grazie. Ciao Tommaso.
ISIDORO. Ciao. (Al pubblico) buona continuazione ... con chi? Con lui?
BENIAMINO. Ascoltami Isidoro, ho proprio
sotto mano tre numeri sicuri da giocare sulla ruota di Milano.
ISIDORO. Sai molto bene che non giocherò mai
più alla lotteria.
BENIAMINO. Ti avviso che l'altro giorno
Marchelli, ha vinto un terno con i numeri che gli ho dato io.
ISIDORO. Bene. Fai avere anche questi a
Marchelli, allora.
BENIAMINO. Sai che a me piace far
vincere un po' tutti.
ISIDORO. (Al pubblico) a lui piace far spendere soldi un pò a tutti! Di
soldi per il lotto non ne ho. Ma se sei così sicuro che siano numeri vincenti, perché
non li giochi tu? Anzi, facciamo così: tu li giochi per me e poi io riscuoto la
vincita. Dato che, come hai detto, è sicura, io poi ti restituirò i soldi della
giocata.
BENIAMINO. (Non è convinto dalla proposta. Guarda l'orologio) accidenti come
si è fatto tardi. Devo assolutamente scappare. Ci vediamo Isidoro.
ISIDORO. (Mentre Beniamino esce. Ironico) come mai tutta questa fretta! Hai
forse paura che non mantenga la promessa?!
SCENA VII
Cesira e Isidoro
CESIRA. (Rientra da destra) dov’è Beniamino? Lo hai fatto di nuovo
scappare?!
ISIDORO. Io non ho fatto nulla. Ha fatto
tutto lui.
CESIRA. Com'è possibile che nemmeno
Beniamino ti vada a genio!?
ISIDORO. Non lo sopporto da tempo come
sua moglie Beniamina. Non parliamo poi della sagrestana!
CESIRA. La sagrestana? E che cosa
avrebbe mai fatto Fosca?
FOSCA. (Da fuori) è permesso? Posso disturbare?
ISIDORO. (Al pubblico) quando parli del diavolo...
CESIRA. Non parlare del diavolo quando ti
riferisci a Fosca perché lo sai che lei è vicina a Dio più di tutti noi.
SCENA VIII
Cesira, Isidoro e Fosca
FOSCA. (Entrando dal fondo) eccoli i due piccioncini. Isidoro, non ti ho
visto a messa, domenica e nemmeno sabato sera. Come mai?!
ISIDORO. (Al pubblico) ora avete capito perché non la posso soffrire?!
CESIRA. Non ha potuto venire a messa
perché stava poco bene. Soffriva per un forte mal di stomaco.
ISIDORO. (A Cesira piano) perché le devi raccontare gli affari miei! Cesira,
se questa storia procede ancora per molto io non rispondo più delle mie azioni.
CESIRA. (A Isidoro piano) non essere villano! Non ti permetto di offendere
la mia amica. (A Fosca) siediti
Fosca.
FOSCA. Grazie Cesira, mi siedo molto volentieri.
ISIDORO. (Scimmiotta Cesira e Fosca al pubblico) siediti pure Fosca. Grazie
Cesira, mi siedo molto volentieri.
FOSCA. Sai Cesira che domenica mattina a
messa c’era Bortola?
CESIRA. Davvero? A che ora?
FOSCA. Alla messa delle 11.
ISIDORO. (Ironico) l'ora è di vitale importanza in questi casi.
CESIRA. Su racconta!
FOSCA. Mancava poco alle 11, e mi vedo
entrare Bortola che va a sedersi nell'ultimo banco a destra.
CESIRA. Che coraggio!?
ISIDORO. (Ironico, al pubblico) avete sentito, per sedersi nell'ultimo banco
a destra ci vuole coraggio!
CESIRA. (Guarda Isidoro con disapprovazione).
FOSCA. Altro che coraggio!? Sparla di
tutto e di tutti e poi ha il coraggio di farsi vedere in chiesa!
ISIDORO. Allora voi, che cosa state
facendo in questo momento!?
CESIRA. Noi? Stiamo facendo
conversazione.
ISIDORO. (Al pubblico) si vede che ora si chiama così.
CESIRA. Fosca, vai avanti.
FOSCA. Allora, stavo dicendo che, oltre a
parlare alle spalle di tutti, lei è una persona che non ti rivolge mai il
saluto.
CESIRA. Lo so molto bene. Ti saluta muovendo
leggermente le labbra.
ISIDORO. (Al pubblico) no, loro non sparlano delle persone, decisamente loro
fanno solo della sana conversazione. Scusate, vi lascio sole nella vostra
interessante conversazione. (Al pubblico
mentre esce) non resisto un minuto di più. (Esce a sinistra).
FOSCA. Ma ciò che più mi ha fatto innervosire,
è stato vedere che al momento dello scambio della pace, ha avuto il coraggio di
porgere la mano alle persone sedute al suo banco.
CESIRA. Davvero?! Ne sei sicura!?
FOSCA. Cesira, facendo la sagrestana non
mi scappa nulla di ciò che succede in chiesa, ora che a volte sono pure
chierichetta...
CESIRA. Certo, me ne ero scordata. Come
può Bortola comportarsi in questo modo!
FOSCA. In chiesa se ve ne vedono proprio
di tutti i colori.
CESIRA. Hai proprio ragione Fosca. La
gente che viene a messa, a volte è vestita con colori così... così sgargianti
che... (viene interrotta).
FOSCA. Io non mi riferivo al colore dei
vestiti! Anche se su questo argomento, ne avrei da dire. Inoltre hai mai notato
che dopo l’omelia di Don Biagio... (viene
interrotta).
CESIRA. E che omelia! (Trasognata) Ah, come Don Biagio non ce
ne sono di preti: sempre rispettoso, parole chiare e incisive. Sempre ordinato,
sempre sorridente, sempre perfetto, sempre... (viene interrotta).
FOSCA. Cesira, si è incantato il disco?
CESIRA. (Riprendendosi) ah, scusa.
FOSCA. Stavo dicendo, che dopo l’omelia
di Don Biagio, più della metà delle persone presenti in chiesa, controlla
l'orologio. Mi domando che vorrà mai dire controllare l'orologio.
CESIRA. Hai ragione Fosca, ho fatto
anch'io caso a questo (al pubblico)
speriamo che non abbia visto anche me perché pure io sono una di quelle che
controllano l'orologio dopo l’omelia.
FOSCA. Tutti li a controllare quanto è
durata. C’è pure gente visibilmente spazientita per la durata.
CESIRA. (Al pubblico) se le cose stanno così, allora io non faccio parte di
quella schiera. Io controllo l'orologio al contrario perché (sospirando) trovo l’omelia sempre
troppo corta.
FOSCA. (Ride) la cosa più buffa è l’ingresso di Gesuino con la moglie.
CESIRA. Davvero? Come mai tanto
divertente?! Io non li ho mai visti in chiesa.
FOSCA. È naturale che non li abbia mai
visti, vengono alla prima messa! Stavo dicendo che Gesuino entra in chiesa
nello stesso istante della moglie, ma non dalla stessa entrata. No, lui entra
dalla porta laterale a destra mentre lei entra dalla porta sul fondo.
CESIRA. Ma come possono entrare
separati! Si dice in giro che sono innamorati ancora come il primo giorno in
cui si sono incontrati!
FOSCA. Cesira, pensa se non fossero più
innamorati!
CESIRA. Li vedo spesso, sempre insieme.
Sempre. Sempre. Non riesco a capire il loro atteggiamento.
FOSCA. Vorresti forse dire che non mi
credi?
CESIRA. No di certo, ti credo. Ma non capisco
il loro comportamento.
FOSCA. Secondo me sono due persone ancora
di vecchio stampo, perché lui entra dalla parte dalla quale una volta entravano
in chiesa solo gli uomini. Mentre lei entra invece dalla parte dalla quale una
volta entravano solo le donne.
CESIRA. Se le cose stanno così, sono veramente
arretrati di cent'anni. (Al pubblico)
per fortuna che io e Isidoro, non seguiamo la stessa messa, altrimenti anche
noi ci saremmo comportati come Gesuino e sua moglie.
FOSCA. Vogliamo parlare di Martina del
Fagiano?! Chiacchiera in continuazione per tutta la durata della messa.
CESIRA. Per tutta la messa?!
FOSCA. Per tutta la messa. Se ti dico
per tutta la messa, vuol dire per tutta la messa.
CESIRA. Certo. Per tutta la messa. (Pensando) tu Fosca, come noti sempre
tutte queste cose, soprattutto mentre sei chierichetta?
FOSCA. Cesira, io ho due occhi, uno che
guarda ciò che avviene sull'altare e l'altro osserva ciò che succede in chiesa.
CESIRA. È vero. Hai ragione. Non avevo
pensato a questa cosa.
FOSCA. C’è ancora qualcosa a cui non
crederesti mai. Tu sai che Sbigarola, al momento della questua, non versa mai
un centesimo?! E non è l'unica.
CESIRA. (Pensierosa) Dimenticavo che ti occupi anche della questua! Perciò
tu sai che lascia l'offerta e chi no.
FOSCA. Esattamente. Ho tutto memorizzato
qui (indica la testa) e poi riferisco
a Don Biagio.
CESIRA. (Preoccupata) davvero? E Don Biagio sa tutto?
FOSCA. Certo, tutto.
CESIRA. (Al pubblico) spero che Don Biagio non si faccia una brutta
opinione di me. Da domenica dovrò lasciare il doppio di quello che lascio per
la questua.
FOSCA. Sei preoccupata forse?
CESIRA. Io? assolutamente no!
FOSCA. A Don Biagio, io ho sempre
parlato bene di te.
CESIRA. (Al pubblico) Meno male!
FOSCA. Io, delle mie amiche, parlo
sempre bene. Si è fatto tardi Cesira. Scusami ma ora devo andare, mi aspetta il
tecnico delle campane. Ciao. (Esce dal
fondo).
CESIRA. Ciao Fosca. Torna presto.
SCENA IX
Cesira e Isidoro
ISIDORO. (Rientrando da sinistra) Per carità, lascia che resti a casa sua o
in chiesa, ma lasciala là! Non mi spiego come Don Biagio non licenzi una donna simile.
CESIRA. Tu sei troppo severo con Fosca!
ISIDORO. Sei tu che non riesci a capire
che siamo circondati da persone troppo diverse da noi. Sono persone strane... (viene interrotto).
CESIRA. (Al pubblico) ha parlato l’uomo impeccabile! Isidoro, vado al
cimitero! Almeno i morti non dicono spropositi quanto te (prende la borsa ed esce dal fondo).
ISIDORO. Sono sicuro che pure lì incontrerai
qualcuno con cui chiacchierare. (Al
pubblico) temo che mia moglie possa finire per assomigliare a tutta quella gente
da cui siamo circondati. Ma dovrò fingere che non sia così, altrimenti... (viene interrotto dal suono del campanello)
sarà Cesira che avrà dimenticato a casa le chiavi come al solito. (Va ad aprire).
SCENA X
Isidoro, Dottoressa Maserani e Psicologa Pecoroni.
DOTTORESSA. Buongiorno signor Mortesi.
ISIDORO. Buongiorno. (Al pubblico) questa donna la conosco.
DOTORESSA. Sono la dottoressa Agata
Maserani… (viene interrotta).
ISIDORO. Ecco perché avevo già
l’impressione di conoscerla. Lei è la dottoressa dell’ospedale e ci siamo visti
questa mattina.
DOTTORESSA. Si, proprio così. Le
presento la dottoressa in psicologia Martina Pecoroni.
ISIDORO. Piacere. (Al pubblico) chissà che vorranno da me un medico e una psicologa! Guardandole
bene, dalle loro facce non traspare nulla di buono. (Preoccupato) che sia successo qualcosa a Cesira?
DOTTORESSA. Ci possiamo sedere, signor
Isidoro?
ISIDORO. (Al pubblico) Brutto segno! Prego, sedete pure.
DOTTORESSA. Sieda anche lei, signor
Isidoro.
ISIDORO. (A l pubblico) mi chiedono di sedermi? Sempre più brutto segno. (Non si siede).
DOTTORESSA. Ecco, siamo passate… perché…
(si accorge che Isidoro è ancora in
piedi) Signor Isidoro, le converrebbe sedersi.
ISIDORO. (Al pubblico. Preoccupato si siede) inizio davvero a preoccuparmi
tanto per Cesira.
DOTTORESSA. È successa una cosa
spiacevole purtroppo.
ISIDORO. (Al pubblico) mamma mia, non sarà davvero morta la mia Cesira?!
PSICOLOGA. (Vedendolo preoccupato) si sente bene signor Isidoro?
ISIDORO. (Triste e preoccupato) per nulla! Mi dica quando è successo? (Al pubblico) Povera Cesira. Sarà
successo mentre stava andando al cimitero, pochi minuti fa. Speriamo almeno non
abbia sofferto.
DOTTORESSA. È successo stamattina in
ospedale.
ISIDORO. (Al pubblico piangendo) ed è tutta colpa mia se Cesira non c’è più
ora. È colpa mia se è uscita di casa, perché io l’ho fatta arrabbiare. (Ricordandosi ciò che la dottoressa ha
detto) Stamattina? Guardi che Cesira è uscita di casa solo da pochi minuti,
non può essere successo stamattina.
DOTTORESSA. Cesira? Non capisco.
PSICOLOGA. (Piano alla dottoressa) Agata, dobbiamo essere più caute, appare
già alquanto turbato.
DOTTORESSA. (Piano alla psicologa) hai ragione Martina, sarò più sensibile. (Ripensandoci) Forse è meglio che glielo
dica tu che hai più competenza nell’affrontare certi argomenti.
PSICOLOGA. (Sicura e senza tatto) questa Cesira non c’entra nulla. Queste sono
le sue lastre ai polmoni di stamattina (le
mette sul tavolo). Signor Isidoro, le rimangono sei mesi di vita.
DOTTORESSA. (Al pubblico) che tatto!
ISIDORO. (Al pubblico felice) Cesira non c’entra, vuol dire che sta bene.
Che sollievo! (Ripensando alle parole
della frase della psicologa) che cosa c’entrano la mie lastre con sei mesi
di vita?
DOTTORESSA. Senta signor Isidoro, la mia
collega voleva dirle che… i suoi polmoni… non funzionano bene, si sono
ammalati.
ISIDORO. Ammalati?
DOTTORESSA. Molto ammalati.
ISIDORO. Molto ammalati?
DOTTORESSA. Gravemente ammalati.
ISIDORO. Gravemente ammalati?
PSICOLOGA. Tanto gravemente ammalati che
le rimangono soltanto sei mesi di vita.
ISIDORO. (Al pubblico) cos’ha detto? Mi rimangono sei mesi di vita? (Disperato) com’è possibile? Siete
sicure?! (Le due che fanno cenno di si)
Che disgrazia! Perché non è successo a Cesira invece che a me?!
DOTTORESSA. Ci dispiace, signor Isidoro
ma le cose stanno così.
ISIDORO. (Triste) ma perché proprio a me!
PSICOLOGA. Se ha bisogno di qualcosa,
noi siamo venute appunto per aiutarla.
ISIDORO. Per quanto mi riguarda, avete
fatto anche troppo. (Triste) Una cosa
però la potete fare, lasciatemi solo col mio dolore.
DOTTORESSA. In questi momenti è
sconsigliato rimanere da soli.
ISIDORO. Ho detto che voglio rimanere
solo.
PSICOLOGA. È sicuro di quello che dice?
ISIDORO. Sicurissimo.
DOTTORESSA. A questo punto, non ci resta
che togliere il disturbo.
ISIDORO. (Sgarbato) siete ancora qui?!
PSICOLOGA. (Alla dottoressa mentre escono) che caratteraccio! Che modi
sgarbati. Che gli abbiamo detto in fine dei conti?
DOTTORESSA. Arrivederci signor Isidoro.
PSICOLOGA. Addio signor Isidoro (escono).
ISIDORO. “Addio” (al pubblico) Avete sentito che cosa mi hanno appena detto? Sei
mesi di vita! Ditemi voi che cosa devo fare ora. Come posso star qui ed aspettare
la morte! (Vede la busta con le lastre)
e se si fossero sbagliate? Non mi sento così male. (Apre la busta e finge di leggere) ... non più di sei mesi di vita.
(Disperato) è tutto vero!
SCENA XI
Isidoro e Pasquale
PASQUALE. È permesso? C'è qualcuno? (Entra dal fondo) ciao Isidoro. Allora?
ISIDORO. (Sgarbato) “Allora”, che cosa? (Al
pubblico) è il marito di Liberata questo è peggio di sua moglie. Devo
fingere che vada tutto bene, non gli dirò nulla del mio stato di salute. Ma
quale salute!
PASQUALE. Come stai? Ho saputo che hai eseguito
delle lastre ai polmoni stamattina. Cosa ti hanno detto? (Vede le lastre sul tavolo) le hai già ritirate?! E com'è
possibile?
ISIDORO. Certo, le ho già ritirate
perché mi hanno guardato in faccia.
PASQUALE. (Lo guarda in viso) io non te le avrei date. E qual è l'esito? (Si appresta ad aprire la busta).
ISIDORO. (Gliela toglie di mano) tutto a posto! Sono sano come un pesce (al pubblico) nemmeno “a morire” gli
dico che devo morire.
PASQUALE. Bene. Sono proprio contento. Vado
subito a raccontarlo a Liberata. (Si
incammina per uscire).
ISIDORO. Si si, vai pure. (Al pubblico) speriamo che torni fra
sette mesi quando io non ci sarò più.
PASQUALE. (Tornando indietro) me lo offriresti qualcosa di forte da bere?
Liberata ormai me lo vieta.
ISIDORO. (Scocciato) Pasquale, questo non è il momento.
PASQUALE. Va bene. Dimmi quando sarà il
momento e io vengo a bere da te.
ISIDORO. Ti ho già detto che questo non
è il momento.
PASQUALE. E io ti ho detto di dirmi
quando sarà il momento.
ISIDORO. (Sempre più scocciato) e io ti ripeto che non so quando sarà il
momento.
PASQUALE. Facciamo domani?
ISIDORO. Domani non so se andrà bene!
PASQUALE. Facciamo dopodomani allora.
ISIDORO. (Al pubblico) fatelo uscire altrimenti faccio una strage. (Cerca di calmarsi e di trovare la soluzione
più logica) ti chiamerò io quando sarà il momento. Ma ora, vai!
PASQUALE. Bene. (Si incammina ma ritorna sui suoi passi) non lasciare trascorrere
tanto tempo mi raccomando.
ISIDORO. (Scocciatissimo) va bene! Ma ora, vai!
PASQUALE. Ciao Isidoro, aspetterò la tua
chiamata con ansia. (Esce dal fondo).
ISIDORO. (Al pubblico) Io di tutta questa gente mi libererei volentieri. Come
vorrei mandarli tutti a “quel paese”! Ma Cesira non me lo perdonerebbe mai. (Vede la busta delle lastre) ora che ho pure
poco da vivere... (qualche secondo di
silenzio. Poi Isidoro ha un'idea) Proprio perché ora mi resta poco da
vivere, posso rivelare a questa gente quello che penso di lei. Io presto non
avrò più nulla da spartire con loro. Che mi interessa se Cesira non vuole. Lei sicuramente,
quando sarà vedova, se la passerà bene come tutte le vedove al giorno d'oggi.
Bene, farò proprio così: li manderò tutti a “quel paese”… prima di me! (Ride) bella questa! (Pensa) mi è venuta un'altra brillante
idea. Sapete che faccio ora? Telefono a Don Biagio che venga immediatamente qui
a casa mia. (Alza la cornetta del
telefono e compone il numero) pronto, Don Biagio? Buongiorno. Sono Isidoro
Mortesi. Senta, avrei bisogno che venisse urgentemente qui a casa mia, subito. (Aspetta un attimo) si è molto
importante. Anzi, di vitale importanza. (Aspetta
un attimo) bene. Allora l'aspetto. (Appoggia
la cornetta) fra poco arriverà e allora gli farò la mia proposta. (Passeggia avanti e indietro per la sala per
qualche secondo, guardando l'orologio. Suono di campanello). È senz'altro
Don Biagio. (Al pubblico) avete visto
come anche i preti sono curiosi?! Sembra abbia volato. (Apre) buongiorno Don Biagio, venga, entri pure. Grazie di essere
accorso subito.
SCENA XII
Isidoro e Don Biagio
DON BIAGIO. Quando si tratta di
"vitale importanza" non posso esimermi.
ISIDORO. Si sieda pure. Senta Don
Biagio, con lei parlerò sinceramente. Purtroppo ho un male incurabile ai
polmoni e non mi resta da vivere che sei mesi. Per questo motivo vorrei fare un
accordo con lei.
DON BIAGIO. Mi dispiace tanto Isidoro,
ma le ricordo che per accordi di questo genere io posso ben poco. Certo, al
massimo potrei mettere una buona parola con il mio “capo” (guarda in alto) anche se devo dire che non sempre sembra
ascoltarmi.
ISIDORO. Don Biagio, non intendevo
quello. Volevo solo dire che avrei bisogno della sua collaborazione per…
programmare il mio funerale.
DON BIAGIO. Non ho capito bene Isidoro.
Può ripetere?
ISIDORO. Certo. Vorrei programmare ora,
il mio funerale con lei.
DON BIAGIO. Programmare il tuo funerale?
In che modo? Non riesco a capire.
ISIDORO. È semplice. Io e lei ci
accordiamo su tutta quanta la cerimonia: il giorno del funerale, il coro, i
fiori... (viene interrotto).
DON BIAGIO. Il giorno del funerale?!
ISIDORO. Certo, anche il giorno del
funerale. E anche ciò che lei dovrà dire nell'omelia funebre.
DON BIAGIO. (Frastornato) non ho capito bene Isidoro. Tu non sei ancora morto, e
vuoi preparare il tuo funerale?!
ISIDORO. Esattamente. Io e lei
decideremo il tutto prima.
DON BIAGIO. (Pensa con felicità) questa è la prima volta che mi capita di
preparare tutta la cerimonia funebre, con il morto. (Guarda Isidoro) cioè… col morto che sarà. I funerali li ho sempre
preparati con i parenti del defunto. (Pensa)
Isidoro, ma sai che è una bellissima idea. (Al
pubblico) ma vi rendete conto che dovrò preparare un funerale con il morto?
E sarò il primo!
ISIDORO. Dato che siamo d'accordo
iniziamo subito con il primo punto: decidere il giorno del funerale.
DON BIAGIO. Giusto! (Pensa) hai detto che non ti rimangono più di sei mesi di vita e
perciò facendo i conti dovrebbe essere nei primi giorni di ottobre.
ISIDORO. La dottoressa ha detto “sei
mesi di vita” ma come lei ben sa questi medici sbagliano spesso e volentieri.
La statistica dice sempre un mese in più.
DON BIAGIO. Se le cose stanno così,
arriviamo ai primi di novembre. (Prende
la sua agendina) controlliamo: il 1 novembre è festa e io non celebro i
funerali. Però possiamo fare il 2 novembre, durante la commemorazione dei
defunti.
ISIDORO. Non se ne parla nemmeno. Io non
voglio mischiarmi ai morti degli altri. Il mio funerale deve essere unico e irrepetibile.
DON BIAGIO. Hai ragione Isidoro, non ci avevo
pensato. A questo punto non ci rimane che rimandare alla seconda settimana di
novembre perché tutta la prima è dedicata alla commemorazione dei defunti. (Controlla ancora l'agendina) lunedì 9
novembre, che dici Isidoro?
ISIDORO. Il 9 novembre non si può. È il
compleanno di mia moglie e proprio in quel giorno non posso darle un
dispiacere. Mi capisce vero?!
DON BIAGIO. Ma certo, capisco benissimo.
ISIDORO. Possiamo fare il giorno dopo.
Che dice?
DON BIAGIO. Martedì 10 novembre non
posso io. Devo celebrare il matrimonio della figlia di una conoscente di mia madre.
L'ho promesso e non posso disdettare.
ISIDORO. Credo Don Biagio sia meglio scegliere
la data un'altra volta a questo punto. Concentriamoci ora sull’omelia funebre.
Ovviamente gliela vorrei scrivere io, perché, chi più di me, conosce me
stesso?!
DON BIAGIO. Questo è fuori di dubbio,
cioè che tu ti conosca meglio di me o di chiunque altro. Però ricordati che solo
i vivi parlano bene dei morti.
ISIDORO. E io non sono vivo per il
momento?! Stia pur tranquillo Don Biagio, anch'io parlerò bene di me stesso.
DON BIAGIO. (Al pubblico) su questo non avevo dubbi. Facciamo così, tu comincia
a scrivere qualcosa che poi controlliamo insieme.
ISIDORO. Bene. E anche questo, è sistemato.
E per il coro, che decidiamo?
DON BIAGIO. Io direi di chiamare la
corale del paese.
ISIDORO. (Pensieroso) Non saprei. Io avevo pensato di chiamare il coro del
Duomo di Milano.
DON BIAGIO. (Meravigliato) come mai proprio il coro del Duomo di Milano?
ISIDORO. Don Biagio, al mio funerale
voglio il meglio che ci sia sulla piazza. La spesa non mi interessa, ma io
voglio il coro del Duomo di Milano.
DON BIAGIO. Vedrò di contattarlo allora.
Anche per quanto riguarda il mio onorario, allora, posso stare tranquillo, se a
te la spesa non interessa.
ISIDORO. Non si preoccupi Don Biagio,
sarà ricompensato a dovere. (Al pubblico)
non ci sono più i preti di una volta che si interessavano solo dell'anima del
defunto. (Preoccupato) avrò una foto
recente da applicare sulla tomba? Devo subito controllare. Don Biagio, mi aspetti
che vado a controllare. Torno subito. (Esce
a sinistra).
DON BIAGIO. (Al pubblico felicemente) pensate che bella cosa mi sta succedendo,
preparare un funerale con il morto. (Arriva
Cesira dal fondo).
SCENA XIII
Don Biagio e Cesira
CESIRA. (Meravigliata) buongiorno Don Biagio. Come mai qui?
DON BIAGIO. (Al pubblico) sembra allegra. Deve aver preso bene la notizia del
marito, così pare. Buongiorno Cesira.
CESIRA. (Al pubblico) è un bell'uomo vero? Torno ora dal cimitero e non mi
aspettavo di trovarla qui.
DON BIAGIO. È già stata scegliere il loculo
per... (non riesce a terminare la frase,
teme di ferirla).
CESIRA. Cercare il loculo? Io so già dove
si trova il loculo dei miei parenti. (Al
pubblico) so bene dove è il loculo di mio padre.
DON BIAGIO. (Al pubblico) è probabile che lo abbia già prenotato da tempo. La trovo
abbastanza bene. (Al pubblico) cosa
le sto dicendo! Mi scusi Cesira, ma in queste situazioni non si sa mai che
dire.
CESIRA. (Al pubblico preoccupata) forse ha capito che lo reputo un
bell’uomo!? Mi ha detto che mi trova bene! (Pensa)
No, non può essere.
DON BIAGIO. Isidoro mi ha raccontato
tutto.
CESIRA. Tutto? (Al pubblico) che diavolo gli avrà raccontato?! (Pensando) vuoi vedere che gli avrà
raccontato che non sopporta più i suoi amici?! Può essere solo questo. Chissà perché
glielo avrà raccontato! Che ci vuol fare Don Biagio, con Isidoro ormai non ci
sono più speranze.
DON BIAGIO. (Al pubblico) che serenità nel dirlo. È proprio sicura Cesira? Non
l'ha portato da un'altra parte?
CESIRA. Per il mio Isidoro persino andare
a Lourdes sarebbe stato tempo buttato. (Al
pubblico) quant’è bravo il nostro Don? Si preoccupa sempre dei suoi
parrocchiani?
DON BIAGIO. Se invece fosse guarito a
Lourdes?!
CESIRA. Guarire? Quello non si sistema
andando a Lourdes! Ci vuole ben altro.
DON BIAGIO. Per esempio?
CESIRA. Un intervento alla testa!
DON VIAGGIO. (Al pubblico) ma il male incurabile non è ai polmoni?!
SCENA XIV
Don Biagio, Cesira e Isidoro
ISIDORO. (Rientrando da sinistra con la foto che nasconderà subito vedendo
Cesira. Al pubblico) è già
tornata! Prima o poi dovrò dirlo anche a lei.
CESIRA. Isidoro, non si lascia Don
Biagio qui da solo. Dove sei andato?
ISIDORO. Don Biagio non è solo se è con
te.
CESIRA. Ora senz'altro. Ma prima che
arrivassi io, era solo. Ora capisce Don Biagio, non ci sono più speranze per
lui.
ISIDORO. Meglio uscire da qui Don
Biagio, perché mia moglie, altrimenti mi farà morire prima del dovuto.
DON BIAGIO. E in questo caso sembra già
poco il tempo che ti resta. Arrivederci Cesira. Se per caso avesse bisogno di
conforto si ricordi di me (escono dal
fondo).
CESIRA. Buongiorno Don Biagio. (Al pubblico) avete sentito Don Biagio? “Se
avesse bisogno di conforto si ricordi di me”! Secondo voi sono cose da dire ad
una donna “sposata”? Non ci saranno più gli uomini di una volta, ma pure i
preti di una volta non ci sono più, a quanto pare.
SIPARIO
ATTO SECONDO
SCENA I
Dottoressa e Psicologa
DOTTORESSA. (Suono di campanello) permesso? C'è qualcuno? Signor Isidoro
Mortesi? (La dottoressa entra dal fondo
con le lastre in mano e viene accompagnata dalla psicologa).
PSICOLOGA. Sembra non ci sia nessuno.
DOTTORESSA. Sembra proprio di sì. La
porta d'entrata però non era chiusa a chiave.
PSICOLOGA. Che facciamo ora? Penso sia
meglio riportare le lastre e tornare in un altro momento.
DOTTORESSA. Forse sarebbe più opportuno
lasciarle qui sul tavolo bene in vista, in modo che quando il signor Mortesi
torna le guarderà e controllerà. Noi torneremo più tardi e confermeremo al
signor Mortesi che le lastre, per fortuna, ieri sono state scambiate e che lui
è sano come un pesce.
PSICOLOGA. Chissà che gioia quando il
signor Mortesi guarderà le lastre e capirà. Gli sembrerà di rinascere un'altra
volta. (Al pubblico) è probabile che
se la prenda un po' con noi. Succede sempre così e io so questo, solo perché ne
ho sentito parlare. Nel nostro ospedale non succedono mai di questi scambi.
DOTTORESSA. Bene Martina. Anche questa è
quasi sistemata. Coraggio, andiamo che dobbiamo scambiare altre 10 lastre sbagliate.
(Escono di scena dal fondo).
SCENA II
Cesira, Isidoro e Don Biagio
Scena vuota per qualche secondo.
CESIRA. (Rientrando dal fondo) com’è possibile che mio marito sia uscito di
casa senza chiudere la porta a chiave?! Tutte le volte gli raccomando di
chiudere quella benedetta porta. Non ho ancora capito cos’abbia in quella
testa. Ma ciò che mi meraviglia di più e non riesco proprio a capire, è come
mai in questi due giorni incontra continuamente il parroco. Mio marito non è
mai stato un uomo di Chiesa. (Vede le
lastre sul tavolo) È andato a ritirare le sue lastre e non mi ha detto
nulla! Non ha proprio niente in quella testa. Nulla. (Controlla le lastre e l'esito) io non capisco molto, però qui c'è
scritto: “nella norma”, “nella norma”, “nella norma”. I suoi polmoni stanno
molto meglio dei miei. (Le sistema
nell'armadietto) se non sistemo io le sue cose, per lui potrebbero anche
ammucchiarsi qui sul tavolo!
ISIDORO.
(Da fuori) entri pure Don Biagio.
CESIRA. Eccoli, e sono di nuovo insieme.
Me ne vado. (Esce a destra senza farsi
vedere).
ISIDORO. Allora Don Biagio, lunedì 16
novembre per la cerimonia funebre può andar bene?
DON BIAGIO. Non va bene Isidoro il 16
perché è il terzo lunedì del mese. È il giorno che il curato ha degli impegni e
io devo occuparmi dell’oratorio. Però potremmo fare il giorno dopo, martedì 17
novembre.
ISIDORO. Ma sta scherzando? Non sa che
il 17 porta sfortuna? No no, il 17 non si può fare.
DON BIAGIO. Va beh, allora la data la
decideremo più avanti. Per i fiori, hai già deciso qualcosa?
ISIDORO. Certo. Avevo pensato a dei
fiori particolari. I gerani.
DON BIAGIO. (Meravigliato) gerani?!
ISIDORO. Si proprio i gerani. (Guarda Don Biagio) Don Biagio, la vedo
un po' preoccupato. Non mi dica che non vuole i gerani... (viene interrotto).
DON BIAGIO. Precisamente non... (viene interrotto).
ISIDORO.... non i gerani di un solo
colore! L'avevo immaginato. Non si preoccupi, prenoterò gerani di tutti i
colori.
DON BIAGIO. Sei sicuro di scegliere i
gerani? Prima d'ora nessuno li ha mai scelto.
ISIDORO. Davvero? Nessuno li ha mai
scelti?! Bene! Vorrà dire che io sarò il primo e magari speriamo anche l'unico.
DONO BIAGIO. (Alzando il tono di voce) a novembre però penso sia un po'
difficile trovare gerani in giro.
ISIDORO. Don Biagio io non li cercherei
in giro, ma dal fiorista.
DON BIAGIO. (Quasi spazientito) è novembre anche per il fiorista Isidoro. Non
li troverà nemmeno lui.
ISIDORO. Ma dice davvero? Accidenti,
questo sì che è un problema. (Pensa)
vorrà dire che anche per i fiori decideremo più avanti. Di tempo ne abbiamo.
DON BIAGIO. Ne abbiamo... insomma.
ISIDORO. Don Biagio, la prego non mi ricordi
il tempo che ho o che non ho.
DON BIAGIO. Certo, certo. E per
l'omelia, hai già iniziato a scrivere qualcosa?
ISIDORO. Sì, ho iniziato ieri sera prima
di coricarmi mentre Cesira si sistemava per la notte e si toglieva il trucco.
DON BIAGIO. “Togliersi il trucco”? Come
mai, si era mascherata forse?
ISIDORO. Non mi dica nulla in merito. Da
quando ascolta le raccomandazioni di Liberata e dell'altra sua amica, (al pubblico) la sagrestana, ma a lui
non lo dico perché è la sua dipendente, si mette in faccia tutto quel trucco
per farsi più bella!
DON BIAGIO. La vanità è dovunque caro
Isidoro. L’” apparire” per qualcuno vale molto più dell’essere. L'essere” ormai
non esiste più.
ISIDORO. (Pensando) a proposito di “essere”, Don Biagio, lei sa che mi
rimangono pochi mesi di vita e mi chiedevo se in questo periodo, confessassi
ciò che penso a certa gente, sarebbe proprio un così gran peccato?
DON BIAGIO. La verità dovrebbe essere
sempre detta. Anche se a volte questa verità, involontariamente, può far male.
ISIDORO. Perciò se io facessi del male,
involontariamente, dicendo la verità... (viene
interrotto).
DON ISIDORO. (Al pubblico) ricordati Isidoro che quella sarebbe sempre la tua di
verità. Solo la tua.
ISIDORO. (Al pubblico) la mia verità! Voi qui presenti, avrete constatato
che rompiscatole sono Liberata e suo marito, Beniamino e quella Fosca (indica il parroco). Don Biagio, in
questo caso la verità sta solo da una parte (al
pubblico) la mia. Ora che ricordo, sono indeciso su alcune canzoni che
dovrebbe intonare il coro del Duomo di Milano.
DON BIAGIO. A proposito del coro del
Duomo di Milano, ho telefonato a un mio amico prete di una parrocchia in provincia
di Milano e mi ha detto che il coro del Duomo non si sposta mai da lì.
ISIDORO. Come “non si sposta”? Questa
non ci voleva proprio! Ormai avevamo già preso quasi tutte le decisioni sul
funerale! (Pensa) a meno che non mi
trasferisca io nel Duomo. Che dice Don Biagio, si può fare? (Al pubblico) vi immaginate il mio
funerale nel Duomo di Milano, chissà che invidia i miei amici e conoscenti.
DON BIAGIO. Non penso si possa fare.
ISIDORO. Perché no?
DON BIAGIO. (Alzando il tono di voce) Isidoro non si può e basta.
ISIDORO. Perchè no?
DON BIAGIO. Perché… (non sa che dire) perché… è troppo distante Milano! Chi vuoi che
venga dei tuoi compaesani al tuo funerale fino a Milano!?
ISIDORO. (Pensando) Non ha tutti i torti accidenti, ci verrebbero in pochi.
Meglio scartare l’idea.
DON BIAGIO. (Al pubblico) Meglio così. Io devo andare ora. Comunque ci rivediamo
prima di sera.
ISIDORO. Benissimo, l'aspetto.
DON BIAGIO. Ormai non ti libererai
facilmente di me, non mi lascio certo scappare l’occasione di preparare un funerale
con il morto.
ISIDORO. Il morto che poi sarei io, vero
Don Biagio?
DON BIAGIO. Esatto. A presto.
ISIDORO. Arrivederci. (Lo accompagna all'uscita in fondo).
SCENA III
Isidoro e Cesira
CESIRA. (Entra da destra lentamente e controlla che Don Biagio se ne sia andato)
oh, finalmente Don Biagio se ne è andato. Da quando mi ha tentata con
quella allusione alla fine del primo atto, e sono sicura fosse una proposta,
non mi è più così simpatico. (Rientra
Isidoro) posso sapere perché ti vedi tanto con Don Biagio?!
ISIDORO. E se ti dicessi che voglio prendere
i voti?
CESIRA. (All’inizio lo guarda preoccupata, poi si mette a ridere) tu,
prete? Ma non farmi ridere Isidoro.
ISIDORO. Ci avevi quasi creduto però,
guarda che ho visto bene la faccia che avevi fatto.
CESIRA. Io ho creduto alla frottola del
prete? Ma se non vai quasi nemmeno in chiesa! (Suono di campanello). Hanno suonato alla porta.
ISIDORO. Ci sento ancora molto bene.
Facciamo una scommessa? Per me sono i tuoi amici. Anzi è Fosca.
CESIRA. Ti ricordo che i miei amici sono
anche i tuoi (va ad aprire).
ISIDORO. (Al pubblico) ancora per poco.
SCENA IV
Isidoro, Cesira e Liberata
LIBERATA. Ciao Cesira, passavo davanti a
casa tua e ho pensato bene di venirti a trovare.
ISIDORO. (Al pubblico) Hai pensato bene per te, forse. Non è Fosca, è
Liberata. Allora comincerò a sistemare lei per prima. Ormai io ho poco da
vivere e non faccio nemmeno peccato se “involontariamente” dirò ciò che da
tempo penso di lei. Tanto poi, chi la vede più.
CESIRA. Hai fatto proprio bene Liberata.
LIBERATA. Ciao Isidoro, come stai?
ISIDORO. Stavo molto meglio prima che arrivassi
tu.
CESIRA. (Imbarazzata) che dici Isidoro. (A
Liberata) non ascoltarlo, oggi ha la luna di traverso.
LIBERATA. Stai tranquilla Cesira, non
preoccuparti, succede a tutti. Sai cosa ho sentito dire su Piero Lumaca?
ISIDORO. A noi non interessa saperlo
perché è mio amico e perciò... (viene
interrotto).
CESIRA. (Fra se) che stupida, se avessi lasciato parlare Piero quando era
da noi ... (A Isidoro) se tu non vuoi
sapere quello che Liberata vuole raccontare, te ne puoi andare, a me interessa proprio
ciò che è successo a Piero Lumaca. Continua pure Liberata.
LIBERATA. Allora, Piero Lumaca e a sua
moglie... (viene interrotto).
ISIDORO. Adesso che c'entra sua moglie.
LIBERATA. Lei c'entra perché è da lei che
è iniziato tutto.
CESIRA. Vai avanti Liberata (a Isidoro) e guai a te se apri ancora
bocca.
LIBERATA. Piero guardava la tv a casa
sua ed era tranquillo quando, arriva di corsa dalla stanza da letto sua moglie
che... (viene interrotta).
SCENA V
Isidoro, Cesira, Liberata, Pasquale,
Beniamino e Beniamina
PASQUALE. È permesso? Per caso c’è Liberata?!
CESIRA. (Scocciata) proprio al momento giusto doveva arrivare!
ISIDORO. (Al pubblico) è un bene che ci siano qua entrambi così posso liberarmi
di un peso in un colpo solo. Ormai, non ho più nulla da perdere.
PASQUALE. Scusate se non ho suonato il
campanello. Liberata, hai già raccontato ciò che è successo a Piero Lumaca?
CESIRA. Se fossi arrivato un minuto più
tardi, l'avrei saputo anch'io ciò cos’è successo a Piero Lumaca.
ISIDORO. Sarebbe stato meglio che tu non
fossi arrivato proprio invece.
CESIRA. Isidoro, che esagerato. In un
minuto ancora o due, Liberata mi avrebbe raccontato tutto.
LIBERATA. Stavo appunto dicendo che... (viene interrotta).
ISIDORO. Ribadisco che a me non
interessa conoscere i fatti degli altri e ancor meno quelli di Lumaca che è un
mio amico.
LIBERATA. Isidoro, ti avviso che si
tratta di una cosa... (viene interrotta).
ISIDORO. (Alzando il tono di voce) ripeto che non mi interessa.
CESIRA. (Arrabbiata e alzando il tono di voce) Isidoro, non alzare la voce!
Liberata prosegui pure, voglio proprio sapere come finisce la storia di Piero.
ISIDORO. Io invece no. Piuttosto, Liberata
e Pasquale, vi confesso che sono stanco dei vostri discorsi: quel tipo ha un dolore
alla palpebra, quell'altro le duole il fianco destro, l'altro zoppica. Basta!
Sono stanco di sentire solo chiacchiere di sofferenze e malattie. (Liberata si offende in modo vistoso).
CESIRA. Isidoro, che cosa stai dicendo?
PASQUALE. (A Cesira) probabilmente avrà bevuto.
ISIDORO. Non ho bevuto affatto.
LIBERATA. (A Cesira preoccupata e rattristata) sta dicendo forse sul serio
Cesira?!
CESIRA. Non penso Liberata. Non fare
così. Isidoro, chiedi subito scusa ai nostri amici.
ISIDORO. Io non chiedo scusa a nessuno.
Anzi, vi proibisco di raccontare la "cartella clinica" di chiunque
altro.
CESIRA. Hai qualche problema di stress
oggi?
LIBERATA. Sta dicendo sul serio Cesira?!
(Disperata).
PASQUALE. Isidoro, noi siamo amici da
una vita.
ISIDORO. Infatti è stata una vita
buttata via (Pasquale e Liberata si
mostrano offesi) sono stato bravo? (Al
pubblico).
CESIRA. Io non ho parole. Scusate per ciò
che questo disgraziato di mio marito vi ha detto (a Isidoro) con te facciamo i conti più tardi.
LIBERATA. (Triste) forse è meglio che noi ce ne andiamo.
PASQUALE. Si, è meglio andare. D’ora in
poi verremmo a trovare solo Cesira (alzando
il tono di voce) quando è sola. Io di altri amici non ne ho in questa casa.
ISIDORO. Bene. Perché... (viene interrotto).
CESIRA. Tu stai zitto perché ti proibisco
parlarne ancora. Vi accompagno alla porta “amici” (mentre li accompagna al fondo) non so come scusarmi...
ISIDORO. (Al pubblico) come sto bene ora che ho detto loro ciò che pensavo!
A voi non è mai successo? Chissà in quante occasioni avreste voluto comportarvi
così, ma per il quieto vivere avete sempre fatto finta di nulla. La mia fortuna
è di dover morire e di essere libero di esprimermi. Come se fosse una fortuna
dover morire fra sei mesi. Sta rientrando Cesira, credo sia meglio non farsi
trovare (esce a sinistra).
CESIRA. (Mentre sta rientrando dal fondo) adesso fai i conti con me (si guarda in giro) dove ti sei
nascosto! (Suono del campanello) troppe
visite oggi con quel pazzo in casa.
BENIAMINO. BENIAMINA. Ciao
amici.
CESIRA. Ciao
Beniamino e Beniamina. Se prendo Isidoro so io cosa fargli.
BENIAMINO. Che è successo Cesira? Ho
visto Liberata piangere e ripetere al marito: “cosa ho fatto di male” ?!
BENIAMINA. A Pasquale invece
sembrava uscire fumo dal naso.
CESIRA. Non ditemi
nulla. È peggio di una disgrazia.
BENIAMINO. Ci avrei scommesso.
CESIRA. Che cosa vuoi scommettere se non
sai cos’è successo.
BENIAMINO. Liberata. Era evidente. Come
non ho potuto accorgermi della faccia smorta di questi
ultimi giorni. E quegli occhi incavati. Sapevo
che era malata.
BENIAMINA. E le sue lacrime di
prima ce l’hanno confermato.
CESIRA. Ma cosa
state dicendo! Non è lei la ragione della disgrazia ma... (viene interrotta).
BENIAMINO. Pasquale? È malato Pasquale? Ecco
perché ha sempre il viso paonazzo.
BENIAMINA. C’era da
immaginarselo. Come mi dispiace.
CESIRA. Se mi
lasciaste parlare, vi racconterei il motivo per cui li avete visti tanto tristi
uscendo da casa mia.
ISIDORO. (Rientrando da sinistra) forse è meglio che glielo spieghi io.
CESIRA. (Arrabbiata) attento a non aprire bocca!
BENIAMINA. Ma per favore,
diteci cos’è successo!?
ISIDORO. È successo che Liberata e
Pasquale non sono più ben visti in questa casa.
CESIRA. (Al pubblico) eccoci di nuovo. Tu stai delirando!
BENIAMINO. Non credo di aver capito bene
quello che hai detto.
BENIAMINA. Nemmeno io credo di
aver capito.
CESIRA. Sai che ha fatto il mio bravo
maritino?! Ha offeso Liberata e Pasquale tanto che se ne sono andati piangendo.
Inoltre senza raccontarmi la storia di Piero Lumaca.
ISIDORO. Esatto. Io ora caccerò anche voi perché di amici come voi non so che farmene. Per denaro,
voi due, sareste capaci di vendere persino la nostra amicizia.
BENIAMINO. Io? Vendere te? Venderei prima
mia moglie di te.
BENIAMINA. E io venderei mio
marito.
ISIDORO. Era proprio quello che
intendevo.
CESIRA. (Preoccupata) Isidoro, Beniamino e Beniamina stavano solo
scherzando, ne sono certa.
BENIAMINO. Ovviamente (al pubblico) chi vuoi che la compri mia
moglie?!
BENIAMINA. Ovvio. (Al pubblico) purtroppo un marito come
il mio è difficile da piazzare da qualche altra parte ormai.
ISIDORO. Non ti capisco
Cesira, come puoi difendere questi imbroglioni.
BENIAMINO. (Serio ed arrabbiato) attento a come parli. Io non sono
un'imbroglione.
BENIAMINA. Nemmeno io. Non
offendere per favore.
CESIRA. Isidoro ora stai esagerando.
BENIAMINO. (Molto serio) attento a ciò che dici o ne subirai le conseguenze.
ISIDORO. (Al pubblico) io non ho più nulla da perdere. Di che conseguenze
parli?
BENIAMINO. Per esempio... ti tolgo il
saluto.
BENIAMINA. Si, il saluto, ma
per sempre!
ISIDORO. (Ride. Al pubblico) li avete sentiti? Che grave perdita!
CESIRA. Villano e maleducato,
che ti salta in mente! Chiedi subito “scusa” a Beniamino e a Beniamina. (Al pubblico) io non lo riconosco più,
non sarà forse posseduto!?
BENIAMINO. Non importa Cesira.
Non preoccuparti. Io e mia moglie saremo sempre tuoi amici e tu potrai venire nella
nostra ricevitoria tutte le volte che vorrai e ti venderemo sempre i numeri
vincenti.
BENIAMINA. (Alzando il tono di voce) anche a “credito”
come facciamo spesso con i nostri amici. Ciao Cesira. (Alzando il tono di voce) e basta. In questa casa io saluto solo
chi mi apprezza.
CESIRA. (Lo accompagna al fondo) scusate Beniamino e Beniamina. Sono
mortificata.
BENIAMINO. Non preoccuparti Cesira. Va
bene così. Ciao.
BENIAMINA. Tu non c’entri.
Ciao.
CESIRA. Ciao. (Rientra dal fondo) ora ti sistemo. (Urlando) stai impazzendo? Come puoi comportanti così... (viene interrotta).
ISIDORO. A proposito di
numeri, è vero che i tuoi amici ti fanno “credito” nella loro ricevitoria?
CESIRA. Certo e anche parecchie volte. E senza tutte quelle volte che mi hanno aiutato senza che tu
la sapessi.
ISIDORO. Non l'avrei mai detto.
CESIRA. Tu vedi sempre i difetti negli
altri e nulla di più.
ISIDORO. Io dico soltanto la verità.
CESIRA. Hai mai pensato che la tua
verità potrebbe non essere la stessa degli altri?
ISIDORO. (Al pubblico pensieroso) anche Don Biagio mi ha detto la stessa
cosa. (Deciso) no, la verità è sempre
una e basta.
CESIRA. Zitto! Chissà cosa penserà il
pubblico di te dopo il tuo comportamento.
ISIDORO. Non preoccuparti del pubblico.
Lui è tutto dalla mia parte.
CESIRA. Non ne sarei così convinto,
fossi in te.
SCENA VI
Isidoro, Cesira e Fosca
FOSCA. Posso entrare? Sono Fosca?
ISIDORO. Ecco che arriva la superdonna.
CESIRA. Non ricominciare con le offese! (Si dirige verso Fosca in fondo).
ISIDORO. (Solo) anche a Fosca dirò ciò che penso di lei. (Le due donne sono vicine a Isidoro) non
si suona il campanello prima di entrare in casa d’altri?
CESIRA. (D’ ora in avanti sosterrà l'amica) Fosca, dice che non funziona (suggerisce a Fosca la sua risposta).
FOSCA. (Fatica a capire) cosa avrei detto?! Cesira stai bene?
CESIRA. (Come prima) che il campanello non funziona, è giusto?
FOSCA. Ah, certo, il campanello non ha
funzionato. (Piano a Cesira) veramente
io il campanello non l’ho suonato.
CESIRA. (Piano a Fosca) non importa, ti spiegherò dopo. Isidoro, dovresti
controllare il campanello per favore.
ISIDORO. È impossibile che non funzioni,
ha sempre funzionato (esce).
CESIRA. È naturale che le cose prima di
rompersi funzionino ben!
FOSCA. Cesira, è il modo di rispondere a
tuo marito? Comunque non ho capito perché hai detto che il campanello non
funzionava quando io non l’ho nemmeno suonato.
CESIRA. (Piano a Fosca) Fosca, fammi un piacere tornatene subito a casa se
non vuoi che vada a finire male. Isidoro oggi è impazzito.
FOSCA. Se tuo marito è impazzito te la
vedrai tu. A me di queste cose familiari non interessa. Cesira, devo dirti una
cosa importante: sai che in chiesa stamattina... (viene interrotta).
CESIRA. Fosca, vai prima che arrivi... (suono di campanello. È Isidoro che sta provando il funzionamento).
FOSCA. Cesira, ascoltami perchè ciò che
sto per dirti è una “bomba”. Stamattina in chiesa... (viene interrotta).
FOSCA. Cesira, vai altrimenti è quì che
scoppierà la bomba.
ISIDORO. (Rientra dal fondo) avete sentito? Il campanello funziona
perfettamente.
CESIRA. Forse prima ci sarà stato un
conto circuito che si è sistemato subito (chiede
sostegno a Fosca).
FOSCA. Deve essere andata proprio così.
Non sai quanti conti circuiti ci sono in giro. In banca, non ne parliamo. Stavo
appunto dicendo a Cesira che... (viene
interrotta).
ISIDORO. Che c'entrerà la banca col
campanello ora.
CESIRA. (Inventa) Fosca voleva dire in barca. Suo fratello ha acquistato da
poco una barca nuova e spesso e volentieri ha un conto circuito (chiede di nuovo sostegno a Fosca).
FOSCA. Oh sì, mio fratello. (Piano a Cesira) io veramente non ne ho
di fratelli.
CESIRA. (Piano a Fosca) non importa, finisci il discorso e poi vai a casa.
Più tardi ti spiegherò.
FOSCA. (Inventa) Devi sapere Isidoro che mio fratello abita sul Lago
Maggiore ed ha acquistato una barchetta.
CESIRA. (Chiede di esagerare).
Fosca. Ho detto una barchetta? Volevo dire una barca.
CESIRA. (Chiede maggior esagerazione).
FOSCA. Barca? Un barcone ha comperato.
ISIDORO. Non ha importanza cos’ha
acquistato tuo fratello.
CESIRA. (Non sa che dire e fare) hai ragione Isidoro. (A Fosca) non ci interessa la barca di tuo fratello. Torna a casa
che è tardi per te (la spinge verso
l'uscita). (Piano a Fosca) vai finché
sei in tempo.
FOSCA. Neppure a me interessa la barca
di mio fratello. (Al pubblico) è
stata Cesira a chiedermi di parlarne! (Ferma
Cesira che la sta spingendo) Cesira, io non ho nessuna fretta e sono venuta
apposta quì per raccontarvi un fatto molto importante.
ISIDORO. Sentiamo!
CESIRA. No! Non sarà nulla di tanto
importante da non poter essere raccontato in un altro momento. Ce lo dirai
un'altra volta.
FOSCA. Secondo te non è importante il
fatto che in chiesa stamattina c’erano due fedeli in più?
CESIRA. (Fra sé) ora so che non lo fermerà più nessuno.
ISIDORO. Ma che notizia sensazionale!
FOSCA. (Infelice) decisamente sensazionale! Siamo sempre stati in 25. Ma
con l'aggiunta di Carmelina che quando è rimasta vedova è venuta ad abitare con
suo figlio siamo passati a 26, e 27 con l'arrivo di... (viene interrotta).
ISIDORO. (Meravigliato) mi stai dicendo che contate quante persone vengono a
messa?!
FOSCA. Certo, ma solo alla prima messa perché
è quella meno frequentata. Era un’usanza del vecchio parroco e io l'ho
mantenuta. Stavo appunto dicendo che il 27º è il... (viene interrotta).
ISIDORO. È incredibile! Come si può
contare le persone che frequentano messa?! Non hai altro da fare durante la
messa? Sei tu pregassi un po' invece?! Fosca, vattene e non tornare mai più a
raccontare sciocchezze.
FOSCA. (Guarda Cesira senza parole) ma sta dicendo sul serio?
CESIRA. (Non sa che dire.) non credo dica sul serio. Isidoro stai
scherzando?
ISIDORO. Via da casa mia e se deciderai
di tornare, verrai a raccontare ciò che
FOSCA. (Piangente) Cesira, ma cos'è successo?
CESIRA. Quante volte ti ho detto stasera
di tornartene a casa?! Avresti dovuto ascoltarmi!
FOSCA. Come potevo pensare che Isidoro
mi volesse cacciare da casa?!
CESIRA. Oggi va così. Non so dire
cosa gli stia succedendo. Se ti consola si è comportato peggio con Beniamino e
Beniamina, Pasquale e Liberata. Non capisco. Accetta le mie scuse per lui.
FOSCA. (Sempre triste) ci sono rimasta molto male.
CESIRA. Stai tranquilla che sistemerò
tutto io (Fra sé) come potrò mai
farlo?!
FOSCA. (Triste) allora vado io.
CESIRA. Vai pure, e non ci pensare più
che tutto si sistemerà (l’accompagna al
fondo).
ISIDORO. (Rientra da destra) credevo che non se ne andasse più. Che
soddisfazione si ha quando si dice quello che si vuole! (Arriva Cesira dal fondo).
CESIRA. Sei contento ora? Adesso i
nostri amici non ci saluteranno più e tutto questo per colpa tua. Chi ti
comprerà il pane al mercato? Chi metterà una buona parola per quando saremo
morti? Chi ci potrà fare più credito? Senza pensare a tutti gli altri favori che
ci facevano i nostri amici!
ISIDORO. Chi? Quei quattro facevano
tutte queste cose per noi?
CESIRA. Certo! Anche se appaiono
discutibili, sono veramente delle brave persone.
ISIDORO. (Si ferma a pensare a ciò che Cesira gli ha appena detto. Poi riprende)
non mi interessa. Io non le voglio più vedere (esce a sinistra).
CESIRA. (Sola e sconsolata. Al pubblico) che cosa devo fare ora?! Ditemelo
voi!
SCENA VII
Cesira e Dottoressa
DOTTORESSA. (Entra dal fondo) buongiorno, c’è nessuno in casa? Sto suonando da
un pò ma nessuno è venuto ad aprire, quindi sono entrata.
CESIRA. Vuoi vedere che c'è stato
davvero un conto circuito al campanello?
DOTTORESSA. Buongiorno. Sono la
dottoressa Agata Maserani. Si tratta delle lastre di suo marito. Sicuramente le
avrà detto che ... (viene interrotta).
CESIRA. Mio marito non mi ha detto nulla.
DOTTORESSA. Le lastre di suo marito sono
state scambiate e così... (viene
interrotta).
CESIRA. (Preoccupatissima) come? Le lastre che io già visto non sono quelle
corrette?
DOTTORESSA. No signora, come le dicevo
sono state scambiate e sono proprio l'opposto delle prime. (Cesira si accasciato sulla sedia quasi svenendo) Signora, sta
bene? Ma non è contenta di ciò che le ho detto?
CESIRA. Contenta?! Se le lastre sono
state scambiate, vuol dire che mio marito... (piange).
DOTTORESSA. Esatto, vuol dire proprio ciò
che pensa. (Al pubblico) che lacrime
di gioia. Mi raccomando riferisca tutto a suo marito è molto importante. Che
soddisfazione dare queste notizie!
CESIRA. (Al pubblico) soddisfazione? Io le ho viste le lastre che dicevano
che era tutto “nella norma”! E se sono state scambiate… Mi ha appena detto in
poche parole che mio marito non sta bene e io dovrei essere “soddisfatta”? Questa
è tutta matta. (Molto seria) Ora capisco
perchè erano perfette, non erano le sue.
DOTTORESSA. Bene. Allora io posso andare.
Saluti suo marito da parte mia e mi scusi ancora dello sbaglio. Arrivederci (esce dal fondo).
CESIRA. “Mi scusi dello sbaglio” !?. Come
è possibile compiere un errore così grossolano e risolvere tutto con “Mi scusi
dello sbaglio”. Come posso dire a mio marito che le lastre che ha ritirato non
sono le sue e che ora c'è qualcosa che non va!? (Pensando) capisco ora perché è così nervoso, è malato davvero! (Disperata) mio Dio cosa mi è capitato!
Come posso rivelargli che è malato?! Che
disgrazia! (Esce a destra).
SCENA VIII
Isidoro e Don Biagio
ISIDORO. (Rientrando da sinistra) finalmente in casa non c'è più nessuno. Spero
che mi lascino in pace anche per i prossimi sei mesi. In pace... amen. Che
effetto! È meglio non pensarci.
DON BIAGIO. Isidoro?! (Da fuori dal fondo).
ISIDORO. Chi sarà di nuovo?
DON BIAGIO. Isidoro, sei in casa?
ISIDORO. È il parroco. Avanti Don
Biagio, venga pure.
DON BIAGIO. (Entrando dal fondo) Isidoro, ho trovato il giorno che fa per te:
Giovedì 26 novembre. Che ne pensi?
ISIDORO. (Pensando) si, penso che possa andare bene.
DON BIAGIO. (Felicissimo, lo abbraccia) finalmente abbiamo trovato il giorno
esatto. E ho già pensato che se in quel giorno, ci fosse un altro funerale, lo
sposterei al giorno dopo. Giovedì 26 novembre è dedicato solo a te. (Al pubblico) come sono contento.
ISIDORO. (Al pubblico) io non tanto. Senta Don Biagio, per il coro cosa
facciamo allora?
DON BIAGIO. Ho avuto modo di pensare, ma
non ne sono venuto a capo. Ma il coro del paese non ti piace proprio?
ISIDORO. Mi piace però volevo fare le
cose in grande.
DON BIAGIO. Beh certo, non hai proprio
tutti i torti (al pubblico) un
funerale che passerà alla storia, con il coro del paese?! Ma non scherziamo!
Isidoro ha ragione.
ISIDORO. (Al pubblico) io il coro del paese non lo voglio. Fa parte del coro
anche Fosca e anche Liberata. Per carità!
DON BIAGIO. Isidoro, devo scappare, ho
le confessioni che mi aspettano. A proposito, guarda che aspetto anche te per
le confessioni, ricordati.
ISIDORO. Non si preoccupi che
sistemeremo anche quello.
DON BIAGIO. Bene. Ci vediamo più tardi
per gli ultimi dettagli e intanto vedrò che fare per il coro.
ISIDORO. Aspetto lei allora. A presto
Don Biagio.
DON BIAGIO. Ciao, e mi raccomando, su
col morale. (Fra sé) che Grazia
signore hai voluto farmi (esce dal
fondo).
ISIDORO. Su col morale! È una parola.
Sei mesi... (Lo accompagna).
SCENA IX
Isidoro e Cesira
CESIRA. (Entra da destra triste. Al pubblico) che cosa potrò mai dire a
quel povero uomo. Come potrò confessargli che in realtà è malato. E sicuramente
è grave!
ISIDORO. (Al pubblico) è già qui. Chissà che mi dirà ora per ciò che ho
combinato oggi ai suoi amici.
CESIRA. (Tutta gentile) ciao Isidoro, come stai?
ISIDORO. (Aggredendola e alzando il tono di voci) sai benissimo cosa penso
su quella gente! (Accorgendosi invece
della domanda di Cesira e del suo tono) cosa? (Al pubblico) non mi ha sgridato?
CESIRA. (Sempre gentile) ti ho solo chiesto, come stai?
ISIDORO. (Al pubblico) è alquanto strano. Bene, sto bene.
CESIRA. (Al pubblico) devo cercare di essere forte almeno io. Non gli dirò
nulla e non devo piangere. (Guarda
Isidoro e scoppia a piangere) Isidoro, so tutto! Povero mio Isidoro mio (si avvicina e lo l'abbraccia).
ISIDORO. (Al pubblico) sta male! Che stai facendo Cesira?!
CESIRA. So tutto Isidoro, me l'ha appena
comunicato la dottoressa.
ISIDORO. Ma di che stai parlando,
spiegati?!
CESIRA. Isidoro, so che non vuoi dirmi
nulla per non recarmi dolore, ma io so proprio tutto... della tua malattia. Cosa
facciamo! (Piange).
ISIDORO. Ah! Lo sai anche tu allora (triste) nulla possiamo fare Cesira.
Possiamo solo sperare che io non soffra così tanto per i sei mesi che mi
restano da vivere.
CESIRA. Solo sei mesi!? (Piange disperata) come farò io fra sei
mesi senza di te?!
ISIDORO. Tu?! A me non pensi? (Al pubblico) sta pensando a cosa farà
lei! Le donne sono tutte uguali.
CESIRA. Certo che penso a te! Non vedi
quanto sono disperata?! (Piange).
ISIDORO. (Triste) Dio ha voluto così. Prima o poi tocca “a tutti” come si
dice, questa non è la nostra casa.
CESIRA. (Smette subito di piangere) cos’hai detto? Questa non è la nostra casa?!
Non vorrai lasciarmi in mezzo ad una strada dopo?
ISIDORO. (Al pubblico) è evidente che pensa a me e non a lei! Cesira, non
intendevo questa casa materiale, ma volevo dire che la nostra casa è celeste.
CESIRA. È vero, hai ragione. (Ricomincia a piangere) che tragedia,
che tragedia.
ISIDORO. Non fare così Cesira, fai
piangere anche a me.
CESIRA. (Triste). È per questo motivo allora che incontri spesso il
parroco?
ISIDORO. (Triste). Si Cesira.
CESIRA. I polmoni ti fanno tanto male?
ISIDORO. Se devo essere sincero, non
sento nessun dolore.
CESIRA. È sempre così, quando non si
hanno più speranze (piange). Come mi
dispiace di essermi arrabbiata con te quando hai insultato i nostri amici. (Smette di piangere) ecco perché ti sei
comportato così! Perché sapevi di aver poco da vivere!?
ISIDORO. Certo Cesira, è stato proprio
per quello. (Al pubblico) e anche
perché era da troppo tempo che volevo liberarmi di loro.
CESIRA. (Piange) quando la dottoressa me l'ha detto, non potevo crederle.
ISIDORO. Anch’io quando la dottoressa me
l'ha comunicato, stentavo a crederle.
CESIRA. Mi stava venendo un infarto.
ISIDORO. (Pensando) aspetta un attimo Cesira, ma quando la dottoressa mi ha
detto ciò che doveva, tu non c'eri.
CESIRA. Infatti tu non c'eri, eri andato
in camera. E quando mi ha detto che avevano scambiato le lastre, ho capito
tutto.
ISIDORO. (Si ferma a pensare perché capisce che c'è qualcosa che non va). Le
lastre sono state scambiate?! (A Cesira)
cos’hai detto? Le lastre sono state scambiate? E quando?
CESIRA. All’incirca un’ora fa è venuta
la dottoressa con le lastre e (piange)
mi ha detto che sono state scambiate. Quella stupida dottoressa, sembrava
persino contenta.
ISIDORO. (Serio) dove sono le lastre che ti ha dato?
CESIRA. (Sempre piangente) Isidoro, come farò senza di te?
ISIDORO. Mi vuoi dire dove hai messo
quelle lastre!?
CESIRA. Isidoro stai calmo! Le ho
sistemate nel solito posto nell'armadietto.
ISIDORO. (Guarda nell'armadietto e toglie le due buste con le lastre. Le mette
sul tavolo, le controlla e si mette a ridere).
CESIRA. (Smette di piangere. Al pubblico) perché ride? Sarà sicuramente una
risata isterica. Che disgrazia. (Piange).
ISIDORO. (Ride).
CESIRA. (Smette di piangere e lo guarda. Al pubblico) ora basta però! Deve
morire ed è felice. Felice come la dottoressa. (Pensando) sarà forse perché ha toccato le lastre. Proviamo. (Si avvicina al tavolo le tocca ma a lei non
succede nulla). Con me non hanno nessun effetto.
ISIDORO. (Felice) Cesira, non hai ancora capito?
CESIRA. (Seria) ho capito, che non ho capito nulla.
ISIDORO. La dottoressa ieri mi ha detto
che avevo sei mesi di vita e mi ha consegnato queste lastre. Guarda la data, è
quella di ieri. Ora tu mi dici che oggi una dottoressa ti ha consegnato queste
lastre dicendo che erano state scambiate. Controlla la data su queste e come
vedi è quella di oggi. Hai capito Cesira!
CESIRA. Ma allora se la dottoressa ti
disse che ieri avevi sei mesi di vita e oggi invece ha detto che sono state
scambiate, vuol dire che...
ISIDORO. Proprio così Cesira.
CESIRA. (Felice) vuol dire che... non sei affatto malato! Che grazia
Signore (abbraccia e bacia Isidoro). Come
sono contenta! E tu Isidoro?
ISIDORO. Eccome. Ho l'impressione di
essere rinato. Cesira, sono contento come una Pasqua. Non devo morire!
CESIRA. Ora non esageriamo. Non devi più
morire ora, è vero, però…
ISIDORO. So bene che tutti dobbiamo
morire, ma non in questo momento almeno.
CESIRA. Che felicità! Grazie Signore!
Vado subito a chiedere a Fosca di far celebrare una messa. Mi preparo. (Sta per uscire a sinistra, ma rientra
subito). Isidoro, con che coraggio vado da Fosca a chiederle una messa dopo
ciò che tu le hai detto? Ti rendi conto che hai litigato con tutti i nostri
amici?!
ISIDORO. Cesira, ricordati che sono
appena stato miracolato.
CESIRA. Mi ricordo e sono contenta di
questo. Però cosa facciamo ora con i nostri amici?
ISIDORO. Cesira, io non ne potevo più
dei loro discorsi. E comunque ciò che ho detto era dettato dal pensiero che non
li avrei più rivisti.
CESIRA. Isidoro, ti ho già detto tante
volte che anche tu non sei perfetto. Ora devi chiedere scusa. Hai capito?
ISIDORO. Io non chiedo scusa a nessuno. (Al pubblico) anche se so che qualcosa
devo fare.
CESIRA. Tu chiedi “scusa” subito oppure
io... ti uccido! (Al pubblico) forse
è meglio di no, è appena resuscitato! (Pensa)
non avrebbe senso raccontare la vera storia sulla tua malattia e sulle lastre
scambiate. (Suono di campanello).
SCENA X
Isidoro, Cesira, Fosca,
Liberata, Pasquale, Beniamino e Beniamina
FOSCA. C’è qualcuno in casa? Posso
entrare?
LIBERATA. Cesira siamo noi (alzando il tono di voce) solo i tuoi
amici. (Le donne entrano dal fondo con
Beniamino, Beniamina e Pasquale).
CESIRA. (Concitata a Isidoro) sono qui, che facciamo ora?
ISIDORO. (Concitato). Non lo so. Inventa qualcosa.
FOSCA. Siamo passati...
LIBERATA. Perché vogliamo farti sapere
che...
PASQUALE. Con Isidoro non vogliamo avere
più nessun contatto...
BENIAMINO. Dopo tutto ciò che ci ha
detto.
BENIAMINA. Perché di amici
così noi non li vogliamo.
FOSCA. Vorremmo sapere Cesira, se almeno
tu ci vuoi ancora come amici.
CESIRA. Io vi voglio ancora come amici
di sicuro (non sa come dirlo). E
penso lo voglia anche Isidoro. Vero Isidoro?
LIBERATA. Mi spiace Cesira ma non
interessa l’amicizia di Isidoro.
BENIAMINO. Io non conosco nessun
Isidoro.
CESIRA. Amici miei, non fate così. So
che Isidoro è stato alquanto maleducato con voi, ma… (viene interrotta).
PASQUALE. Solo alquanto?!
CESIRA. Beh, effettivamente parecchio. Dovete
però sapere che c'è un motivo non del tutto indifferente per spiegare il suo
comportamento.
FOSCA. Cara Cesira, abbiamo capito molto
bene per quale motivo si è comportato così.
BENIAMINA. Eccome se lo
abbiamo capito!
CESIRA. No, non è per il motivo che
pensate voi. Il motivo è che... (deve
inventare qualcosa ma non sa cosa) il motivo è che...
ISIDORO. È che...
CESIRA. È che...
PASQUALE-LIBERATA-FOSCA-BENIAMINO.BENIAMINA.
È che...
CESIRA. È che... quando è stato in ospedale
per le lastre, gli infermieri, non pensavano dovesse eseguire delle lastre, ma piuttosto
dovesse fare... (non sa come proseguire e
chiede aiuto ai Isidoro) dovesse fare...
ISIDORO. Gli infermieri pensavano che dovessi
eseguire un esame alla testa e perciò... (non
sa come proseguire e perciò chiede aiuto Cesira) e perciò...
CESIRA. E perciò…
PASQUALE-LIBERATA-FOSCA-BENIAMINO.
BENIAMINA. E perciò...
CESIRA. E perciò gli hanno somministrato
un farmaco che lo ha alterato e perciò... (chiede
aiuto a Isidoro).
PASQUALE-LIBERATA-FOSCA-BENIAMINO.
BENIAMINA. E perciò...
ISIDORO. E perciò, a causa di quel
farmaco io, ho detto cose abbastanza offensive.
LIBERATA. (Alterata) solo abbastanza offensive?!
BENIAMINO. Che coraggio!
CESIRA. Scusatelo di nuovo ma... (non sa che dire) la medicina agisce
ancora a quanto potete vedere. Scusatelo. Vero Isidoro?
ISIDORO. Sì, infatti ma fra poco
l'effetto sarà svanito vedrete. (Al
pubblico) purtroppo.
PASQUALE. Cesira, tutto ciò che Isidoro
ci ha detto di brutto e cattivo, è stato tutta colpa di quel farmaco?
CESIRA. Assolutamente sì! Vero Isidoro?
ISIDORO. (Tentenna).
CESIRA. Dunque?
ISIDORO. Sicuro che è stata tutta colpa
del farmaco. (Al pubblico) che possibilità
ho ormai.
FOSCA. Sarà stato anche colpa del
farmaco, ma per sistemare tutto come prima io pretendo delle scuse.
CESIRA. Hai ragione Fosca. Isidoro...
ISIDORO. (A bassa voce) mi scuso con tutti voi.
BENIAMINO. Io non ho sentito.
BENIAMINA. Qui, non si è
sentito nulla.
FOSCA. Io nemmeno. Liberata, tu hai
sentito qualcosa?
LIBERATA. Niente. Non ho sentito niente.
PASQUALE. Io nemmeno ho sentito le
scuse.
CESIRA. (Alzando la voce) Isidoro!
ISIDORO. Cesira, scusa, devo aver avuto
un calo di voce. Ora riprovo. Chiedo scusa a tutti, anche se non è stata colpa
mia. (Al pubblico) almeno questa!
FOSCA. Finalmente!
LIBERATA. Ora va bene.
BENIAMINA. Per questa volta ti
perdono, ma fa che non succeda più. Beniamino è tardi, dobbiamo aprire la
ricevitoria.
BENIAMINO. Bene. Allora è
tutto a posto Isidoro. Amico! Amico Isidoro ti aspetto in ricevitoria perché ho
dei numeri fortunati da passarti. (I due
escono).
ISIDORO. (Al pubblico) ecco, è tutto come prima!
PASQUALE. Isidoro bentornato tra noi. Però
ricordati, basta raggi! È meglio andare, Isidoro vorrà riposare dopo quel
farmaco alterante.
ISIDORO. Si infatti, mi sento ancora
frastornato.
FOSCA. Ciao, ci vediamo domani. (Tutti escono dal fondo salutando anche
Cesira).
CESIRA. (Sospirando) fortunatamente anche questa situazione è stata risolta
del tutto.
ISIDORO. Risolta “del tutto” !? È ancora
tutto come prima!
CESIRA. Per fortuna! Ringrazia il Signore
che ti hanno perdonato altrimenti mi chiedo come sarebbe finita la storia. Sono
proprio contenta: non sei malato e abbiamo ancora i nostri amici.
ISIDORO. (Ricordandosi improvvisamente) Cesira, non abbiamo risolto tutto.
Il parroco!
CESIRA. Il parroco? E che cosa c'entra
il parroco? Quando gli dirai di non dover morire, sarà contento di sicuro.
ISIDORO. (Preoccupato) non credo Cesira: Don Biagio era felice perché io
dovevo morire.
CESIRA. Che stai dicendo Isidoro! Non
credo lo fosse.
ISIDORO. Non hai capito. Ero contento
perché per la prima volta nel mondo un parroco avrebbe potuto programmare un
funerale col morto.
CESIRA. Che stai dicendo?! (Suono del campanello).
SCENA XI
Isidoro, Don Biagio e Cesira
DON BIAGIO. Isidoro sono io, posso
entrare?
ISIDORO. Avanti. (A Cesira) è già qui, come gli confesso che il funerale non si farà?
CESIRA. Con Don Biagio, mi dispiace ma
te la vedi tu, io ho sistemato coi nostri amici (esce a destra).
DON BIAGIO. Isidoro, ho trovato il coro
perfetto per te. Tutto a posto. Non vedo l'ora che venga novembre.
ISIDORO. Suvvia Don Biagio non c'è così tanta
fretta.
DON BIAGIO. Sono emozionato già oggi, chissà
in quel giorno.
ISIDORO. (Al pubblico) come faccio ora che non devo morire!? Almeno non fra
sei mesi. Senta Don Biagio, non so com'è di glielo, ma... ma...
DON BIAGIO. Dimmi.
ISIDORO. Ma... c'è un intoppo per quanto
riguarda il funerale.
DON BIAGIO. (Serio e preoccupato) quale intoppo? Qualcosa di grave? Non dirmi
che vuoi cambiare i fiori?! Isidoro non devi preoccuparti, facciamo in fretta a
sistemare tutto.
ISIDORO. A dir la verità l'intoppo è un
altro: ecco... io... (viene interrotto).
DON BIAGIO. Ecco, lo sapevo, lo sapevo! Ti
rimangono meno di sei mesi di vita. Dovevo immaginarlo guardando la tua faccia.
Controllo subito la mia agenda. Allora avevamo deciso per il 26 novembre ed era
giovedì. Possiamo tranquillamente spostarlo al... (viene interrotto).
ISIDORO. Non c'è nulla da spostare Don
Biagio.
DON BIAGIO. Davvero non dobbiamo
spostare nulla? Benissimo, allora è tutto risolto.
ISIDORO. No, Don Biagio. (Prendendo coraggio) Don Biagio, io non
devo più morire. Avevano scambiato le mie lastre con quelle di qualcun altro.
DON BIAGIO. (Silenzio per qualche secondo) che stai dicendo? Non devi più
morire fra sei mesi?!
ISIDORO. Esatto. Io sto benissimo e non
ho nessun male incurabile, perciò non devo morire fra sei mesi.
DON BIAGIO. (Molto triste) tu... tu... non devi morire?! Che delusione! Io, che
avrei dovuto essere il primo parroco al mondo a preparare il funerale col
morto. Che delusione!
ISIDORO. Non faccia così Don Biagio. Mi
dispiace. (Al pubblico) è assurdo che
mi debba dispiacere perché non devo morire!
DON BIAGIO. (Deluso) da te questo non me la sarei proprio mai aspettato (si incammina per uscire di casa dal fondo).
ISIDORO. Don Biagio, non si disperi.
Facciamo un altro accordo.
DON BIAGIO. Non credo di voler fare
altri accordi con te in futuro. Non sei un uomo di parola. Scusa ma ora devo
andare. (Esce dal fondo)
ISIDORO. (Lo rincorre ma non esce di scena) Appena so che Cesira deve
morire, dopo aver verificato prima, la mando subito da lei così potrete
preparare insieme il suo funerale. (Don
Biagio ormai è uscito) cosa dice Don Biagio?
CESIRA. (Entra in scena da sinistra) ho sentito tutto! Fossi in te, non
sarei tanto sicuro! Chissà, che non salti fuori un’altra dottoressa… e un’altra
lastra!
SIPARIO